di GIANLUCA MARCHI
Domani sarà comunque un giorno storico per i popoli della Vecchia Europa che aspirano alla propria indipendenza e che detestano questa Unione Europea che ha tradito i suoi padri fondatori De Gasperi, Adenauer e Shuman, abbandonando la strada dell’Europa dei Popoli per abbracciare quella dei burocrati e dei poteri finanziari. Circa 4 milioni e 700 mila scozzesi (non si era mai registrato un numero tale di cittadini che si sono iscritti nelle liste per rivendicare il diritto di voto) decideranno fra il Si e il NO all’INDIPENDENZA. Chiaro che se i SI vinceranno – come noi ci auguriamo – la spinta a far crollare gli stati-nazione originati dalla Rivoluzione francese sarà fortissima. Ma anche se dovessero prevalere i NO (gli ultimi sondaggi li danno in vantaggio di circa 4 punti), alla fine sarà comunque un “NI” perché quegli stati stanno consumandosi e il voto scozzese aprirà comunque la porta a un processo storico inarrestabile.
Esagero? Non direi proprio. D’altro canto lunedì sera bastava ascoltare gli interventi del dibattito pubblico svoltosi nello splendido scenario della sala Belvedere di Palazzo Lombardia, incontro moderato da chi scrive e organizzato dall’assessore regionale alla Cultura, la giovane leghista Cristina Cappellini. I tre relatori – lo storico e saggista Franco Cardini, il giornalista di Limes ed esperto di geopolitica Germano Dottori e il giornalista di Libero Fabio Rubini – hanno convenuto sul fatto che “nulla sarà più come prima”. Anche perché, se pure dovessero vincere i NO, al Parlamento Scozzese sarà riconosciuto un tale grado di autonomia che il Regno Unito non potrà più essere comunque quello che abbiamo conosciuto finora. E infatti i leader dei partiti unionisti britannici (maggioranza e opposizione), a cominciare dal primo ministro David Cameron, hanno firmato una dichiarazione comune dove si impegnano a riconoscere poteri straordinari al Parlamento di Edimburgo su materie che oggi fanno ancora capo a Londra.
Questo, come non manca mai di sottolineare Alex Salmond, il premier scozzese e leader dello Scottish National Party – una formazione laburista, ricordiamocelo bene qui in Italia dove la sinistra sta invece facendo esattamente il percorso inverso e antistorico, cioè il ritorno a uno Stato sempre più centralista e accentratore – è solo l’estremo e disperato tentativo degli unionisti (che guarda caso trovano molti appoggi nella stampa e nei partiti italici) di fermare un corso storico che li vede sconfitti. Come ha ripetutamente scritto l’amico Fabrizio Dal Col, lo stato-nazione, comunque lo stato unitario si è dimostrato “costosissimo”, inefficiente e ladro e quindi sono cresciute e continuano a crescere le spinte per riportare il “potere” sempre più vicino ai cittadini.
Il governo di Londra, che ha concesso questo referendum “storico” in un momento in cui gli unionisti si sentivano arci-sicuri di vincere, nelle ultime settimane ha scoperto che le cose non stavano così e che i “NO” avrebbero potuto anche vincere. Così è scattata una vera e propria campagna di “terrorizzazione” verso il popolo scozzese, prefigurando per esso catastrofi inenarrabili se sceglierà l’indipendenza. La realtà è che gli inglesi hanno il pepe al culo perché con l’indipendeza scozzese perderanno la sovranità sui pozzi petroliferi del Mare del Nord e della calotta artica, coi cui proventi, invece, gli indipendentisti vogliono creare un “fondo sovrano” sul tipo della Norvegia che ha cambiato, da trent’anni a questa parte, la vita dei nordici. Come dice ancora Salmond: “Con l’indipedenza noi scozzesi saremo tutti più ricchi. Mentre oggi una parte della mia gente è povera a causa delle politiche di Londra”. In prima linea di tale battaglia terroristica si distingue in particolare la grande finanza, la quale tenta a sua volta di salvare in extremis una UE costruita più che altro per se stessa.
Ma nulla sarà più come prima. Anche se domani vincono i no, come sostiene appunto il professor Cardini, in realtà sarà un “NI” perché quel risultato sarà stato ottenuto a condizione di devolvere tali e tanti poteri alla Scozia in misura che l’Inghilterra non si era mai neppure sognata. E dopo la Scozia è già pronto il Galles a rivendicare più autonomia.
E poi, oltrepassando la Manica, sarà il tempo della Catalogna, dei Paesi Baschi, della Galizia. In Francia dei Corsi e dei bretoni, anche se c’è da chiedersi cosa faranno a quel punto i catalani-francesi del Sud della Francia. Quindi l’Italia con il Veneto e il Sud Tirolo in prima linea, la Sardegna e, si spera, anche la Lombardia. Le Fiandre in Belgio. E, badate badate, tali sommovimenti stanno attraversando persino la Baviera e se il vento autonomista/indipendentista arriverà anche a Monaco, allora potremo dire che questa insopportabile, insignificante e meschina Europa è proprio saltata per aria.
Dunque, nessuno si abbatta, fra gli indipendentisti, se domani in Scozia prevarranno gli unionisti, perché, come dicono i miei amici catalani, “Ara ès l’hora”. ADESSO E’ L’ORA!!!
con la speranza che gli inglesi non conoscano il detto “avuta la grazia, gabbato lo santo”!!!!!