di MATTEO CORSINI
Assoclima, associazione dei costruttori di sistemi di climatizzazione, ha rivolto un appello al Governo per chiedere un rafforzamento delle misure a sostegno delle pompe di calore, ossia incentivi alla domanda. “Negli ultimi due anni il settore ha registrato un crollo delle vendite”, rende noto Assoclima. In Italia la contrazione tra 2022 e 2024 supera il 70%. Il tutto a causa della “fine del Superbonus, l’evoluzione dei regimi di sostegno ai consumatori e i prezzi bassi del gas”.
Il problema delle pompe di calore è che hanno costi di acquisizione e installazione di gran lunga superiori alle alternative, oltre tutto con rese anche molto inferiori a basse temperature. Quindi d’inverno non sono proprio il massimo, a meno che uno non viva in zone dal clima mite tutto l’anno. Il primo svantaggio potrebbe essere colmato con gli incentivi, il secondo no.
Ma anche la questione degli incentivi porta sempre allo stesso problema: non sono un pasto gratis, in quanto il conto va alla generalità dei pagatori di bollette. Quindi, anche prescindendo da giudizi sulla incompatibilità con il principio di non aggressione, la questione resta sempre che, per essere sostenibili, gli incentivi devono riguardare un campione limitato di beneficiari, altrimenti con una mano si incassa e con l’altra si paga.
La conclusione è sempre la stessa: se dopo anni una tecnologia continua a dipendere da incentivi, vuol dire che non è competitiva con le alternative che dovrebbe sostituire. Bisogna comunque andare avanti per agevolare la transizione green? Questione di punti di vista. Certamente sarebbe onesto esplicitare che si tratta di una transizione che non ha solo benefici, ma anche ingenti costi e quei costi qualcuno li deve pagare. Il debito rappresenterebbe ovviamente solo un modo per scaricare quei costi su chi oggi non ha alcuna voce in capitolo.