di MATTEO CORSINI
Da quasi 50 anni, i pagatori di tasse italiani vedono aumentare il conto a loro carico alla voce “Alitalia” (a prescindere dalle denominazioni assunte nelle sue diverse reincarnazioni). Il conto aggiornato da Gianni Dragoni sul Sole 24 Ore arriva a 16 miliardi di euro.
Quando, con un costoso ritardo di decenni, finalmente lo Stato è arrivato a concludere una trattativa per la cessione della compagnia aerea, unico modo per avere una speranza non velleitaria di fermare il contatore delle perdite a carico dei pagatori di tasse, il banco rischia di saltare a causa del mancato via libera da parte della Commissione europea a Lufthansa per entrare nel capitale di Ita Airways.
La Commissione la sta mandando per le lunghe per “approfondite” valutazioni antitrust; secondo alcuni ciò sarebbe il riflesso di dissidi neppure troppo sotterranei tra Francia e Germania.
Non so se sia così, sta di fatto che in primavera del 2024 Ita potrebbe avere nuova necessità di denaro, che in teoria lo Stato italiano non potrebbe più iniettare. Dubito, però, che ciò non avverrebbe. e questo farebbe lievitare ulteriormente il conto da 16 miliardi di cui sopra. L’unica cosa che, da 50 anni, vola regolarmente e con sconcertante puntualità.