di GIANLUCA MARCHI
Su Expo si è già espresso efficacemente l’amico Gilberto Oneto con il pessimismo del caso, visto che tutto quanto viene toccato dal paese Italia di solito finisce in cacca. Personalmente ho partecipato, per lavoro, all’Esposizione universale di Siviglia del 1992, una grande fiera che non portò nulla nel futuro della capitale andalusa, se non un quartiere trasformato in cimitero architettonico mentre avrebbe dovuto essere il polo di sviluppo in proiezione del nuovo millennio.
Tutt’altra storia sono state invece le Olimpiadi di Barcellona, sempre del ’92, occasione per promuovere nel mondo una capitale e un territorio, la Catalogna, che da dopo la fine di Franco hanno voluto e vogliono per sé un progetto di affermazione e crescita fortemente autonomo dalla Spagna e da Madrid. Da quel momento in poi è stato chiaro all’universo mondo che Barcellona e la Catalogna erano cosa altra e diversa rispetto all’hispanidad come si era soliti considerare e il cruciale passaggio istituzionale che verrà vissuto nei prossimi mesi con le elezioni di settembre, chiamate a decidere del processo indipendentista, in qualche modo è figlio dell’evento sportivo di oltre vent’anni fa, che ha aiutato i catalani a pensare in grande. Siviglia, invece, non aveva alcun progetto per sè, se non quello di trasformare un’area desertica posta oltre il Guadalquivir in un quartiere per lo sviluppo del terziario. E’ finito tutto in vacca…
A fronte dell’Expo 2015 che si apre fra due giorni quale progetto hanno Milano e la Lombardia? Mistero, al momento. Se dobbiamo stare all’ultima intervista concessa dal sindaco Giuliano Pisapia, Milano rivendica di essere tornata la vera capitale d’Italia. Sai che gioia! Capitale di un paese in totale declino, che negli anni della crisi ha perso per strada quasi un terzo del proprio sistema produttivo, per lo più collocato al Nord, e che non potrà più tornare come nel passato, inutile che ci giriamo intorno. Prospettive reali? Diventare, se va bene, un paese dei balocchi dove i nuovi ricchi del mondo vengono a mangiare, bere e… trombare. Se va bene, ripeto, perché non siamo tanto capaci di fare nemmeno questo, visto che i cinesi danarosi sono diventati, numericamente, i primi turisti del globo, ma l’Italia riesce a catturarne solo una piccola parte, mentre gli altri, Francia e Spagna in testa, galoppano.
In tema di progetto futuro dalla Regione Lombardia, poi, l’encefalogramma appare totalmente piatto. Eppure a guidare in cima al Palazzo c’è un esponente di un partito che ancora si dichiara per l’Indipendenza della Padania e invece in questi mesi e nei prossimi assisteremo a un trionfo di italianità, di sbandieramenti tricolori e di tutto il peggior armamentario italiota. Per non parlare delle inchieste giudiziarie in corso e di quelle pronte a esplodere dopo la fine dell’evento, oltre al fatto che questo è un paese dove le Pmi lavorano fino al 20 di agosto per lo Stato e poi si vorrebbe che gli stranieri venissero a investire (guardatevene bene…). Non sto dicendo, per i duri di comprendonio, che l’Expo avrebbe dovuto diventare un momento di rivendicazione politica, ma semmai essere anche, e sottolineo anche, il trampolino di lancio e di spinta di un progetto politico alternativo per la Lombardia. E invece il buon Roberto Maroni, ottimo gestore di potere, s’è lavato la coscienza leghista (ma l’ha mai veramente avuta?) facendo approvare dal Consiglio regionale un futuribile referendum per l’autonomia speciale della Lombardia, che altro non sarà se non un sondaggio fra i cittadini lombardi, perché la probabilità che il Parlamento italico approvi una riforma costituzionale del genere è pari praticamente a zero. E una volta sciacquata la coscienza nel Lambro che resta? Pura gestione del potere in classico stile democristiano, che a Maroni è sempre venuta molto bene e alla quale Expo ha offerto occasioni ancora più ghiotte. Vedasi gli ultimi passaggi registrati dalle cronache con la nomina del suo avvocato di fiducia, il pigliatutto Domenico Aiello, nel Cda della Expo Spa, e il prossimo spostamento dell’ex parlamentare della Lega Andrea Gibelli alla presidenza delle Ferrovie Nord per lasciare libero il posto di segretario generale della Regione Lombardia al fedelissimo Giuseppe Bonomi, ex presidente della Sea. Insomma, un bel giro (legittimo) di poltrone lautamente ricompensate. E che l’indipendenza della Padania attenda il prossimo giro, insieme ai progetti della Macroregione e del 75% delle tasse trattenute sul territorio, slogan con cui Maroni ha vinto le elezioni regionali, mettendo nel sacco un bell’esercito di allocchi.
E in tutto questo non si ode una sola parola del segretario federale Matteo Salvini, impegnato a realizzare il suo partito nazionale. Viva l’Italia!