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Partecipazione ed azioni collettive indipendentiste

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PIAZZA INDIPENDENZAdi ALESSANDRO MORANDINI

Le piccole organizzazioni nell’istituzione degli indipendentismi padani

Le organizzazioni indipendentiste minori sono, più o meno tutte, segnate da un rapporto di cieca fiducia tra seguaci e leader. I tentativi di istituzionalizzazione hanno provocato defezioni e scissioni e dove non sono emerse nuove leadership carismatiche o dove la leadership è venuta meno, le organizzazioni hanno dovuto rientrare nell’orbita della Lega Nord.

Ma queste piccole organizzazioni, come si è visto, non sono neanche movimenti. Fanno parte dell’istituzione degli indipendentismi padani perché questa, essendo ancora in via di formazione e di natura privata, è caratterizzata dal prevalere di consuetudini negoziali tra soggetti diversi che hanno impedito l’affermazione di ruoli riconosciuti, se non di fatto, di diritto. L’istituzione degli indipendentismi padani presenta, al posto di ruoli formali per l’esercizio di competenze, organizzazioni autonome che conquistano il loro ruolo nel contesto della lotta indipendentista.

Iniziative come l’indizione di un premio per il miglior indipendentista dell’anno, utile invenzione dell’associazione 300 Lombardi, contribuiscono ad edificare, a consolidare l’istituzione. E’ curioso il fatto che una piccola associazione che ha molte caratteristiche del movimento, abbia istituito un premio che può contribuire al consolidamento dell’istituzione degli indipendentismi padani. E’ curioso ed è importante perché, se non inflaziona i premi e la giuria è attenta, può contribuire a recuperare energia nell’istituzione.

L’ormai mitico e criticatissimo plebiscito di Busato, pur non potendo avere nessun valore giuridico ed uno scarsissimo valore politico, resta un potenziale strumento statistico che ha sicuramente effetti positivi sul piano sociale e comunicativo. Infatti si è nuovamente iniziato a testare il desiderio di indipendenza dopo l’iniziativa di Plebiscito.

Altruismo, ignoranza, disinteresse

Un’azione deve essere orientata alla soddisfazione dei desideri dell’agente, ma si può anche privilegiare la soddisfazione del desiderio altrui a discapito del proprio. Quando agiamo sapendo che il nostro vantaggio è minore rispetto al vantaggio recato ad un’altra persona, possiamo parlare di altruismo.

I lettori di questo articolo quasi sicuramente hanno maturato la credenza che l’impegno profuso verso la causa indipendentista procurerà dei sensibili vantaggi a tutti gli abitanti delle regioni interessate. Le informazioni, i ragionamenti che nel corso del tempo abbiamo sviluppato, il nostro bagaglio culturale ci inducono a pensare che la libertà e quindi la secessione dallo stato italiano miglioreranno non solo le nostre condizioni di vita, ma quelle di tutte le persone che vivono al nord. In questo senso agiamo altruisticamente.

Possiamo quindi attribuire alle persone che non sostengono la lotta indipendentista un difetto di conoscenza. Possiamo pensare che le persone che non sostengono l’indipendenza (non sostengono l’indipendenza, non uno specifico partito indipendentista) non comprendono i vantaggi che può procurare.

Eppure non possiamo spiegare il disinteresse verso la causa indipendentista solo sulla base di questo assunto. Sappiamo che ci sono tante persone che già adesso preferiscono l’indipendenza all’unità dello stato italiano, ma non sembrano interessate a contribuire e partecipare alla vita dell’istituzione privata degli indipendentismi padani, che pur vanta un discreto pluralismo.

Il disinteresse di chi desidera l’indipendenza: fallimenti della razionalità

Alcuni militanti immaginano il popolo capace di fare, per se stesso, la scelta migliore. Anche non prendendo in considerazione l’assurda convinzione che il popolo è dotato di coscienza, dobbiamo constatare che le azioni preferite possono dipendere dal modo in cui si giunge alla decisione collettiva e risultano, perciò, intransitive.

Anche gli individui possono, in diverse occasioni, compiere scelte che all’apparenza esprimono delle preferenze ma sono viziate da evidenti fallimenti della razionalità. Infatti affinché un individuo possa stabilire qual è l’azione migliore da compiere, le sue preferenze devono essere transitive. Se A è migliore di B e B è migliore di C allora A deve anche essere migliore di C.

Perciò immaginare la prospettiva di indipendenza dall’Italia in rapporto ad altre possibili soluzioni ha senso se tutte queste possono essere rappresentate come esiti di processi già conclusi. In questi casi parlare di scelte però è inesatto: si dovrebbe più correttamente parlare di desideri. Ma stabilire una gerarchia tra desideri è un esercizio astratto, che non implica la scelta tra azioni.

Per distribuire le preferenze su una scala ordinale queste devono appartenere ad una medesima serie, nella quale ciascuna differisce in qualche particolare. Nella nostra vita, quando siamo chiamati a scegliere, non rispondiamo a domande tipo: “preferisci il gelato o la crema?”, ma sempre a domande tipo: “in questo momento se ti venissero servite una coppa di gelato e una coppa di crema, quale sceglieresti?”.

Quando si prende in considerazione l’indipendenza, diventa difficile, se non impossibile, stabilire una gerarchia con altre attività della nostra vita quotidiana. Il relativo disinteresse dei popoli padani può esprimere, per esempio, una scarsa opportunità di partecipazione in relazione alle opportunità offerte alla soddisfazione di altri desideri che, però, in termini assoluti, potrebbero rivelarsi di minore importanza.

Potrei accettare piccole somme di denaro al posto di piccoli impegni nella causa indipendentista. Questa situazione esprime l’affermazione di parziali preferenze che contribuiscono, anche se in parte irrilevante, a determinare un risultato che non avrei scelto qualora mi fossi trovato a dover decidere tra la somma delle alternative. Posso cioè preferire di volta in volta qualche centinaia di euro alla partecipazione, ma fare una scelta diversa se messo di fronte  alle opzioni “somma dei singoli premi in denaro” versus “indipendenza realizzata”. Questo è un altro tipico fallimento della razionalità dal quale può dipendere il disinteresse di chi desidera, anche ardentemente, l’indipendenza dall’Italia.

(6 – CONTINUA)

 

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1 COMMENT

  1. La ringrazio del belkl’articolo, in quanto penso da molto tempo che se non mettiamo assieme, indipendentismi, autonomismi, secessionismi e federalismi, che come sempre si cerca di dichiararli incompatibili per spaccare il capello in quattro, non si arriverà mai da nessuna parte. E’ ora di fare un cartello comune di tutti questi ‘ismi’ e poi confrontarci sulla via migliore perseguibile per la vera ed autentica SECESSIONE DEL NORD, nudo e puro.

    Senza i Maroni di ajello, voiello, votino, belsito, e compagnia di giro, raggiro.

    Giorgio un Leone di San Marco in quel di Cantù. WSM

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