Non sarà un’altra Emilia. Nella fu terra rossa la Lega Nord ha raccolto quasi il 20% dei voti diventando il primo partito di opposizione. In Veneto la partita è diversa: si gioca per la conquista del governo regionale e la conferma di una maggioranza a forte traino Carroccio. La “Lega Pound” di Matteo Salvini dovrà fare i conti con la Liga Veneta, storicamente “la madre di tutte le leghe”, e con i suoi uomini. Personalità che, senza nulla togliere all’emiliano Alan Fabbri, hanno altro pelo e peso politico rispetto a uno sconosciuto ingegnere che suona il basso. C’è il sindaco di Verona, Flavio Tosi, con la sua volontà di affermazione nel centro-destra nazionale. E poi c’è Luca Zaia, governatore uscente ricandidato a furor di popolo. La regione, per la prima volta, è contendibile dal centro-sinistra che schiera l’eurodeputata Alessandra Moretti. Ma le elezioni di primavera saranno, prima di tutto, un banco di prova per il segretario in felpa.
«Salvini non avrebbe nessun interesse a commissariare la Lega veneta», spiega a pagina99 Fabio Venturi. L’ex vicepresidente della provincia di Verona e delfino del sindaco Tosi si dice sicuro che, alla fine, un accordo sulle liste verrà trovato. Una questione tecnica che serve a capire il gioco di potere in atto a Nordest: il presidente uscente Zaia si presenterà al voto con due formazioni, una leghista e una personale, la cosiddetta Lista Zaia. L’obiettivo è duplice: da un lato sfruttare la popolarità riconosciutagli come amministratore (secondo i sondaggi sarebbe 15-20 punti avanti rispetto agli oppositori), dall’altra piazzare i suoi uomini nel prossimo consiglio regionale. Va da sé che lo stesso ragionamento lo fa Tosi: anche il segretario regionale della Liga vorrebbe una sua lista. Che dietro le etichette ci sia altro, lo dimostra un precedente, una sorta di peccato originale. Anno 2010, la Lega deve scegliere se candidare come governatore Zaia o Tosi. Alla fine si trova l’intesa: il trevigiano presidente (sarà eletto con il 60% di voti alla coalizione), ma alla sanità va un assessore esterno, Luca Coletto, già definito dal sindaco di Verona un «amico fraterno». In pratica, da dieci anni a questa parte, Tosi continua a sorvegliare la spesa sanitaria veneta: nel 2005 l’ex doge Giancarlo Galan lo nominò al vertice dell’ambito assessorato e ancor oggi, nonostante la sua dipartita per Verona, quella poltrona è controllata dai suoi uomini.
La voce sanità in Veneto nel 2008 valeva 7,5 miliardi di euro (oggi circa 8,5), il 70% del bilancio. Non bruscolini. Nello scontro con Tosi-Zaia, non manca il terzo incomodo, l’altro uomo forte sul territorio: lo “sceriffo” di Padova Massimo Bitonci. Che non disdegnerebbe di mettere qualcuno dei suoi in consiglio regionale. «Del resto», dice il sindaco a pagina99, «alle amministrative la mia lista civica ha raggiunto da sola il 19%». Ma, fedele alla linea, aggiunge: «Deciderà Zaia, mi metto a disposizione del partito». Con Verona, Bitonci ha appena cominciato una singolare battaglia a suon di cavalli, vino e biciclette. Il nodo del contendere sono le fiere: il Comune scaligero organizzerà un’esposizione dedicata alle due ruote quasi in concomitanza con la più rinomata Expobici di Padova. Per tutta risposta la città del Santo ha in programma due nuove manifestazioni: una sugli equini, che sfida la Fieracavalli veronese, e una enologica, per creare un’alternativa al Vinitaly. Scaramucce campanilistiche, si dirà. Ma è proprio in questo marasma di correnti e interessi che il segretario Salvini dovrà cercare di trovare una sintesi.
Dietro l’angolo si profila uno scontro con Tosi che, memore dell’accordo del Pirellone con Salvini e Maroni di un anno fa, vuole proporsi come candidato della Lega alle prossime, ed eventuali, primarie del centro-destra. Per farlo il sindaco ha costituito la fondazione Ricostruiamo il Paese. L’obiettivo? Proporsi come rappresentante credibile per tutta l’area moderata che, in Forza Italia e nel Nuovo Centrodestra, non trova più un leader. «Il nocciolo è proprio questo: l’eccessivo scostamento a destra di Salvini farà del bene alla coalizione di centro-destra?», si chiede il politologo Paolo Feltrin. E a pagina99 aggiunge: «Se in Veneto Forza Italia arrivasse al 10%, l’area leghista dovrebbe prendere il 30-31% per assicurarsi la vittoria. Non è così scontato che ci riesca». La partita è aperta. Lo sanno bene anche Renzi e Moretti, alias Lady Like. Si gioca in Veneto ma riguarda tutta l’Italia. Con buona pace degli indipendentisti.