di LUIGI CORTINOVIS
La scure di Mooody's sull'Italia ha fatto arrabbiare Monti e la compagnia di giro che lo sorregge quando ha declassato i titoli di Stato a simil-spazzatura. Ora, il downgrade del rating sovrano del 13 giugno scorso innesca l'atteso effetto domino, al quale in pochi si sottraggono (fra le altre Enel, A2A E Aeroporti di Roma): e così l'agenzia di rating Usa taglia la propria valutazione su 23 enti locali, fra cui 14 Regioni e quattro città capoluogo, su Poste Italiane, Eni, Terna, Acea, tre istituzioni finanziarie e 10 banche, fra le quali Unicredit e Intesa Sanpaolo. Tutta roba che sta in piedi coi soldi pubblici, fonte di spesa e spreco insomma.
La riduzione del rating dell'Italia ''indica che il governo potrebbe non essere in grado di fornire supporto finanziario alle banche in difficolta''', afferma Moody's in una nota, sottolineando che una revisione al rialzo della valutazione delle banche e' ''improbabile nel breve periodo. Comunque pressioni al rialzo
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