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“panama papers”, anticipo di governo mondiale a suon di repressione fiscale

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christine-lagarde-1-14-11di GERARDO COCO

Cominciamo innanzi tutto con affermare che i paradisi fiscali esistono per sottrarsi dal rischio più elevato esistente nella società: il rischio governo. Il rischio connesso principalmente al potere delle classi politiche di estrarre coercitivamente la ricchezza che la società produce per consumarla e poi cercare di ricostituirla intensificandone l’estrazione fino all’abuso, minando la libertà personale e trasformando le nazioni in popolazioni di indiziati nelle cui tasche continuare a ficcare la loro mano avida. Secondo loro, lo Stato esiste per esclusivo beneficio dell’establishment che concepisce i cittadini come un gregge di montoni da tassare e sui i quali vorrebbe esercitare una specie di perpetuo diritto di proprietà. Tale è la concezione che ha fatto decadere tutte le civiltà. Se i governi progrediti promuovessero il funzionamento dell’economia privata invece di depredarla, acquisirebbero un vantaggio competitivo rispetto a quelli che, come antiche satrapie, impongono misure punitive e attirerebbero capitali invece di farli fuggire; tutti pagherebbero molto meno tasse perché la base imponibile aumenterebbe enormemente e non varrebbe la pena di evaderle. Ma la concorrenza fra governi in materia fiscale è impossibile perché la loro natura è la stessa di quella dei tumori: crescere in modo incontrollato a spese dell’organismo che devastano.

L’obiettivo dell’armonizzazione globale della legislazione fiscale, che oggi i governi perseguono, mira proprio a eliminare la concorrenza per abusare del potere di tassare e per espandersi sempre più. Ma più si espandono, più la ricchezza, dalla base della piramide sociale sale per concentrarsi sempre più al vertice mentre il carico fiscale ricade verso il basso. E’ una legge fisica.

La gente comune, impossibilitata a “internazionalizzare” il proprio risparmio per proteggerlo, si è ovviamente sdegnata per l’episodio dei Panama Papers, i documenti riservati sottratti allo studio legale panamense Mossack Fonseca. Ma sbaglia a inveire contro il proverbiale un per cento che ha la possibilità di minimizzare il carico fiscale. La gente deve capire bene una cosa: concentrazione della ricchezza, ineguaglianza, dimensione del governo, corruzione e tasse punitive, sono conseguenza dello stesso fenomeno: come il denaro viene creato e distribuito. Basta riflettere su ciò che accade di questi tempi.

Grazie alle politiche monetarie “discrezionali”, ovvero fraudolente, i governi spendono denaro che non esiste e che i contribuenti e i loro discendenti dovranno restituire con le tasse future senza averne tratto il minimo beneficio. E qui viene il bello. Il denaro continuamente coniato e distribuito a tassi nulli crea gigantesche bolle speculative che fanno salire vertiginosamente il valore delle attività finanziarie dell’un per cento dei privilegiati amplificando pure la loro capacità di indebitamento grazie alla quale investono sempre di più e diventano sempre più ricchi; mentre alla maggioranza che non ha accesso a questa corrente di denaro viene pure negato, a causa della soppressione degli interessi, il rendimento del risparmio per provvedere alla sopravvivenza futura. Quando poi le bolle si sgonfiano, a questa maggioranza l’onere di pagare i guasti conseguenti, tramite, ovviamente, maggiori tasse. Questa è la vera horror story che dovrebbe scandalizzare.

