di GIANLUCA MARCHI
Non abbiamo alcuna presunzione sul fatto che il governatore del Veneto Luca Zaia possa averci ascoltato, ma ci piace sottolineare che lunedì, in concomitanza con l’uscita sul MiglioVerde di un editoriale in cui si invitava lo stesso Zaia a battere un colpo sul fronte del referendum per l’indipendenza del Veneto (che, ricordiamolo, è previsto da una legge regionale approvata lo scorso luglio), la Giunta regionale veneta abbia deciso di presentare opposizione dinanzi alla Corte costituzionale contro il governo di Roma che ha impugnato la legge istitutiva del referendum, in quanto ritenuta incostituzionale da Renzi e compagnia. Zaia e i suoi assessori ritengono invece che quella legge sia pienamente costituzionale. Inoltre ha finalmente comunicato il conto corrente dove verranno raccolte le contribuzioni volontarie per finanziare la consultazione. Meno male.
Non siamo davanti a un atto di “guerra”, ma è meglio del niente a cui avevamo assistito con una certa preoccupazione in questi ultimi mesi. Ci si poteva aspettare magari di più, tipo una decisione dalla forte valenza politica come per esempio l’indicazione di una data per lo svolgimento del referendum consultivo: in Catalogna, ad esempio il 9-N è una sigla che è anche un grido di battaglia. Ma forse era pretendere troppo, non dimenticando che Zaia è retto da una maggioranza dove la Lega ha a che fare con Forza Italia e Ncd, partiti all’interno dei quali non è che tutti appoggino il referendum per l’indipendenza (oddio, anche nel Carroccio non è che tutti cantino in coro!). Senza dimenticare che questa partita andrà inevitabilmente a intrecciarsi con la scadenza elettorale della prossima primavera quando è previsto il voto anche per la Regione Veneto. Certo è che, prima di allora, lo stesso Zaia – candidato quasi scontato a succedere a se stesso – sarà atteso a una presa di posizione politica decisiva a favore dello svolgimento del referendum, se non vorrà deludere tutti coloro che hanno confidato nel suo impegno affinché i veneti tutti – di un parere e dell’altro – possano esprimersi democraticamente sul proprio futuro.
Per ora il governatore leghista ha buon gioco a compiere mosse nel solco istituzionale (opporsi all’impugnatura di una legge varata dal proprio Consiglio sta in tale solco), anche perché continua a fare riferimento a quanto avverrà nel frattempo in Catalogna, dove le condizioni legal-giuridiche sono più o meno le stesse, ma il processo è qualche passo più avanti e quindi quel che accade e accadrà a Barcellona (e a Madrid) fungerà in un certo senso da apripista per ciò che dovrà avvenire in Veneto.
In Catalogna, intanto, sappiamo che il Tribunal Costitucional (l’equivalente della nostra Corte costituzionale) ha dichiarato ammissibili i ricorsi del governo di Madrid contro la consultazione referendaria e la convocazione delle urne per il 9 novembre. Formalmente i due decreti catalani sono sospesi in via cautelativa per un massimo di cinque mesi, in attesa di una decisione di merito. Ma il presidente catalano Artur Mas ha fatto sapere ieri che, se da un lato si ferma la campagna istituzionale per il referendum, dall’altro la Generalitat presenterà in tempi strettissimi richiesta di annullamento della sospensiva. Il governo catalano è convinto di poter confermare il voto del 9 novembre e sottolinea che si è sbagliato di grosso chi era convinto della fine del processo sovranista dopo la decisione del TC. In altri termini il messaggio inviato a Madrid e al premier Mariano Rajoy è stato il seguente: voi avete fatto le vostre mosse, ma noi non ci fermiamo e arriveremo al voto, perché è sacrosanto che i catalani decidano del proprio futuro. Anche perché, manco a dirlo, il bilancio dello Stato spagnolo assegna alla Catalogna una quantità di risorse che è la più bassa da 17 anni a questa parte… Come dire: volete andarvene? E io vi colpisco nel portafoglio, visto che la borsa la controllo io! Solito ragionamento centralista.
In definitiva: Veneto come Catalogna? Speriamo di sì e ci auguriamo che presto dalla laguna emerga la stessa determinazione.