In Italia siamo messi piuttosto male a rappresentanza politica, ma altrove non se la passano molto meglio. Per esempio, il 12 dicembre si terranno le elezioni politiche nel Regno Unito, dove da tre anni è in atto il tira e molla sull’uscita dall’Unione europea. Il leader laburista Jeremy Corbyn, socialista vecchio stampo, propone un menù fatto di aumento delle tasse per imprese e cittadini, nazionalizzazioni, giro di vite sulle multinazionali, servizi pubblici gratuiti.
Le nazionalizzazioni riguarderebbero ferrovie, acqua, poste ed energia. Corbyn vorrebbe finanziare le nazionalizzazioni emettendo titoli di Stato, come avvenne nelle nazionalizzazioni del secondo dopoguerra. A suo dire le nazionalizzazioni sarebbero “neutre da un punto di vista fiscale”.
C’è da dubitare che ciò sia possibile, dato che il debito pubblico rappresenta tasse (esplicite o inflattive) future. Corbyn potrebbe ribattere che le aziende nazionalizzate pagheranno allo Stato dividendi superiori al costo del debito emesso per finanziare la loro acquisizione. Anche su questo è lecito dubitare, dato che alcuni servizi, sempre stando al programma corbyniano, dovrebbero essere gratuiti per i cittadini.
In Italia ne sappiamo qualcosa di queste faccende: progetti miracolosi che hanno prodotto solo accumulazione di debito. Peraltro senza mai guarire dal morbo di ritenere che queste sciocchezze possano funzionare.