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Inferni socialisti, ecco gli effetti della sovranità monetaria

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di MATTEO CORSINI

In un articolo in cui dà conto ai lettori del Sole 24 Ore delle recenti elezioni in Perù ed Ecuador, Roberto Da Rin, soffermandosi su quest’ultimo, scrive che la vittoria del candidato di centrodestra è dovuta anche al fatto che “quello di Rafael Correa si è dimostrato un fardello negativo per il candidato di sinistra”.

Correa, ex presidente nel periodo compreso tra il 2007 e il 2017, è una delle tante varianti di socialista populista che hanno avuto potere in America Latina. Ricordo che, nel corso di un viaggio in Ecuador nel 2011, in piena era Correa, ebbi modo di constatare che, al pari dei suoi colleghi alla Chavez, il presidente teneva discorsi televisivi interminabili. Arrivai perfino a vedere una partita della nazionale di calcio durante la quale il telecronista inseriva nella telecronaca degli slogan governativi praticamente ogni volta che si fermava l’azione.

Inutile dire che in Ecuador c’era miseria prima e ha continuato a essercene poi, anche se ogni volta che sale al potere un personaggio (socialista) del genere, da questa parte dell’Atlantico, soprattutto a sud delle Alpi, la cosa suscita simpatia e aspettative di chissà quali miglioramenti per la popolazione. Come se i fallimenti dei precedenti esperimenti socialisti, non solo in America Latina, non avessero insegnato nulla.

Fatto sta che, già all’epoca, in Ecuador la moneta a corso legale era il dollaro. Il sucre era stato abbandonato nel 2000, evidentemente perché non era stato stampato con parsimonia. A distanza di oltre due decenni, nessuno pare avere rigurgiti di sovranismo monetario, peraltro.

Ciò nonostante, Da Rin, pur riconoscendo che il dollaro è più stabile del sucre, scrive che la “perdita della politica monetaria è però un danno cospicuo per la crescita, lo sviluppo e l’ascensore sociale.”

Da esperto di America Latina, Da Rin dovrebbe avere constatato che laddove la politica monetaria è più espansiva della certo non restrittiva politica monetaria statunitense, la crescita ha il segno meno davanti e l’ascensore sociale è fermo al piano “inferno” da tempo. Basti pensare a Venezuela e Argentina, per fare solo un paio di esempi rimanendo in zona.

In generale, se creare denaro dal nulla corrispondesse a produrre ricchezza reale, il mondo vivrebbe nell’abbondanza da millenni. Evidentemente non è così.

Tra l’altro, negli stessi Stati Uniti, al crescere dell’espansione monetaria è aumentata la divergenza nella distribuzione della ricchezza, per via dell’effetto Cantillon. Perché una cosa è sicura: i poveri non sono mai i primi a percepire il nuovo flusso di denaro creato dal nulla. Neanche nei socialismi sudamericani.

L’ESEMPIO DEL VENEZUELA ATTUALE

Per darvi un’idea, anche se con calcoli molto grossolani e senza aggiustare l’inflazione, ma andiamo a spanne, così capite:

Quando Chavez ha iniziato a governare, se avevate 10 milioni di bolivares era come avere circa 20.000 dollari, o circa 18.000 euro. Ora 3 milioni bastano per comprare un cartone di uova.

Immaginate di risparmiare 18.000 euro ora e tra qualche anno avere solo il necessario per comprare una dozzina di uova. Se vi è difficile da immaginare, basta che che lasciate governare il PD e i 5Stelle, che di Chavez sono estimatori.

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1 COMMENT

  1. “lasciate governare il PD e i 5Stelle, che di Chavez sono estimatori.”
    Ma pure i detrattori di Chavez dell’arco costituzionale, banchieri ed a volte imprenditori non è che si contengano nel promuovere il tassa, spendi e stampa che ti passa. La fine della aggressione alla proprietà ed alla libertà è una pia speranza coltivata da troppe persone che si affidano a soggetti sbagliati: gli stati e le persone che li animano.

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