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Quella manovra recessiva del governo al traino del titanic europa

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di FABRIZIO DAL COL

titanic5Stefano Fassina  esce allo scoperto, apre le “danze” sui provvedimenti economici adottati dal governo, e in vista della rivisitazione del patto del Nazareno, attacca la della Legge di Stabilità. Dalle colonne del Foglio, Fassina, autorevole esponente della minoranza interna del Pd, e già vice ministro dell’Economia con il governo Letta, esprime il proprio dissenso per una manovra da lui ritenuta “inadeguata a rianimare la nostra economia e a migliorare l’occupazione, dopo una caduta del Pil di quasi 10 punti percentuali negli ultimi 7 anni e un triennio ininterrotto di recessione. È inadeguata per il 2015 e impossibile, come il cubo di Escher, per gli anni successivi”.

A rendere “restrittivo” il disegno di Legge di Stabilità è in primo luogo il fatto che “il deficit programmato per il 2015 è inferiore a quello previsto per il 2014: il 2,6% versus il 3%, dopo il cedimento alle richieste ottuse della Commissione europea”. Secondo Fassina, “nel 2015, a causa del bilancio pubblico, perdono 6 -7 miliardi di euro rispetto al 2014”. Tuttavia, bisogna tenere in considerazione che, a causa di come è stata prevista la manovra, “il moltiplicatore della spesa è di gran lunga maggiore del moltiplicatore delle entrate”.

L’economista e parlamentare Fassina, fa presente e ricorda gli allarmi lanciati dal Sindaco di Torino Piero Fassino e del Presidente del Piemonte Sergio Chiamparino in rappresentanza di Comuni e Regioni per i tagli “insostenibili” contenuti nella Legge di Stabilità. “Per evitarli, almeno in parte, dovrebbero aumentare imposte, tasse e tariffe già elevatissime. Se fossero realizzati, peserebbero negativamente sull’economia reale in misura largamente superiore al sostegno atteso dalle riduzioni di imposte”. In altre parole, “i famosi 80 euro, accompagnati dai tagli al welfare, riducono il potere d’acquisto delle famiglie e lo fanno per di più in modo regressivo, poiché i bonus Irpef esclude chi più ne avrebbe bisogno, mentre i tagli colpiscono proprio questi ultimi in misura maggiore rispetto ad altri segmenti sociali”.

Per l’ex vice ministro la manovra di Renzi “invece di agire a sostegno della variabile decisiva ai fini della ripresa, ossia la domanda effettiva, concentrata sull’offerta, in linea con il paradigma neo-liberista dominante nell’eurozona. La celebrata sinistra finalmente moderna, orientata e coperta dagli interessi più forti e dai media a loro seguito, propone come innovative ricette pre-Keynesiane”.

Fassina non esita a sostenere che l’Europa, senza correzioni di rotta nella politica economica, sia un Titanic che “va al naufragio”. Per l’ex vice ministro, le correzioni prioritarie vanno “dal quantitative easing a un meccanismo di gestione dei debiti pubblici insostenibili (Grecia, Italia, Spagna, Portogallo, Irlanda, come minimo) all’innalzamento delle retribuzioni e della domanda interna nei paesi in surplus commerciale, dalla golden rule per gli investimenti produttivi all’introduzione di standard sociali e ambientali per il trade extra-Ue alla regolazione dei movimenti di capitali speculativi”. L’Italia, precisa l’ex ministro, avrebbe dovuto “di fronte a insuperabili divergenze politiche, indicare l’unica strada possibile per evitare il naufragio: il superamento cooperativo dell’Euro. Ossia, una dis-integrazione ordinata verso uno degli approdi possibili: dal ripristino delle monete nazionali, a monete condivise da gruppi di paesi omogenei, fino ai “due euro”.

