di STEFANO CORRADA
Inscì vèghen. A volte i milanesi più significativi hanno origini lontante dalla cerchia dei navigli. Apprendono, assorbono milanesità nella terra in cui mettono le nuove radici, traggono linfa, voglia di fare e ambizione a emergere.
E comunque sia, meneghino o no, inscì vèghen, così averne di personaggi di questo calibro. Grandi, anche nel senso fisico. Visibili, empatici, fieri del loro modo di lavorare, di creare qualcosa che vada oltre la commodity alimentare. Oltre – certamente senza dimenticarsene – alla mera ottimizzazione degli introiti.
Giunetto Cardelli, schietto come sanno fare i toscani, è così. E i suoi gelati sono, sostiene spavaldo, veri. Per questa loro “purezza” dovrebbero, a suo dire, essere considarati tra i pochi, pochissimi sulla piazza meneghina.
C’è un pizzico di presunzione in questa dichiarazione, ma è tutto sommato giustificata. Dalla conoscenza approfondita della materia sottozero e dalla maestria semplice e trasparente nell’elaborare i sorbetti.
Effettivamente i suoi frutti congelati sono uno spettacolo. Puri, solo acqua zucchero e polpa di frutta. Mediterranea o esotica. Senza trucco, senza artifici. Niente basi, polveri, aromi, addensanti, latte o creme varie. La frutta c’è tutta, e si sente.
Una curiosità, a metà tra il folklore e la creazione artistica, sono i frutti di gelato. Ovvero pesca, kiwi, avocado, melone peruviano, mango, tamarillo, maracuja e chi più ne ha più ne metta. Frutta svuotata, riempita del proprio gelato e messa in bella mostra. Pronta per essere mangiata.
Un po’ arte, un po’ abilità, un po’ fantasia. E molto molto gelato.
La Bottega del Gelato
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