di MATTEO CORSINI
Commentando i dati sull’evasione fiscale, il già ministro delle Finanze Vincenzo Visco rileva che il dato potrebbe essere sottostimato, e la riduzione sarebbe figlia del progressivo assoggettamento di vari soggetti e redditi a regimi sostitutivi o forfettari.
Secondo Visco, “assumendo la stessa propensione all’evasione, ed applicando a tutti le aliquote Irpef, l’evasione dell’imposta risulterebbe circa doppia. Ma anche se si tenesse conto del fatto che i forfettari pagano in base ad un’unica aliquota di solo il 15%, si dovrebbero considerare circa 20 miliardi di evasione in più rispetto alle stime ufficiali, sicché l’evasione complessiva tornerebbe ad essere superiore ai 100 miliardi.“
D’altra parte, osserva Visco, “se si riducono le aliquote di una imposta, anche se i comportamenti concreti non cambiano, e la base imponibile sottratta al fisco rimane la stessa, l’evasione risulterà essersi ridotta. Del resto, se si abolisse del tutto un’imposta la sua evasione sarebbe per definizione pari a zero.”
Ecco quindi la conclusione: “S
embra che siamo di fronte ad un raffinato meccanismo di progressiva riduzione contabile dell’evasione nel nostro paese, senza che in realtà nulla sia cambiato. Quel che appare certo è che l’evasione complessiva rimane ben superiore ai 100 miliardi di euro. Anzi è possibile (probabile?) che negli ultimi anni essa sia addirittura aumentata e non diminuita.“
Si può discutere quanto si vuole di equità orizzontale e di progressivo svuotamento dell’Irpef, ma la logica di Visco può essere applicata anche in modo simmetrico. Ossia, se l’aliquota fosse pari al 100% del reddito, l’evasione esploderebbe, anche se il gettito aumentasse e di molto rispetto a quello attuale.
In generale, però, il ragionamento di Visco pare essere basato su una mentalità che consideri legittimo proprietario del reddito non già chi lo produce, bensì lo Stato. Quindi, ogni riduzione della ptetesa fiscale, per quanto modesta, viene vista come una perdita di reddito per lo Stato assimilabile a evasione fiscale.
Il tutto in un Paese dove, nel 2024, oltre i 50mila euro di reddito lordo annuo si è considerati ricchi.
Economia a Torino ma stiamo parlando di più di 30 anni fa. Ai futuri studenti basta ricordare che è il luogo in cui insegnano la Fornero e Deaglio (suo marito), due nomi una garanzia!
Però ad onor del vero è anche dove insegnava il defunto Dottor Colombatto, autore per il miglioverde di questo articolo che conservo
https://www.miglioverde.eu/manifesto-italia-fallire-colombatto-eusepi/
Colombatto, un’ancora di salvezza.
Quando preparavo la tesi nella facoltà di Economia mi sono occupato di pressione fiscale. Ho parlato di curva di Laffer e la relatrice mi disse: “ma tanto poi si è visto che non era vero”. A lezione anni prima invece erano li a raccontarci la favoletta di Keynes, che se funzionasse l’Italia sarebbe il posto più ricco del mondo. Purtroppo in questo mondo abbiamo due macigni sulla strada del benessere: i comunisti (incredibile ma ce ne sono ancora) ed i keynesiani.
e insegnano quei mentecatti!
Ma in base a che cosa una docente accademica se ne esce con uno sciocco “non era vero” quando tutti i dati statistici provano il contrario? Gli atenei non dovrebbero essere il luogo deputato alla ricerca della verità? E’ il moltiplicatore della teoria generale a non essere vero. Altro che mondo al contrario, qui siamo fuori da ogni mondo. Di quale università si tratta, dottor Guaschino? Così la segnaliamo ai futuri studenti come luogo sconsigliato.