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Più che minsky andrebbe rivalutato mises

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di MATTEO CORSINIÙ

Quando Noah Smith si occupa di questioni relative a boom e crisi economiche, si può stare certi di trovare qualcosa che manca o che non convince in quello che scrive.

Dopo aver ricordato in un post su Bloomberg View che il keynesismo ebbe successo a seguito della Grande Depressione, salvo poi subire critiche negli anni Settanta e rinascere in parte rivisitato sotto forma di neo keynesismo (la teoria oggi dominante nel maistream), Smith dà conto di alcuni studi recenti che, a suo dire, rivaluterebbero Hyman Minsky.

Minsky, a sua volta di scuola keynesiana, teorizzò l’instabilità dei mercati dovuta a una accumulazione di debito che, mentre le cose vanno bene, induce gli operatori ad assumere una leva troppo elevata, fino a diventare insolventi appena qualcosa va storto. Smith arriva poi al dunque, riferendosi al recente lavoro di due specialisti in finanza comportamentale, Nicola Gennaioli e Andrei Shleifer, secondo i quali effettivamente c’è l’espansione del credito a monte delle crisi, il che le renderebbe prevedibili. A loro parere, riferisce Smith, “quando i prezzi degli asset continuano a salire senza sosta, gli investitori iniziano a credere che quel trend rappresenti una nuova normalità”.

In sostanza si tratterebbe di aspettative estrapolative. E in realtà di “esuberanza irrazionale” già si sente parlare (Shiller, per esempio) da prima della crisi di dieci anni fa.

Secondo Smith tutto questo, per l’appunto, rivaluterebbe Minsky e “potrebbero esserci modi per banche centrali, regolatori e altri policy makers di contrastare la crisi prima che inizi”, anziché intervenire in seguito. Come sempre, Smith non è neppure minimamente sfiorato dal dubbio che qualcuno ben prima di Minsky, e in modo decisamente più convincente, avesse individuato nell’espansione monetaria e creditizia l’origine del ciclo di boom e bust.

La descrizione di Minsky del passaggio da Hedge unit a Ponzi unit è sostanzialmente simile a quella degli economisti di scuola Austriaca, ma ci sono due enormi differenze nel prima e nel dopo. Quanto al prima, Minsky non spiega cosa faciliti l’espansione del credito, ossia la politica monetaria espansiva. Per il dopo, poi, Minsky favorisce interventi volti a stabilizzare l’economia, i cui effetti poi non fanno altro che generare il ciclo successivo di boom e bust.

Queste due differenze rendono la spiegazione del ciclo economico degli economisti di scuola Austriaca decisamente più convincente (e coerente). Ed è già un secolo che, volendo, la si può studiare. Che ci siano poi estrapolazioni dal trend recente non deve stupire, ma occorre andare alla radice della distorsione dei prezzi, che sono la guida delle decisioni di investimento. Indubbiamente la facilità a indebitarsi comprime i premi per il rischio e gonfia tanto il debito, quanto il valore degli asset.

Ma tutto ciò non sarebbe possibile in modo sistematico senza una politica monetaria espansiva (e un sistema a riserva frazionaria). Quindi in effetti banche centrali e regolatori avrebbero la possibilità di prevenire le crisi, per esempio astenendosi dal manipolare tassi e moneta.

Più che Minsky, andrebbe rivalutato Mises.

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