di MATTEO CORSINI
Commentando i recenti fallimenti bancari statunitensi, Donato Masciandaro sottolinea, come altri, il ruolo della maggior circolazione delle informazioni e dell’operatività online come fattori di accelerazione delle corse agli sportelli, ormai connotate, appunto da fuoriuscite di denaro mediante bonifici disposti tramite app o piattaforme di home banking pouttosto che con le file agli sportelli per ritirare contante come avveniva nei decenni scorsi.
Dopo aver giustamente criticato la decisione delle autorità americane di garantire anche i depositi oltre i 250mila dollari della Silicon Valley Bank, Masciandaro sottolinea che “nel giro di poche ore, telegrafici giudizi e sensazioni individuali, amplificate dalle reti digitali, sono diventate un fenomeno collettivo, con relativa emorragia dei depositi della Svb, provocando una crisi aziendale irreversibile“.
Scrive poi che “i servizi bancari sono fiduciari, e a sua volta la fiducia è basata sulle informazioni, e sulla capacità dei clienti di capirle. Traduzione: se ogni cliente di una banca fosse razionale, cioè non emotivamente influenzabile, orientato al lungo periodo, finanziariamente alfabetizzato, quindi in grado di comprendere tutte le informazioni sul bilancio di una banca, e in più tali informazioni fossero sempre e comunque disponibili, allora sarebbe un bene per tutti che ogni cliente bancario fosse in grado, in ogni momento, di operare le sue scelte, al minor costo possibile. Ma, come è evidente, l’interconnessione completa nella realtà sarebbe nociva. Fino a oggi, l’eventualità di una interconnessione completa poteva essere considerata solo come una eventualità astratta. Oggi non è più così. Una recente analisi empirica ha dimostrato che il fallimento della Svb è stato accelerato e causato dall’intreccio perverso tra social network e accesso ai servizi bancari digitali, a parità di caratteristiche della banca. Se continua così, qualunque salvataggio bancario avrà tempi incompatibili con quelli del rischio di una corsa digitale agli sportelli. Avere un week-end a disposizione sarà preistoria. E potrebbe riguardare non solo le banche. Le regole sull’accesso dei clienti ai servizi, incluso il flusso informativo, e l’apertura e chiusura dei contratti, devono essere riconsiderate. Nell’interesse dei clienti, per evitare di diventare stoppini, individuali e inconsapevoli, di incendi collettivi.”
In sostanza, bisognerebbe limitare l’operatività diretta, fino a disporre interruzioni di servizio, per evitare accelerazioni nei deflussi di depositi.
La mia lettura degli stessi fatti è molto diversa. Chi conosce il funzionamento dell’attività bancaria a riserva frazionaria sa perfettamente che
si tratta di un modello di business fragile e sempre
esposto a entrare in crisi di liquidità, che poi conduce rapidamente all’insolvenza.
Uno può ritenere illegittimo l’utilizzo dei depositi a vista da parte delle banche per fare impieghi a scadenza (io la penso così) oppure può essere a favore del free banking, ma dovrebbe essere chiaro a tutti che la fiducia dei depositanti spesso si accompagna, o più probabilmente è dovuta, all’ignoranza sul reale stato delle cose. Quindi è proprio il cliente ben informato, razionale e finanziariamente alfabetizzato quello che non consentirebbe al modello di esistere. Quello non ben informato e più propenso a comportamenti imitativi accelera la fuga dei depositi, ma quello ben informato non consentirebbe alle banche di operare con le riserve basse attuali.
La stessa regolamentazione non servirebbe a frenare la crisi. E’ vero che SVB e le altre banche regionali saltate di recente non erano soggette ai vincoli sulla liquidità delle banche maggiori, ma in Svizzera Credit Suisse lo era e a fine 2022 era anche abbastanza sopra i limiti regolamentari, salvo poi vedere evaporare i depositi costringendo le autorità a orchestrare un salvataggio in fretta e furia meno di tre mesi dopo.
In generale, l’attività a riserva frazionaria può funzionare solo in un contesto in cui i depositanti non sono sensibili alle informazioni e, di conseguenza, lasciano stabilmente il loro denaro in banca. Il che rende quelle passività contrattualmente a vista, ma comportamentalmente a scadenza più o meno lunga. Di qui l’apparenza che la concessione di credito o l’acquisto di titoli a medio lungo termine utilizzando quei depositi sia relativamente poco rischioso.
Il problema è che quando le condizioni individuali o di sistema volgono al peggio, a prevalere è la realtà contrattuale, il che diventa rapidamente letale per una banca e sovente contagia altri intermediari. Si tratta di un elemento che a mio parere rende evidente la fragilità di tale modello di business. Nel caso di SVB la fragilità era poi esacerbata dalla scarsa granularità dei depositi, ma quella è solo un’aggravante.
Il fatto è che la repentina risalita dei tassi di interesse a partire dal 2022, dopo anni di politiche monetarie ultraespansive, ha causato un forte deprezzamento degli attivi a tasso fisso a scadenza medio lunga, a prescindere dal fatto che i principi contabili imponessero o meno di registrare tali minusvalenze. Al tempo stesso i depositanti hanno iniziato ad avere alternative anche a breve termine per impiegare il loro denaro a tassi ben superiori allo zero.
Di fronte a una situazione del genere, una banca si trova ad avere un attivo il cui valore corrente è inferiore a quello del passivo, di conseguenza è teoricamente insolvente. Proprio il depositante informato e alfabetizzato finanziariamente coglie questa realtà dei fatti, e agisce di conseguenza. In un simile contesto, peraltro,
l’alternativa alla fuga dei depositi è il forte aumento del costo degli stessi, con conseguenti perdite dovute alla generazione di un margine di interesse negativo.
I depositi sono defluiti in parte verso banche di maggiori dimensioni, e in parte verso fondi monetari, che svolgono una funzione in realtà simile a quella di chi sostiene la necessità di non utilizzare i depositi a vista per fare credito, mantenendo una riserva pari al 100%. Pur in un contesto di moneta fiat, i fondi monetari investono per lo più in titoli di Stato a brevissimo termine e in operazioni di pronti contro termine a un giorno con la Fed. Se le banche facessero lo stesso, non ci sarebbero fughe di depositi o, nel caso, ciò non comporterebbe l’insolvenza.
Il credito sarebbe quindi erogato solo con mezzi propri o fonti di finanziamento a scadenza. Il che è poi ciò che fanno i fondi di investimento specializzati in private debt o in acquisto di obbligazioni societarie. Chi investe in questi strumenti non si aspetta alcuna garanzia di poter disporre in qualsiasi momento del proprio denaro, men che meno di non subire perdite.
Tutto ciò detto, pur condividendo ciò che Masciandaro sostiene in merito alla potenziale accelerazione delle crisi dovuta a operatività online senza limiti di orario e, magari, con bonifici istantanei, non credo che la soluzione sia limitare tali servizi, bensì superare la riserva frazionaria. Dubito, però, che questo avvenga per iniziativa di legislatori e autorità di vigilanza, perché la quantità di credito (di cui i legislatori sono i primi a essere intossicati) sarebbe inevitabilmente minore a a maggior costo.