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Panerai, lo scalfari della finanza, capisce nulla di bitcoin

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di MATTEO CORSINI

A volte mi capita ancora di stupirmi, anche se non dovrei, nel leggere cose che descrivono la realtà come se fosse il suo esatto opposto. Prendete Paolo Panerai, sul suo consueto editoriale su Milano Finanza. Panerai è lo Scalfari dei giornali finanziari: essendo il fondatore continua a scrivere editoriali-sermoni, tanto lunghi quanto infarciti di sciocchezze. Credo che sia un brutto modo di affrontare l’avanzare dell’età (mi vengono in mente un paio di sermoni in cui sosteneva che Gianni Zonin, per vent’anni padre padrone della Banca Popolare di Vicenza, non sapesse nulla delle malefatte che accadevano in quella banca).

Nell’editoriale del 19 agosto, tra i pericoli in essere a dieci anni dall’inizio della crisi, Panerai include il bitcoin: “Ma il pericolo maggiore viene dalle notizie a raffica secondo cui le grandi banche americane, da Goldman Sachs alle altre, stanno avvertendo i clienti che non possono più ignorare la cripto valuta, cioè il bitcoin… Quella di Goldman Sachs è una sorta di ufficializzazione dei bitcoin, che implica una potenziale, enorme, espansione della massa monetaria che ora appunto può prescindere dalla politica delle banche centrali”. Ancora: “Come tutti sanno l’altra faccia, minacciosa, della medaglia della politica di Federal Reserve e Bce di combattere la crisi decennale stampando moneta, può essere foriera a sua volta di una nuova crisi finanziaria. Appunto per eccesso di liquidità e per incentivo alla speculazione selvaggia. Figuriamoci se alla moneta ufficiale si somma una potenziale, illimitata creazione di cripto valuta”.

Sono dell’opinione che, a oggi, nessuna criptovaluta, a partire dalla più nota, ossia il bitcoin, possa essere considerata un mezzo generale di scambio, che è la funzione essenziale di una moneta. E’ abbastanza evidente che la maggior parte degli scambi avviene per finalità di trading, e che molti utilizzatori di bitcoin trattano quello strumento come qualsiasi altro asset su cui fare trading finanziario. Ma uno dei motivi fondamentali per lo sviluppo delle criptovalute consiste nell’avere uno strumento che possa fungere da moneta e non sia monopolizzato e gestito centralmente da un’entità statale (o sovranazionale). In sostanza, che non sia riproducibile all’infinito e senza alcuno sforzo, al contrario delle monete fiat emesse e gestite dalle banche centrali.

E’ vero che quante più sono le criptovalute, tanto più può aumentare la massa monetaria, ma questi strumenti, a differenza delle monete fiat, non hanno corso legale, per cui il loro utilizzo è strettamente volontario. E quando gli scambi di un bene sono strettamente volontari, un eccesso di offerta ne genera (molto più che nel caso di monete fiat) una perdita di valore, fino potenzialmente all’azzeramento (quando nessuno più è disposto a scambiare altri beni ricevendo in cambio quella criptovlauta).

In altri termini, delle due l’una: o Panerai è in malafede, oppure non ha capito nulla di criptovalute. Alternative che dovrebbero essere in ogni caso imbarazzanti.

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