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Non esiste una via alla prosperità… in deficit

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di MATTEO CORSINI

“C’è una memoria molto corta. Avevamo appoggiato la nomina del presidente della commissione Juncker con un solo mandato, un cambiamento di strategia nella politica economica che rilanciasse gli investimenti europei. Il piano Juncker è la conseguenza di quel cambiamento di strategia ma non basta. Tutte le osservazioni che ci vengono fatte sul bilancio nascono da un calcolo che noi consideriamo sbagliato dell’output gap. Allora ci dicano: sono corretti quei parametri o sono sbagliati? Sono attuali? Perché non siamo i soli a pensare che siano sbagliati e invece continuano a esserci pezzi di Eurogruppo che sono molto più rigoristi più del Fondo monetario. Questo non aiuta l’evoluzione coerente della politica di bilancio nella direzione giusta di cui dicevo”. Il ministro Delrio si lamenta del calcolo dell’output gap da parte della Commissione europea. Non è il solo a farlo: tutti i suoi colleghi di governo lo fanno, a partire dal ministro Padoan.

Il fatto è che se c’è un argomento scientificamente inconsistente è proprio quello che riguarda l’output gap, ossia la differenza tra la crescita effettiva del Pil e quella potenziale. Il problema, ovviamente, risiede nella quantificazione della crescita potenziale. Tema che si basa imprescindibilmente da considerazioni soggettive, rendendo la stima altrettanto soggettiva. Va da sé che chi governa ha tutto l’interesse a considerare la più elevata possibile la crescita potenziale del Pil, in modo tale da poter giustificare politiche fiscali espansive volte a colmare il gap.

Il fatto è che negli ultimi vent’anni la crescita media reale del Pil italiano è stata pari a 0.5 per cento annuo. Se si accorcia la serie storica si va addirittura in negativo. Ipotizzare che l’economia italiana abbia un potenziale tanto superiore a quello che ha fatto in un periodo di vent’anni è abbastanza ottimistico (per non dire irrealistico), soprattutto considerando che la demografia non aiuta e le condizioni strutturali del Paese (checché Renzi e colleghi si riempiano la bocca del termine “riforme”) non sono andate certo migliorando.

L’idea di Delrio e colleghi è quella di ottenere un aumento della stima dell’output gap per poter fare un altro po’ di deficit in ottica tipicamente keynesiana. Da questo punto di vista, nulla di nuovo. Ma se anche il governo strappasse alla Commissione una revisione (spacciata come “tecnica”, ma di fatto squisitamente politica) dell’output gap, la realtà non cambierebbe: più deficit oggi, anche chiamandolo diversamente, significherebbe un maggior conto da pagare domani.

Non esiste una via alla prosperità in deficit.

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2 COMMENTS

  1. La demografia spiega molte cose.
    Basta guardare al giappone.
    D’altronde se i giovani non fanno figli , ci sarà una o più ragioni.
    La politica e lo statalismo ne sono la principale causa.

    • Si, infatti gli unici paesi europei dove la demografia si avvicina al cosiddetto livello di sostituzione (2 figli per coppia) sono quelli scandinavi e la Francia, dove c’è un consistente welfare familiare che favorisce la procreazione, senza distinguere tra madri single e coppie. Welfare finanziato come? Indovina, indovina….con le tasse, che in questo caso aumentano la spesa corrente ma che in realtà è un investimento sul futuro. Sono paesi che hanno fatto la scelta di finanziare questo anziché, che so, l’assunzione di più forestali che in Canada come ha fatto la Sicilia, ma sempre di spesa pubblica si tratta. Ma forse la situazione migliore è in Africa, dove c’è liberalismo e lo stato è indubbiamente leggero, infatti fanno figli che è una meraviglia.

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