“Volendone attribuire una parte anche significativa e maggioritaria alla Rai, perché non renderne disponibile una quota (per esempio quella recuperata dall’evasione) per le altre tv generaliste, le pay, le televisioni locali e la web tv? Capaci di produrre proposte specifiche e qualificanti, anche educational, su temi eventi o progetti di grande rilievo e di interesse generale. Potrebbe essere uno stimolo per migliorare in molti segmenti l’offerta complessiva del sistema televisivo, mettendo pubblico e privato in competizione sulla qualità dell’offerta (non solo degli eventi), riqualificando così la “tassa più odiata dagli italiani”, firmando un patto di qualità nell’interesse dei telespettatori cittadini e non solo dei telespettatori consumatori. È un’idea, parliamone”. Giovanni Minoli, che di anni in Rai ne ha trascorsi parecchi, lancia la proposta di togliere alla televisione di Stato il monopolio del cosiddetto servizio pubblico, attribuendo una parte del gettito del canone a emittenti private che offrano contenuti “di qualità nell’interesse dei telespettatori cittadini e non solo dei telespettatori consumatori”.
Minoli parte dalla constatazione che buona parte del palinsesto della Rai non ha nulla di diverso da quello delle altre televisioni generaliste, e quindi sostiene che il canone dovrebbe finanziare “proposte specifiche e qualificanti, anche educational, su temi eventi o progetti di grande rilievo e di interesse generale”.
A mio parere una redistribuzione del canone non lo renderebbe meno “odiato” dagli italiani. Al tempo stesso, chi dovrebbe stabilire quali sono i programmi che meritano di essere finanziati dal canone? Suppongo che si finirebbe per far prendere questa decisione a una commissione parlamentare, al governo o a una commissione di (pseudo)esperti nominata pur sempre da politici.
Si tratta di un atteggiamento paternalista (per non dire di peggio) che finirebbe col peggiorare la situazione. Non che da un signore che ci tiene a distinguere tra “telespettatori cittadini” e “telespettatori consumatori” mi aspettassi qualcosa di diverso, a maggior ragione se ha lavorato in Rai per decenni.
L’unica cosa che andrebbe fatta è abolire il canone e anche il servizio pubblico televisivo, smontando quel baraccone stipendificio che è la Rai e vendendola a soggetti privati. Certamente molti degli attuali dipendenti sarebbero in esubero, ma per quale motivo continuare a mantenerli con i soldi degli italiani, poco importa se derivanti dal canone o dalla cosiddetta fiscalità generale?
Io non guardo da anni la rai.
E sempre meno la tv in generale.
Sempre più insulsa, disinformativa e soporifera.
Invecchiando mi rendo conto con maggiore nitidezza, se mai ce ne fosse stato bisogno, che è tempo buttato.
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