di EUGENIO CAPOZZI
In Sud Africa, Namibia, Botswana come nel Regno Unito – i paesi più colpiti dalla variante virale Omicron – si registra nelle ultime settimane la stessa tendenza: i casi diagnosticati si impennano (figura 1), i decessi rimangono pochissimi (figura 2). Le ospedalizzazioni nel Regno Unito e in Sud Africa restano stabili (figure 3 e 4).
Per le terapie intensive ho trovato solo il dato britannico, che è assolutamente analogo (figura 5).
Da notare che i 4 paesi considerati hanno percentuali molto diverse di vaccinati: 69% completi il Regno Unito, 42% il Botswana, 26% il Sud Africa, 13% la Namibia. Ma questa differenza non sembra influire minimamente sulle dinamiche di cui sopra.
Se questi dati fossero capitati davanti ai nostri occhi prima del 2020, prima della comparsa dello spauracchio-Covid, le conclusioni sarebbero univoche: in quei paesi circola un virus influenzale ad alta diffusione e a indice piuttosto basso di casi gravi e complicazioni. La situazione sanitaria di quei paesi – e del resto del mondo – sarebbe giudicata del tutto normale, e si direbbe che è in corso una consueta epidemia virale stagionale.
Ma poiché nella comunicazione tremendista di governi e media occidentali si parla di Omicron come dell’ennesima incarnazione del Covid (ma fino a che punto si può effettivamente, scientificamente considerare tale?) e quindi essa viene descritta come un potenziale flagello di Dio, il suo mero diffondersi e l’eventualità puramente ipotetica di situazioni ingestibili per i sistemi sanitari che in futuro essa potrebbe arrecare vengono considerati ragioni sufficienti per infliggere ancora ai cittadini restrizioni, privazioni della libertà, obblighi, tenendo in piedi poteri emergenziali sempre più scollati dalla realtà (ammesso e non concesso che connessi alla realtà siano mai stati in passato).
E invece proprio alla realtà bisognerebbe urgentemente e senza residui ritornare, se noi occidentali vogliamo salvarci da una paranoia potenzialmente senza fine ad ogni virus. Torniamo al 2019, per favore, e ragioniamo come avremmo ragionato allora, con gli stessi parametri, o finiamo male, peggio ancora di quanto siamo già finiti.