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Pressione fiscale in crescita, imprese mai così male da vent’anni

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di REDAZIONE

Cresce la pressione fiscale in Italia. Un aumento lieve, ma pur sempre l’ennesimo segno più che farà poco piacere agli italiani.  

Dentro l’uovo di Pasqua, dunque, un dato poco confortante: la pressione fiscale aumenta. Secondo l’Istat, nel quarto trimestre 2014 è stata pari al 50,3%, in progresso di 0,1 punti percentuali rispetto allo stesso trimestre del 2013 (50,2%).
Nell’intero 2014 il rapporto tra gettito fiscale e Pil – cioè appunto la pressione fiscale – è risultato pari al 43,5%, in salita di altri 0,1 punti percentuali rispetto all’anno precedente.
 
In aumento anche il rapporto tra deficit e Pil, che dal 2,9% sale al 3%. A preoccupare non è tanto quest’ultimo dato (comunque sotto il tetto di Bruxelles), quanto quello relativo alle imprese. Sempre secondo l’Istat nel 2014 la “quota di profitti”, un indicatore utilizzato da Eurostat che misura un rapporto assimilabile al margine operativo, è risultato pari allo 0,46% nel 2014, ai minimi dal 1995, l’anno in cui sono iniziate le serie storiche.
 
Così dice l’Ansa, citando i dati ufficliali. Ma come abbiamo scritto più volte la pressione fiscale è pari al 70% del frutto del vostro lavoro.

 

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1 COMMENT

  1. Giova sempre ricordare che la pressione fiscale è data dal rapporto tra entrate fiscali e PIL.
    Le entrate fiscali non sono quanto lo Stato chiede ma quanto incassa, quindi se uno non ce la fa a pagare ed aspetta la cartella esattoriale, se uno rateizza (e le rateizzazioni sono in aumento così i ritardi nei pagamenti delle imposte) quella è pressione fiscale rinviata al futuro. Giova anche ricordare che dalla pressione fiscale rimane fuori quella previdenziale (se non pagate vi arriva la cartella, i soldi sono destinati non a voi ma a chi è già in pensione quindi è tassazione) e quelle locali o diverse (CCIAA, canone Rai, ecc).
    Giova anche ricordare che il PIL è gonfiato da più di vent’anni per tenere conto del sommerso ed ultimamente di alcune attività come la prostituzione, tutte attività che le tasse non le pagano.
    Riassumendo la situazione è questa: tutti gli indici sono in peggioramento, aumenta la disoccupazione (meno tasse e meno consumi), la produzione industriale (meno tasse e meno investimenti), i consumi (meno Iva versata) lo Stato italiano per compensare questo minor gettito continua da aumentare la pressione fiscale su chi ancora lavora (quindi peggiorando la situazione) o si inventa nuove tasse (vedi IMU, Tasi, ecc).
    In compenso il debito pubblico non solo non diminuisce ma aumenta e lo stesso per la spesa pubblica.
    Facile prevedere che col deficit bloccato al 3%, il debito pubblico che prima o poi dovrà essere diminuito (l’Europa questo lo chiede per davvero), le tasse che ad ogni aumento comportano una diminuzione di gettito ed una spesa invariata si arriverà inevitabilmente ad una crisi di liquidità.
    A questo punto ci sarà il panico, prelievo forzoso sui c/c per tirare avanti qualche mese, vendita riserve auree per andare avanti un po’ di più, magari venderanno le opere d’arte ma prima o poi si arriverà al dunque: o fallimento oppure arriva la Troika che fornisce i soldi per andare avanti ma pretende seri provvedimenti ( tra cui la diminuzione delle tasse sul lavoro, del numero di dipendenti pubblici e/o degli stipendi a loro pagati, taglio della spesa per pensioni a partire da quelle d’oro e quelle “regalate” (babypensioni, pensioni sociali).
    Visto che tutto questo comporta che chi ha ottenuto “favori” (posto di lavoro pubblico o pensione) lo ha fatto in cambio del voto ne vedremo delle belle insieme ai disordini sociali di chi ha perso il lavoro e sa che non ne troverà un altro (chi assume un exdipendente pubblico cinquantenne magnagreco semianalfabeta con diploma regalato che sa solo discutere se il rigore c’era o non c’era o come mettersi in malattia nei ponti o quando deve fare lavori in casa?)

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