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Politici e partiti, 1 persona su 4 si vergogna di essere italiano

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italia affondadi ENZO TRENTIN

Molti parlano di indipendenza, ma in Veneto, grazie all’elezione di un singolo Consigliere regionale, c’è chi vorrebbe ancora proporre l’indizione di un referendum consultivo che non solo la Corte costituzionale con tutta probabilità censurerà, ma anche laddove venisse indetto a nulla servirà vista la sua inefficacia deliberativa per il cosiddetto popolo sovrano. E a prescindere da ciò, lo si è verificato con le recenti elezioni regionali, l’adesione all’indipendenza del Veneto pur crescendo nei numeri non ha ancora raggiunto percentuali di consenso significative.

Non servirebbe a nulla lasciarsi trascinare nella mischia per un impulso irriflessivo. Nessuno ha la più pallida idea né dei fini né dei mezzi di ciò che viene chiamato ancora per abitudine azione rivoluzionaria. Quanto al riformismo, il principio del minor male che ne costituisce il fondamento è certo del tutto ragionevole, sebbene screditato da quanti ne hanno fin qui fatto uso; del resto, se finora è servito solo come pretesto per capitolare, non lo si deve a una virtù di qualche capo, ma a un’ignoranza purtroppo comune a tutti; perché, fin quando non si è definito il peggio e il meglio in funzione di un ideale chiaramente e concretamente concepito, e di conseguenza non si è determinato il margine esatto delle possibilità, non si sa qual è il male minore, e perciò si è costretti ad accettare sotto questo nome tutto ciò che impongono di fatto coloro che detengono la forza, perché qualsiasi male reale è sempre minore rispetto ai mali possibili che un’azione non calcolata rischia sempre di provocare.

In generale, da ciechi quali siamo, attualmente possiamo solo scegliere tra la capitolazione e l’avventura. E tuttavia non possiamo esimerci dal determinare sin d’ora l’atteggiamento da assumere rispetto alla situazione presente. Per questo, in attesa di aver smontato, se mai la cosa sarà possibile, il meccanismo sociale, è forse consentito tentare di abbozzarne i principi; purché sia ben inteso che un simile schizzo esclude ogni sorta di affermazioni categoriche, e mira unicamente a sottoporre alcune idee, a titolo d’ipotesi, all’esame critico delle persone in buona fede.

Da decenni in Veneto c’è un turbinio di formazioni partitico-politiche che prima di autodefinivano autonomiste e federaliste, ed oggi sono sfociate nell’indipendentismo. Parallelamente hanno avuto ugualmente grande proliferazione i governi ed autogoverni o movimenti di liberazione nazionale. Se i primi hanno vivacchiato nel proporsi in elezioni risultate sterili anche laddove sono stati eletti dei rappresentanti; i secondi si distinguono per non avere alcun potere governamentale, mentre si sforzano di dare alle proprie azioni risonanza politica che in realtà si materializza più in azioni propagandistiche con lo scopo di prendere visibilità nei mass-media (che peraltro quali organi d’informazione di regime ignorano quasi sempre), che di reale proposta istituzionale innovativa e/o rivoluzionaria.

A partire grosso modo dall’inizio degli anni 1990 i soggetti “istituzionali” sopra descritti sono stati “manipolati” all’incirca da una dozzina di personaggi che hanno cavalcato un’ideale politico, ma in realtà hanno privilegiando la propria ambizione ed i propri interessi personali. Naturalmente non chiediamo a nessuno di crederci sulla parola, semmai invitiamo i lettori più interessati a leggere un brano di storia a partire da questo sottotitolo: “LE PRIME PROVE ELETTORALI”; molti nomi di ieri sono gli stessi di oggi.

Queste problematiche, nel tempo, hanno interessato un numero cospicuo e indefinito di militanti, il cui comportamento (inteso come maggiore fiducia negli pseudo leader che nell’idea o progetto indipendentista) fa venire in mente il metodo che certe tribù indiane usavano per cacciare i bisonti. Questo animale ha due caratteristiche che lo rendono particolarmente vulnerabile: gli occhi posti lateralmente e la tendenza a correre a testa bassa. Gli indiani d’America si resero conto che per questo motivo era possibile uccidere un numero enorme di bisonti, mettendo in moto la mandria e facendola correre verso un burrone: gli animali, rispondendo esclusivamente al frastuono dell’informazione circostante e senza mai alzare la testa per vedere che cosa ci fosse davanti, facevano il resto da soli. Un testimone oculare (1) così descrive il risultato di questa cieca fiducia del bisonte nella conoscenza collettiva della mandria: «In questo modo, era possibile adescare una mandria verso un baratro e farvela precipitare in massa, i primi sospinti dai seguaci e il resto seguendoli di loro spontanea volontà.» 

Allo stato attuale molti indicatori confermano l’idea del declino dei partiti politici tradizionali. I sindaci, i governatori fanno i conti con il ritorno dello Stato. Con il centralismo economico, politico e istituzionale. Per cui, come emerge da recenti indagini, l’orgoglio nazionale non è mai stato così basso negli ultimi vent’anni. Lo manifesta il 51% degli italiani (Demos, novembre 2009). Mentre il 25%, una persona su quattro, afferma di vergognarsi a volte di essere italiano.

