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Obbligo di assumere handicappati, leggi razziali e società totalitaria

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di GIOVANNI BIRINDELLI

“Assunzioni obbligatorie di disabili. Dal primo gennaio 2018 è in vigore la nuova normativa, che prevede che le aziende che hanno almeno 15 dipendenti devono assumere un disabile”. Con buona probabilità, chi ha prodotto questa “normativa” non ritiene di essere un disabile mentale. E con ancora maggiore probabilità, ritiene che questa “normativa” sia opposta alle ‘leggi’ razziali. In questo caso, infatti, la ‘legge’ obbliga un’azienda ad assumere Tizio; in quell’altro la obbligava a licenziare Caio.

Il problema è che, in entrambi i casi, quest’ingerenza coercitiva dello stato nella vita aziendale avviene in funzione di un presunto “bene superiore”. Un “bene superiore” arbitrariamente definito e, in quanto basato sull’aggressione, necessariamente un male sia dal punto di vista etico che economico; e generalmente riconosciuto come tale solo a posteriori. Un “bene superiore” collettivo e quindi che, per definizione, nulla ha a che vedere con quello che chi dirige un’azienda ritiene essere il bene di quest’ultima (altrimenti non avrebbe avuto bisogno di essere obbligato con la forza a fare una determinata scelta).

Una società totalitaria è gestita in funzione di “beni superiori” collettivi che chi la controlla ha arbitrariamente deciso (sulla base della sua conoscenza centralizzata) e imposto a chi sta sotto la sua autorità. Un società libera, al contrario, cresce attraverso l’azione umana. Questa è finalizzata a un bene individualmente percepito sulla base di una conoscenza periferica che solo l’individuo che subisce le conseguenze delle sue scelte possiede (non chi vuole controllarlo dal centro).

In una società collettivista, il necessario errore di chi sta al vertice ha effetti sistemici: si propaga a tutta la piramide e tende a essere ripetuto e a rinforzarsi nel tempo. Questo errore è necessario perché chi sta al vertice fa uso, per le sue decisioni, del tipo di conoscenza oggettivamente sbagliato.

In una società libera, gli errori sono limitati dal fatto che chi prende decisioni economiche lo fa avendo la migliore conoscenza (quella periferica) e i migliori incentivi. In un sistema economico di mercato, le conseguenze di un eventuale errore di chi agisce economicamente sono puntuali, non sistemiche; sono opportunità di imparare e quindi il sistema tende ad auto-correggersi nel tempo.

Una società collettivista viola elementari leggi scientifiche dell’etica (il principio di non aggressione) e dell’economia (la soggettività del valore). Una società libera rispetta entrambe. Per questo il movimento verso la prima produce totalitarismo e miseria, mentre quello verso la seconda produce, oltre a maggiore libertà, maggiore prosperità.

Essere generosi col denaro e con la libertà degli altri (entrambi destinati a esaurirsi a un certo punto) non può cambiare questo fatto. E nel lungo periodo non può che danneggiare maggiormente proprio coloro che questa coercizione miope voleva proteggere.

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