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Renzi è lo tsipras di rignano, sbraita con l’ue per fare il duro

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tsiprasdi MATTEO CORSINI

“Non saranno dei vincoli europei a mandare l’Italia per la terza volta in recessione”. Durante il suo tour per le feste dell’Unità, Matteo Renzi, alla disperata ricerca di consenso per il referendum costituzionale di novembre, deve fare i conti con un quadro di finanza pubblica compromesso da un’economia che ristagna.

Non che la cosa fosse imprevedibile: come spesso accade, il Documento di Economia e Finanza redatto pochi mesi fa contiene previsioni governative decisamente ottimistiche sull’andamento delle variabili economiche, il modo tale da abbassare, in prospettiva, i rapporti deficit/Pil e debito/Pil. Dopodiché il copione prevede che, quando i dati reali risultano parecchio peggiori di quelli previsti dal governo e i conti non tornano, si inizi a chiedere “flessibilità” alla Commissione europea, ossia l’autorizzazione a fare maggior deficit.

E così, per il 2017 il governo si era inizialmente impegnato a portare il deficit all’1.1% del Pil, salvo poi chiedere “flessibilità” fino all’1.8% (questo è successo in primavera 2016, mica sei anni fa). Adesso pare che Renzi voglia chiedere almeno un altro mezzo punto di Pil di deficit. Nel frattempo il debito pubblico aumenta in valore assoluto e non diminuirà in rapporto al Pil, nonostante fino a ieri Padoan ripetesse come un disco rotto il contrario, negando una realtà sempre più evidente.

Ci è perfino toccato sentire che sulla frenata del Pil nel secondo trimestre avrebbe inciso la Brexit. Cosa abbastanza singolare, dato che l’evento non era atteso (l’esito del referendum ha contraddetto le previsioni e i sondaggi) e, soprattutto, che si è verificato a una settimana dalla fine del trimestre. Oltre tutto, considerando l’interscambio con il Regno Unito, il sistema economico italiano dovrebbe essere meno impattato di quello di altri Paesi europei, che pure non hanno subito una frenata come quella italiana.

Ma Renzi fa la voce grossa: “Fino all’ultimo negozieremo per avere più margine possibile senza entrare in procedura, se poi decidono di aprirla sono loro a correre un grosso rischio.”

In pratica mi pare che se la voglia giocare più o meno così: adesso chiede “flessibilità”; se non gli viene concessa, deve fare una manovra correttiva senza mance (o con meno mance), quindi il rischio di perdere al referendum aumenta; se perde al referendum e cade il suo governo, il Paese va nel caos, magari con la prospettiva di un governo M5S. Quindi a Merkel e colleghi conviene concedere la “flessibilità” senza fare tante storie.

Posto che, a mio parere, non è facendo più deficit che si risolvono i problemi, il tono di Renzi mi ricorda un po’ quello del greco Tsipras a inizio 2015. Sappiamo come è andata a finire.

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