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Nasce uno “stato nello stato”: la comunità dei serbi del kosovo

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kosovodi REDAZIONE

Sebbene l’aggettivo sia perfino abusato, e il suo significato assai impegnativo imponga di disporne con estrema cautela, non c’è dubbio che il 25 Agosto del 2015 abbia rappresentato una giornata storica per la Serbia, per il Kosovo, per il miglioramento delle relazioni bilaterali e della vita quotidiana delle comunità kosovare (gli Albanesi Kosovari e i Serbi del Kosovo) e per un consistente avvicinamento della Serbia all’Unione Europea.

Con gli accordi firmati in questa data, infatti, è mandato a compimento il più impegnativo, controverso e rilevante tra i punti previsti dagli Accordi di Bruxelles (Bruxelles Agreement), siglati, ormai più di due anni fa, il 19 Aprile del 2013, che prevedevano per la prima volta una piattaforma condivisa per la normalizzazione delle relazioni tra le due entità, la Repubblica di Serbia e il Kosovo, retto da un autogoverno a larga maggioranza albanese, che ha proclamato una propria indipendenza non riconosciuta dalla comunità internazionale ormai più di sette anni fa, il 17 Febbraio del 2008, e che, per il diritto internazionale e le Nazioni Unite, resta la provincia autonoma a maggioranza albanese della Serbia.

Tale punto riguarda la cosiddetta Comunità dei Comuni Serbi del Kosovo o, in serbo, ZSO (la sigla sta perZajednica Srpskih Opština, appunto Comunità delle Municipalità Serbe) mentre, in albanese, la dicitura corrente è piuttosto quella di Asociacioni i komunave serbe o Associazione dei Comuni Serbi: al di là delle designazioni, per le quali si farà di seguito riferimento a quella internazionalmente in uso, vale a dire di “Comunità dei Comuni Serbi del Kosovo”, si tratta della vera e propria “architrave” degli Accordi di Bruxelles, e, al tempo stesso, del cuore dell’autonomia serba all’interno del Kosovo, di cui, è bene ricordarlo, su una popolazione di circa due milioni di abitanti, i Serbi costituiscono una minoranza non superiore, secondo stime, al 7-8%, pari a circa 150 mila persone, di cui circa 120 mila all’interno del territorio della costituenda Comunità; una minoranza, al tempo stesso, diffusa sul territorio, con svariati problemi in termini di libertà di movimento, di circolazione e di espressione, ancora, come da più parti segnalato, sottoposta a minacce e vessazioni da parte di estremisti albanesi kosovari, e, inoltre, diffusamente enclavizzata.

L’accordo raggiunto, a due anni dagli accordi originari e a circa un anno dall’inizio delle trattative sul punto, è frutto di una difficile mediazione, tra i rappresentati del governo serbo e dell’auto-governo kosovaro (nella fase finale le trattative sono state condotte in prima persona dai due “premier”, il premier serbo Aleksander Vucic e il primo ministro dell’autogoverno kosovaro, Isa Mustafa), sotto la mediazione, come di consueto, dell’Alto Rappresentante della Politica Estera dell’Unione Europea, Federica Mogherini, a Bruxelles.

L’accordo raggiunto ha una portata effettivamente storica: prevede che la Comunità sia formata dalle dieci Municipalità a maggioranza serba del Kosovo (Kosovska Mitrovica, Zvecan, Zubin Potok, Leposavic, Gracanica, Strpce, Novo Brdo, Ranilug, Partes e Klokot), di cui solo due aree dotate di continguità territoriale (quella del Kosovo Settentrionale, con le Municipalità di Kosovska Mitrovica, Zvecan, Zubin Potok, Leposavic, e quella del Kosovo Orientale, tra i Distretti di Kamenica e Gjilane, vale a dire le Municipalità di Novo Brdo e Ranilug), per una superficie complessiva di circa 1200 km quadrati pari a circa l’11% dell’intera estensione del Kosovo.

Da quanto si apprende, sia da fonti giornalistiche sia da riscontri dalla regione, l’accordo raggiunto consegna alla Comunità o ZSO una vera e propria autonomia (ovvero una “autonomia ampia ed effettiva”) nei campi dello sviluppo locale, dell’economia locale, delle infrastrutture di pertinenza locale, della istruzione e della sanità e, inoltre, assegna alla Comunità medesima una propria autonomia giudiziale, nel senso di avviare la costituzione di un “panel” di giudici a maggioranza serba nell’ambito della Corte di Appello di Pristina, per trattare le questioni giudiziarie relative alle municipalità serbe, e una “divisione” della medesima Corte di Appello da costituirsi a Kosovska Mitrovica, vale a dire quel settore della Municipalità di Mitrovica, a nord del fiume Ibar e separato dal resto della città dal noto “Ponte di Austerlitz” o “Ponte Principale”, abitato a larghissima maggioranza dai Serbi, il resto della città essendo invece ad amplissima maggioranza albanese.

Non è forse un caso, che la “gestione” del ponte di Mitrovica sia entrata a pieno titolo anche nel confronto negoziale del 25 Agosto, raggiungendo, anche in questo caso, un accordo, per il quale si prevede che il ponte sia condiviso nella sua interezza tra le diverse comunità e aperto al libro passaggio pedonale, laddove oggi è ancora ostruito di fatto, dal cosiddetto “Parco della Pace”, in sostituzione delle precedenti barricate. Inoltre, l’autonomia della Comunità, o ZSO, è completata dall’istituzione delle figure del Presidente, dell’Assemblea, del Consiglio, e, inoltre, sarà dotata di un proprio stemma e di una propria bandiera, e sarà finanziata direttamente da Belgrado senza ulteriore aumento di tassazione.

Qualcuno potrebbe obiettare che si ripete in Kosovo, con la stipula di questo accordo, un “modello bosniaco” in sedicesimo e che, pur riconoscendo il quadro legale vigente e l’integrità territoriale del Kosovo, l’accordo renda di fatto il Kosovo Serbo uno “Stato nello Stato”. Si tratta indubbiamente di una mediazione, forse della soluzione più efficace per garantire, con il riconoscimento dell’autonomia e dell’autodeterminazione, in un quadro legale, delle minoranze etniche, una prospettica di convivenza e coabitazione alle diverse comunità su quello che è il loro, comune, territorio.

Fonte: (Pressenza – International Press Agency)

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