L’intera faccenda dei Panama Papers è stata presentato come fosse la rivelazione di un crimine: il fatto stesso di avere un conto offshore sarebbe ipso facto prova di colpevolezza. Si è sorvolato sulla distinzione tra ciò che è legale o meno. Ma come spiega invece il professore di economia Gabriel Zucman dell’università di Berkeley, l’8% del patrimonio finanziario globale di famiglie (non di imprese) è protetto in società di comodo collocate in paradisi fiscali, tra cui gli Stati Uniti (Nevada, South Dakota, Wyoming, Delaware) e sono perfettamente legali. Ovviamente, illegale è evadere le tasse e criminali sono quegli stessi politici che dopo avere legiferato misure fiscali punitive nei propri paesi mettono in sicurezza il proprio denaro altrove. Obama di recente ha commentato: «Non c’è alcun dubbio che il problema dell’evasione fiscale è un grande problema. Non dovremmo rendere legali le transazioni che permettano di evadere le tasse e questo è il principio in base al quale ognuno lagardedeve pagare la giusta parte di tasse». La «giusta» parte è ovviamente quella decisa e imposta dai governi il cui diritto allo sperpero non è mai messo di discussione.

Demonizzare i conti offshore serve a far digerire alla collettività l’inasprimento del piano di sorveglianza fiscale globale. «Visto quanto evadono ricchi? E’ dunque necessario, nell’interesse generale, controllare capitali e redditi di tutti…». In realtà Stati Uniti e Europa si stanno preparando all’armageddon economico e finanziario e devono accelerare il controllo poliziesco sui redditi della popolazione dei contribuenti. Ma ci si scordi che il target del controllo siano i ricchi, è sempre la classe media, ignara di quello che accade, che dovrà subirlo.

Il piano di sorveglianza globale è iniziato con la legge americana Facta ( Foreign Account Tax Compliance Act) entrata in vigore nel 2013 con l’obiettivo di contrastare l’evasione fiscale a livello internazionale. Si basa sull’adozione di un accordo intergovernativo sullo scambio automatico delle informazioni da e verso gli USA e le istituzioni finanziarie di quasi tutti i paesi europei, che hanno sottoscritto un accordo bilaterale con l’IRS (Internal Revenue Service), l’autorità fiscale americana. Brevemente, in base al Facta, chi è nato negli Stati Uniti, ma non è residente e anche senza passaporto americano, se apre un conto ad esempio in una banca italiana, questa è obbligata a dichiararlo all’IRS. Se tale legge è stata concepita nel “paese dei liberi”, figurarsi negli altri. Si osservi che nello stesso periodo dell’adozione del Facta, in Europa venivano varate le misure predatorie del bail in e dei tassi negativi.

Il Facta è diventato il modello per la cooperazione intergovernativa per la caccia sistematica ai redditi. L’OCSE, quell’inutile carrozzone europeo con la missione istituzionale della cooperazione e sviluppo (!), dopo aver recepito il Facta, ha subito approntato e con zelo, un altro strumento, il Common Reporting Standard per abolire completamente la privacy. Ogni individuo che crea attività all’estero è ormai un potenziale indagato.

Sponsor di rilievo di questa operazione poliziesca è il Fondo Monetario Internazionale guidato da Cristine Lagarde (vedi riquadro), uno dei personaggi più pericolosi in circolazione il cui sogno è il governo del mondo tramite l’arma fiscale e in questo suo progetto malato, il FMI dovrebbe avere un ruolo di leadership. Nell’October Fiscal Monitor Report, il FMI afferma che i paesi altamente indebitati dovranno “mobilizzare il loro reddito interno”, espressione in codice che sta per “tassare aggressivamente i cittadini” e raccomanda senza mezzi termini l’escalation di misure fiscali fino alla diretta confisca dei beni. Insomma ai vertici della politica globale si sta decidendo il piano orwelliano di eliminare la privacy, tassare e sanzionare passando dall’abuso di potere al potere legale dell’abuso. I Panana Papers prefigurano, dunque, il prossimo, violento attacco alla libertà dei cittadini occidentali.

Nessun governo, può opporsi, tutti sono ricattabili e sanzionabili perché sull’orlo della bancarotta. E’ inevitabile che con il montare dell’autoritarismo la corruzione politica aumenti e che la ricchezza si concentri sempre di più in poche mani.

Impensabile uscire da questo incubo senza cambiare la funzione dei governi e il sistema di distribuzione del denaro. Fino a quando la società civile sarà impreparata a questo compito, il suo futuro resterà nelle mani di folli che cercheranno di strappare dalla sua carcassa gli ultimi brandelli di carne.

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