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In quasi tutte le regioni il pil pro-capite diminuisce

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pildi REDAZIONE

Il Prodotto Interno Lordo è uno di quei numeri aggregati che tanto piacciono agli econometristi, ma che non raccontano davvero come stanno le cose in economie. Basti pensare che, solo un paio d’anni fa, il governo italiano inserì il “fatturato stimato” di droga e prostituzione nel PIL italiano. Comunque sia, anche così l’Italia non se la passa bene. Vediamo quel che riporta l’Ansa.

La crisi ha intaccato ricchezza e potere di acquisto degli italiani. Fra il 2008 e 2014 il pil pro-capite è passato da quota 27.600 a 26.500 euro, facendo segnare una flessione del 4%. Un andamento contrastante con quanto invece nello stesso periodo succedeva in un Europa, dove in media si è assistito ad una crescita del pil pro-capite 26.000 a 27.500 euro (+5,7%). Questa la fotografia di Eurostat, secondo cui l’impatto della crisi si fa ancora sentire e in alcune regioni italiane più di altre, con il Mezzogiorno sempre più lontano dai valori Ue, ma che in fondo in questi anni ha resistito meglio di alcune aree del Centro e del Nord.

In grande affanno a sorpresa compare il ‘ricco’ Lazio, dove il Pil pro-capite si mantiene sopra la media europea, ma crollando di ben 2.500 euro, cioè del 7,33% a 31.600 euro l’anno). A perdere più di tutte però a sorpresa è un’altra regione del Centro, l’Umbria, che scende dell’8,37% (-2.200 euro a 24.100) persi rispetto al 2008. Altra maglia nera è la meno benestante Campania, che ha sofferto un crollo del 7,7% a 16.800 euro). Il risultato è che i campani si sono ritrovati più poveri dei pugliesi, gli unici che sono riusciti a incassare un segno positivo oltre alle solite aree ‘a statuto speciale’.

La Puglia conquista un +0,6%, in ‘soldoni’ 100 euro, passando da 17.300 a 17.400 euro l’anno. Le altre regioni a fare un salto in avanti sono le ‘facoltose’ Provincia autonoma di Bolzano, che segna un +6,4% (+2.400 euro a 39.900) e Valle d’Aosta, con un +3,4% (+1.200 euro a 36.700), mentre la Provincia autonoma di Trento cala appena dello 0,29% a 33.900 euro.

Dopo i pugliesi sono i toscani, che possono contare su un tenore di vita più ricco della media europea, a reagire meglio degli altri alla crisi, con un calo dello 0,35% (appena 100 euro, da 28.900 a 28.800), seguiti da abruzzesi (-0,85%) e veneti (-2%). Emilia Romagna e Sardegna perdono entrambe il 3% , solo che nel primo caso la ricchezza pro capite è diminuita da 33.400 a 32.400 euro, nel secondo da 20.600 a 20.000 euro l’anno. Tradotto il tutto in potere d’acquisto rispetto alla media europea, gli italiani fra 2008 e 2014 hanno perso quasi dieci punti. Premesso il valore Ue a quota 100, l’Italia è scesa da quota 105 a quota 96, quindi al di sotto della media dei 28.

Il Lazio segna una perdita secca di 16 punti (da 130 a 114), seguito dalla Liguria con 14 punti (da 118 a 104), Piemonte (da 113 a 100), Lombardia (da 138 a 126), Friuli Venezia Giulia (da 112 a 101), Emilia Romagna (da 127 a 117) e Marche (da 102 a 92). Il ricco Veneto scende di otto punti, ma rimane comunque sopra la media Ue, a quota 108, come la Toscana, scesa da 110 a 104. Tranne la Campania crollata da 70 a 61, le più ‘povere’ del Mezzogiorno in fondo hanno resistito meglio alla crisi sul fronte del potere di acquisto, ma sono scese a livelli drammaticamente inferiori alla media europea: la Calabria è passata da quota 65 a 59, la Sicilia da 69 a 62, la Puglia da 66 a 63, la Basilicata da 75 a 69, la Sardegna da 78 a 72, il Molise da 81 a 75.

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