di GILBERTO ONETO
Si sono pagati dieci milioni di Euro per liberare le due candide cooperatrici con i tagliagole islamici? Il ministro Gentiloni (nomen omen) non ha negato, cosa che in perfetto italico politichese significa che ha ammesso. Il presidente del Copasir ha fatto vibrare il languido sopraciglio da hidalgo dicendo, in italico politichese con accento bergamasco, che: «Contropartite ci sono sempre quando uno riesce a liberare ostaggi, ma non sempre sono di tipo economico», e che la cifra indicata dai giornali «mi sembra esagerata dal tipo di informazioni che io ho. Se si fosse pagato quel riscatto sarebbe inaccettabile». Ma insomma si è pagato o no? E se non lo sa lui che controlla i servizi segreti, chi lo deve sapere? Mago Zurlì? E poi cosa vuol dire “contropartite” che non siano “di tipo economico”? La Repubblica italiana ha pagato la settimana bianca a un po’ di guerriglieri stanchi? Lo Stato italiano si occupa del sollazzo sessuale dei combattenti, cui si è dato solo un assaggio? Oppure si semplifica il tutto e si mandano loro carichi di armi, munizioni ed esplosivi. C’est plus facile!
Supponiamo che lo Stato abbia pagato: probabile, quasi certo! Il 75% di quei quattrini sono stati raccolti fra i Pantaloni padani, nel senso che la Padania “produce” tre quarti del raccolto fiscale di Roma. Questo significa che – pur tralasciando i costi connessi, come contatti, viaggi, aerei eccetera – i 28 milioni circa di padani hanno cacciato per le due Vispe Terese sette milioni e mezzo di Euro: 27 centesimi a testa, un po’ più di 30 a contribuente (esclusi minori e nullatenenti).
Non ci si compra neppure un ciclets, ma ci si paga una cartuccia nuova. Ogni padano si è pagato il colpo che qualche eroe gli potrebbe sparare.
A parte il dettaglio balistico, si tratta di una cifra irrisoria, ma non per questo si deve farla passare liscia. Personalmente, io voglio che le due Vispe Terese mi ridiano i miei 30 ghelli di Euro. Bisogna che tutti i padani lo facciano: lettere, petizioni, appelli via Internet. Tutti devono chiedere la restituzione dei trenta centesimi (600 lire, il valore di un dollaro nel 1965). Formiamo delle file sotto casa delle Vispe Terese intabarrate per prenderci le nostre due o tre monetine di “nordic gold” (lega del 89% di rame, 5% di alluminio, 5% di zinco e l’1% di stagno), “oro del nord”, suona anche leghisticamente bene.
Se le signorine non ce la fanno (i loro carcerieri-chaperon avranno avuto modo di intrattenerle nei lunghi mesi di ozio con la storia del loro conterraneo e correligionario Sissa Nassir e dei grani di riso sulla scacchiera della dama), possono sempre seguire i consigli di Stucchi del Copasir e inventarsi qualche altro genere di “contropartita”. La fantasia, l’intraprendenza e l’esperienza non mancano di certo a chi ha “cooperato” così bene.
In ogni caso: indrèe i mé trénta ghéi!