Si è fatto un gran parlare, a sproposito, delle esperienze scozzesi e catalane strumentalizzando, al solito fine propagandistico, esperienze che nulla hanno in comune con l’indipendentismo Veneto, e nel contempo non si è guardato al potenziale interno dove si può annotare come i nemici della ragione abbiamo lo sguardo offuscato. Infatti, mentre in Catalogna si premiano elettoralmente le formazioni che lavorano per un corretto utilizzo degli strumenti di democrazia diretta, dalle parti del cosiddetto Nord-Est si ignora come dopo il voto dei parlamentari della Südtiroler Volkspartei (SVP) a favore della legge elettorale nazionale renziana la SVP non sia più considerata da molti Sud Tirolesi come paladina della democrazia parlamentare, e da quelle parti si faranno un obbligo di ricordare come essa ha contribuito attivamente all’instaurazione di una dittatura mono-partitica in Italia. Proprio l’opposto di quello che era il ruolo nel quale SVP si è identificata fin dall’inizio della sua esistenza.

VOLKSLa SVP, infatti, ha votato a favore di una legge elettorale (l’italicum) che aggiudica, a prescindere dal consenso avuto dai cittadini, al partito più votato la maggioranza assoluta dei seggi del Parlamento in modo che questo potrà governare senza alcuna limitazione. Eppure una legge elettorale del 1953, meglio nota come «Legge truffa» dall’appellativo datole dai suoi oppositori fu un correttivo della legge proporzionale vigente dal 1946. Essa introduceva un premio di maggioranza consistente nell’assegnazione del 65% dei seggi della Camera dei deputati alla lista o al gruppo di liste collegate che avesse superato la metà dei voti validi. La legge, promulgata il 31 marzo 1953 (n. 148/1953) ed in vigore per le elezioni politiche del 3 giugno di quello stesso anno sia pure senza che desse effetti, venne abrogata con la legge 615 del 31 luglio 1954. Insomma la storia ai politicanti non insegna nulla; prevale la bramosia del potere. Ciò non ha più nulla a che fare con i principi del parlamentarismo. Non era, e non può essere moralmente e accettabile.

I politicanti distorcono ed edulcorano gli strumenti propri della sovranità popolare. Si veda in proposito l’idea del Sindaco di Bolzano, Luigi Spagnolli, di indire un “referendum consultivo“ su un centro commerciale che diventa addirittura elemento di trattativa per la formazione del governo cittadino. Il  gruppo di Initiative für mehr Demokratie a questo proposito dichiara: è insensato il fatto che il Sindaco riservi a se stesso e alla rappresentanza politica la facoltà d’utilizzo dello strumento di consultazione e lo neghi ai cittadini. Ovvio: al Sindaco ora fa comodo scaricare la responsabilità sul fare o meno il centro commerciale sui cittadini, e per lui va anche bene ed è sufficiente utilizzare a tal fine uno strumento che è più di sondaggio che di consultazione e che niente ha a che fare con una decisione sovrana dei cittadini. Tanto, ne fa poi quello che vuole. I cittadini invece hanno bisogno di certezze giuridiche in cospetto di un potere politico che se la gira sempre come vuole. Guardando le risposte date, prima delle elezioni, dal candidato Sindaco Spagnolli alle domande del questionario predisposto dall’Iniziativa, non si trova altro che una negazione di possibilità ampliate di co-decisione popolare, con un punteggio di -12 contro +28 di Cecilia Stefanelli e +27 di Rudi Rieder (altri due candidati a Sindaco). E proprio del contrario la popolazione avrebbe bisogno per poter decidere in modo autonomo sulla questione: togliere di mezzo limitazioni di vario genere, in primo luogo l’esclusione di materie, la limitazione riguardo la vicinanza a elezioni, del modo previsto per la raccolta delle firme. Per fortuna al quorum, su pressione del M5*, ci ha pensato il Consiglio regionale abbassandolo al 25%, altrimenti niente avrebbe smosso in tal senso la rappresentanza.

Il colmo però è l’idea che questa consultazione informale, gestita del tutto arbitrariamente su volere dell’amministrazione, si dovrebbe svolgere entro il corrente mese di giugno. Ciò è insensato non solo perché cadrebbe nel primo fuggi fuggi estivo dalla città, ma non lascerebbe proprio nessun margine di tempo ad un dibattito pubblico, che è l’elemento più importante di una democrazia esercitata dai cittadini in modo diretto. Non basterebbe ovviamente nemmeno spostarla a settembre perché il dibattito non avviene in piena estate. Perciò una data sensata per la consultazione non dovrebbe essere posta prima della prossima primavera. È evidente così che l’avversità del Sindaco nei confronti della democrazia diretta si basa su una totale ignoranza della materia, sulla non conoscenza degli elementi fondamentali e dei valori che ad essa sono legati.