A guardare il ddl, conclude il parlamentare del Pd, “in una logica emendativa inevitabilmente minimale, insieme ad altri deputati Pd, abbiamo proposto interventi per attenuare le iniquità, sostenere le micro e piccole imprese e le partite Iva senza ordini professionali, innalzare investimenti innovativi nelle imprese, utilizzare i proventi delle privatizzazioni per la politica industriale, arginare la desertificazione produttiva del Mezzogiorno e reperire le risorse per la riforma degli ammortizzatori sociali per gli outsiders, promessa devisiva per la Delega Lavoro, ma dimenticata dal governo. In sostanza, Fassina afferma che lungo una rotta alternativa l’Italia potrebbe farcela. Ma a rimorchio del Titanic Europa, il ddl Stabilità di segno elettorale e avventurista porta a un 2015 di stagnazione e di aumento del debito. Ad aprile la sentenza nel Def. Per ora, scenari da gufi”.

 

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2 COMMENTS

  1. Prima premessa: la crisi italiana, come è diventato evidente quest’estate, non è dovuta a fattori esterni ma solo interni, essenzialmente per la Spesa pubblica che era già elevata nel 1994 (vi ricordate Berlusconi che promise di abbassare le tasse?) e nel frattempo è raddoppiata. La cosa è semplice da spiegare: la spesa pubblica viene finanziata con tasse e debito pubblico. Se il Pil cresce del 2% all’anno e la spesa pubblica del 5% ed il deficit annuo (differenza tra spese ed entrate) è del 3% allora ogni anno la spesa pubblica richiederà una sempre maggiore quota di tasse e di debito pubblico per essere finanziata. Ovvio che ad un certo punto si raggiunga un limite: il debito pubblico non può più crescere, perché è evidente che il peso degli interessi è eccessivo e le tasse non possono superare un certo livello, pena la scomparsa del risparmio, dei consumi e la fuga delle aziende all’estero.
    Questa è la situazione italiana brutta ma non stabile, anzi in costante peggioramento.
    Le dottrine economiche propongono diverse soluzioni: la scuola keynesiana prevede l’aumento della spesa pubblica affinché maggiori risorse vengano immesse nell’economia. Ma l’aumento di spesa pubblica dovrebbe essere finanziato con maggiori tasse (impossibile perché crollerebbero i consumi, il gettito delle tasse e ci sarebbe fuga di aziende all’estero o chiusura con aumento della disoccupazione) oppure con maggiore debito pubblico (impossibile perché l’Europa ci chiede di diminuirlo). I monetaristi invece prevedono che l’aumento di spesa pubblica venga finanziato con stampa di carta moneta e questo prevede che si esca dall’Euro, altrimenti è impossibile.Il difetto di queste due soluzioni è che manterrebbero invariata la struttura della spesa pubblica (e quindi gli sprechi, i 30.000 forestali siciliani, ecc) e in pochi anni saremmo di nuovo daccapo. Inoltre l’aumento di spesa pubblica con grandi opere comporta solo vantaggi per poche aziende e politici, con soldi che finirebbero in Svizzera ed assunzione di extracomunitari sottopagati. Allora si dovrebbero assumere un milione di dipendenti pubblici in più, che spenderebbero e farebbero ripartire i consumi, peccato che ormai non si produce più nulla in Italia, quindi la ripartenza dei consumi sarebbe tutta a vantaggio di Stati esteri. I liberisti invece vogliono il taglio della spesa pubblica per diminuire le tasse. Questo provocherebbe un aumento di consumi ed investimenti privati che compenserebbero i diminuiti consumi pubblici con risultato a pareggio e vantaggi solo per i paesi da cui importiamo le merci, come visto sopra.
    Questo spiega l’attendismo dei vari governi degli ultimi anni: badano solo ad evitare la crisi finanziaria (lo Stato non ha soldi per pagare stipendi e pensioni) aumentando le tasse, l’aumento delle tasse provoca recessione e crollo dei consumi interni, così si evita di importare e peggiorare la situazione. Si tira a campare sperando in una ripresa mondiale, nel senso che se gli altri lavorano bene e fanno le riforme allora ricominceranno a consumare ed importare dall’Italia. In poche parole, la situazione non è risolvibile e si spera nell’esportazioni, lasciando tasse e spesa pubbliche invariate.
    Inutile dire che l’unica soluzione è l’indipendenza.

  2. Domanda a Fassina: se lui fosse olandese o tedesco avrebbe voglia di pagare la pensione di Amato, gli stipendi delle varie Minetti o quelli delle decine di migliaia di guardie forestali del “Mezzogiorno”?

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