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Non tagliano la spesa pubblica, ovviamente non taglieranno le tasse

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di MATTEO CORSINI

Chiunque abbia avuto la necessità di effettuare un risanamento finanziario, sia a livello personale che aziendale, sa che la riduzione della spesa è una componente inevitabile. Sa anche che non è la riduzione di qualche centesimo di punto percentuale che può risolvere il problema.
Tutto questo vale anche per uno Stato, a maggior ragione quando la tassazione è già elevata e chi governa dice di non volerla aumentare ulteriormente. Eppure, con una spesa pubblica che si avvicina ai 1100 miliardi annui, il Documento di Economia e Finanza di aprile aveva previsto un obiettivo di riduzione della spesa nell’ambito della spending review per un totale di 1,5 miliardi tra 2023 e 2025.
In vista della pubblicazione della Nota di aggiornamento al DEF e della predisposizione della legge di bilancio per il 2024, pare che l’obiettivo di 1,5 miliardi slitti in avanti di un anno, con risparmi di 300 milioni nel 2024, 500 milioni nel 2025 e 700 milioni nel 2026. Vale a dire qualcosa di prossimo al nulla a livello di spesa complessiva. Lo chiamano “taglio agli sprechi”, il che, secondo logica, lascerebbe supporre che tutto il resto non lo sia.
L’unica cosa certa è che con questo tipo di “taglio agli sprechi” non sarà mai possibile nessuna realistica e duratura riduzione di tasse, neppure escludendo i “ricchi”, ossia tutti coloro che hanno un reddito superiore alla iperbolica somma di 35mila euro annui.

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