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Pagliarini ci crede ancora: ecco il suo decalogo federalista

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di FRANCO CAGLIANI

Se l’autonomia è morta e sepolta (in vero mai nata), il federalismo è una specie di OVNI, un oggetto volante non identificato. Ci è stata messa sopra una pietra tombale il giorno in cui, nel 1994, Bossi non volle Gianfranco Miglio al Ministero per le Riforme.

Eppure, forte della costanza che lo contraddistingue, Giancarlo Pagliarini insiste e continua ad andare, laddove lo invitano, a spiegare perché il federalismo sarebbe un toccasana per l’Italia.

Ed ecco il suo decalogo, da lui definito “il decalogo del Paglia”:

  1. Limitare il potere di tassazione dello Stato e degli enti locali, identificando nella Costituzione un tetto massimo alla pressione fiscale complessiva. Invertire i flussi fiscali, eliminando l’intermediazione dello Stato e statuire che le PA di ogni Regione devono coprire almeno l’80% di tutte le loro spese, incluse quelle previdenziali. Solidarietà e perequazione possono coprire il rimanente 20% solo in assenza di sprechi e di significativa evasione fiscale nelle Regioni che ricevono la solidarietà dalle altre Regioni.
  2. Riconoscere nella Costituzione l’impresa, e tutelarla
  3. Limitare la presenza dello Stato nell’economia.
  4. Regolamentare il diritto di sciopero.
  5. Imporre obblighi di trasparenza e di rendiconto ai sindacati.
  6. Tutelare come valore fondamentale la professionalità, l’imparzialità e l’indipendenza della pubblica amministrazione.
  7. Togliere gli attuali limiti all’esercizio dei referendum.
  8. Statuire con molta chiarezza che il debito pubblico potrà essere trasferito alle generazioni future solo a fronte di investimenti.
  9. Passare gradualmente dall’attuale, assurdo sistema pensionistico “a ripartizione” a un più razionale e responsabile sistema “a capitalizzazione”.
  10. Sancire nella Costituzione il principio dell’assoluta uguaglianza tra pubblico e privato, che devono essere considerate due sfere parimenti sovrane. Prevedere che se tra queste due sfere sorgono gravi conflitti, a decidere sia la volontà popolare, attraverso un referendum. Sancire che il cosiddetto “primato della politica” é un’idea falsa, e che una società libera e aperta é sempre dualistica: poggia cioè su una assoluta uguaglianza tra privato e pubblico.

Al Sud chiamano secessione l’autonomia all’acqua di rose prevista dall’articolo 116 della Costituzione italiana, figuratevi cosa direbbero se questo fosse il nodo del contendere.

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