Il referendum sul centro commerciale si può fare, ma solo con l’ammissione che le regole attuali sono insufficienti e fortemente limitative e che perciò condizione primaria è un rispondente adeguamento dello statuto comunale, in modo che i cittadini stessi possano decidere quando vogliono consultarsi e senza alcuna esclusione di materie. In tal modo il referendum già non si farebbe prima della primavera 2016. Solo così questa scoperta del Sindaco Spagnolli avrebbe senso, non solo per lui ma anche per i cittadini, che si troverebbero avvantaggiati per sua pura opportunità politica.

Ecco evidenziata una delle battaglie che l’indipendentismo veneto – quello che vuole farsi eleggere nelle istituzioni italiane – non ha mai affrontato: la modifica degli Statuti comunali, provinciali e regionale. Eppure tra tutte le forme di organizzazione sociale che la storia ci presenta, assai rare sono quelle che appaiono prive di ogni traccia di oppressione. Ma tutto ciò allo “Zio Tom” dell’indipendentismo veneto Luca Zaia ed alle sue mosche cocchiere INV non interessa. Preferiscono subornare gli ingenui con l’improponibile ed inconcludente referendum consultivo per l’indipendenza del Veneto. Tsz!

Eppure capire meglio e con empatia la lunga storia, e un’identità radicata, di città e di aree geografiche che ha fatto della Repubblica di Venezia una nazione rispettata a livello europeo aiuta anche a non farsi ingannare dalle narrazioni storiche problematiche e strumentali che, per esempio, sta proponendo il regime italico. È fondamentale saper distinguere, e non è vero che tout comprendre c’est tout pardonner (comprendere tutto è perdonare tutto). Per fare un esempio concreto: si può capire e provare empatia per il significato della resistenza al nazi-fascismo, senza allo stesso tempo accettare la strumentalizzazione che ne fanno in Parlamento i politicanti di sinistra come gli pseudo democratici “nominati”. Quindi rifiutiamo l’idea che maggiori sforzi per capire la storia e la cultura ci possano rendere degli “Italienisch-Versteher”, accomodanti con i leader non democratici dell’Italia.

disastro italiaFino a ieri abbiamo vissuto nella migliore delle situazioni possibili, per un paese che soffre di una cronica debolezza di identità nazionale. Abbiamo finto che il problema non esistesse. Hanno cercato di “Fare” gli italiani senza dirlo. E d’altronde, siamo un paese segnato da differenze profonde. Tra nord e sud, tra una regione e l’altra, tra una provincia e l’altra, tra una città e l’altra, tra un quartiere e l’altro. Difficile trovare un paese attraversato da altrettante diversità culturali, di gusto, costume, stili di vita, linguaggio – oppure lingua. Per non parlare delle differenze di opinione e di fede.

Del resto la nozione di forza è lungi dall’essere semplice, e tuttavia è la prima a dover essere chiarita per porre le questioni sociali. La forza e l’oppressione sono cose distinte; ma occorre capire innanzitutto che non è il modo in cui una forza qualsiasi viene usata, ma la sua natura stessa a determinare se essa è o non è oppressiva. Molti oramai hanno colto chiaramente che per quanto concerne lo Stato italiano, esso è una macchina per stritolare gli uomini, e non può smettere di stritolare finché è in funzione, nelle mani di chiunque essa si trovi. Ma questa concezione ha una portata molto più generale. L’oppressione deriva esclusivamente da condizioni oggettive. La prima condizione è l’esistenza di privilegi; ma non sono le leggi o i decreti degli uomini a determinare i privilegi, né i titoli di proprietà; è la natura stessa delle cose. Alcune circostanze, che corrispondono a tappe probabilmente inevitabili dello sviluppo umano, danno origine a quelle forze che si frappongono tra l’uomo comune e le sue condizioni di esistenza, tra lo sforzo e il frutto dello sforzo, e sono, per loro stessa essenza, monopolio di alcuni, perché non possono essere ripartite tra tutti; a partire da quel momento, tali privilegiati, benché dipendano, per vivere, dal lavoro degli altri sono inaccettabili.

Conservare la potenza è, per i potenti, una necessità vitale, poiché è la loro potenza a nutrirli; ora, essi devono conservarla ad un tempo contro i loro rivali e contro i loro inferiori, i quali non possono non cercare di sbarazzarsi di padroni pericolosi; poiché qui ci troviamo in un circolo senza via d’uscita, dove il padrone è temibile per lo schiavo per il fatto stesso di temerlo, e viceversa. Quando costoro hanno in mano la sorte di quegli stessi da cui dipendono, è l’uguaglianza civica che muore. Per questo gli indipendentisti, ora che ne hanno il tempo, che non sono impastoiati nelle pressanti esigenze di governo, dovrebbero in tutta tranquillità elaborare una bozza di nuovo assetto istituzionale sul quale impostare la loro azione politico-culturale nei confronti di quel popolo veneto che vogliono rendere autodeterminato.

* * *

NOTE:

(1) – HORNADAY W. T., The Extermination of the American Bison, with a Sketch of Its Discovery and Life History, Smithsonian Report, 1887, Part II, pag. 367-548.

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