di SERGIO RICOSSA
Noi viviamo come viviamo per una somma di quasi infiniti addendi, di quasi infiniti contributi piccoli o grandi alla nostra civiltà, recati da un numero quasi infinito di individui ignoti o illustri, che agirono indipendentemente, imprevedibilmente, senza seguire un disegno globale, distribuiti quasi a caso nel corso dei millenni, con inspiegabili addensamenti in taluni periodi privilegiati.
Non conosciamo il nome di un solo eroe della Rivoluzione Agricola del neolitico, e senza nulla togliere a James Watt, egli va considerato più un simbolo che il deus ex machina della Rivoluzione Industriale. Edmund Burke diceva: «Nella mia vita ò conosciuto e, secondo la mia misura, collaborato con grandi uomini; e tuttavia non ò ancora visto mai alcun piano, che non sia stato emendato dalle osservazioni di coloro i quali erano, nel comprendere, assai inferiori alla persona, che aveva preso l’iniziativa dell’affare».
Così oggi possediamo un patrimonio ereditario, che sarebbe follia denigrare e dissipare. La storia della gente comune porta al riconoscimento dell’importanza della gente comune, non perché tutti siamo eguali, come le formiche, ma perché tutti siamo diversi: l’esperienza personale di ciascuno di noi è irripetuta e irripetibile, e ciascuno di noi à quindi qualcosa di unico da offrire.
Questa storia porta inoltre al riconoscimento dell’importanza della libertà individuale: «Se esistessero uomini onniscienti, se potessimo sapere non solo tutto quanto tocca la soddisfazione dei nostri desideri di adesso, ma pure i bisogni e le aspirazioni future, resterebbe poco da dire in favore della libertà (…). La libertà è essenziale per far posto all’imprevedibile e all’impredicibile; ne abbiamo bisogno perché, come abbiamo imparato, da essa nascono le occasioni per raggiungere molti dei nostri obiettivi. Siccome ogni individuo sa poco e, in particolare, raramente sa chi di noi sa fare meglio, ci affidiamo agli sforzi indipendenti e concorrenti dei molti, per propiziare la nascita di quel che desidereremo quando lo vedremo», scrisse Hayek. E’ tutta la morale che vogliamo trarre.
*Tratto da Storia della Fatica