Tra le tante stupidaggini che si sentono in questi giorni, quella che mi sembra la più stupida riguarda l’idea del reddito di base universale. Il dibattito va avanti da diverso tempo, e di solito è proposto da coloro che si preoccupano della perdita di posti di lavoro dovuti alla sostituzione di attività da parte dell’uomo con la robotizzazione. Posto che anche in questo caso si tratterebbe pur sempre di assegnare risorse a prescindere dalla partecipazione ad averle prodotte, per lo meno alcuni proponenti la considerano una misura transitoria, dato che non può essere immediata la riqualificazione professionale di chi perde un lavoro in cui l’uomo è strutturalmente sostituito dalla macchina.
Ora però la proposta del reddito di base universale viene avanzata per fare fronte all’emergenza posta dalla pandemia. E, leggendo certe affermazioni, parrebbe destinato a non essere un provvedimento transitorio. Per esempio, ecco il noto tuttologo Beppe Grillo, che una volta si limitava, tra l’altro con successo, a far ridere, e che da quando si occupa di altro fornisce, a mio parere, un motivo in più per sostenere il principio della divisione del lavoro.
“La via d’uscita da questa crisi non può essere come quella del 2008, quando si è preferito salvare le banche a discapito del popolo. E’ arrivato il momento di mettere l’uomo al centro e non più il mercato del lavoro. Per fare ciò si deve garantire a tutti i cittadini lo stesso livello di partenza: un reddito di base universale, per diritto di nascita, destinato a tutti, dai più poveri ai più ricchi.”
C’è una realtà di fronte alla quale non si può vivere nel mondo dei sogni (o incubi, a seconda dei punti di vista): le risorse reali devono comunque essere prodotte prima di essere distribuite (anche con la forza). Ne consegue che si possono creare dal nulla tutti i mezzi monetari che si vogliono e accreditarli a chiunque. Ma le risorse in qualche modo dovranno essere prodotte.
Si metta pure l’uomo al centro, purché non sia il centro del nulla.
In epoca non sospetta (ante CV19) avevo previsto questa possibilità. Non pensavo che avrei vissuto abbastanza per verificarne la fondatezza.