- Dante Olivieri è stato un linguista veneto nato a San Bonifacio (Vr) nel 1877; si è laureato all’Università di Padova con una tesi sui toponimi veneti, ancor oggi rimane fondamentale il suo volume “Toponomastica veneta”; circa un secolo fa stampò un prezioso volumetto, un sussidiario come si chiamava allora, “per le scuole medie e le persone colte”, intitolato “Vita ed anima del popolo veneto”.
- Ripeto siano attorno al 1920, prima della famigerata riforma Gentile, la riforma scolastica che Mussolini definì “La più fascista delle riforme”, ispirata al concetto “Un popolo, una storia, una lingua” che assestò un colpo durissimo allo straordinario patrimonio di lingue, di culture, di storie, di identità che caratterizzavano l’espressione geografica chiamata Italia.
- Vale la pena di soffermarsi sul titolo “Vita ed anima del popolo veneto”, evidentemente un concetto che era già presente nella testa, nella mente e nel cuore della nostra gente, altro che “invenzione recente” come cercano disperatamente di far passare pseudo intellettuale italiota e veneti …
- E nell’introduzione vengono sottolineati alcuni concetti di straordinaria importanza e attualità … vediamoli.
- “Il popolo veneto, oltre che per il dialetto, anche per i suoi caratteri fisici e morali, e quindi per l’insieme delle sue tradizioni ed usanze, e per tutte le vestigia del passato che in sé conserva, è senza dubbio ancor oggi fra i meglio definiti, o, vorremmo dire, individuati d’Italia. Non che manchino neanche in esso differenze di qualche importanza, specialmente fra le popolazioni montanare e quelle della pianura, e fra tutti’e due e gli abitanti dell’estuario adriatico; nonché fra gli abitatori delle città più progredite, e quelli delle più solitarie campagne; ma tali differenze non impediscono certo che, nelle manifestazioni del loro spirito, tutte le popolazioni delle Venezie non sappiano dimostrare i tratti caratteristici propri: come una inesausta bonarietà, un vivo attaccamento alla terra natia, un senso pratico acuto, un sano amore alla famiglia, un’arguzia gustosa, e spesso frizzante e mordace. Questi caratteri saranno facilmente rilevati, noi pensiamo, dall’attento lettore del nostro libretto, specialmente in quella parte, che è la più rilevante, in cui è raccolta ed ordinata la scelta di canti, di leggende, e di tutto l’altro corredo della letteratura popolare, che ci siamo studiati di metter insieme.”
- Particolarmente interessante il capitolo a quella che l’Olivieri chiama “L’entrata di Marzo”:
- “L’entrata di Marzo è salutata con gioia, nelle campagne e sui monti, come quella che segna l’approssimarsi della primavera. Ma una volta era più comune di ora il -mover incontro a Marzo-, o bater Marzo. Per tutti i tre ultimi giorni di febbraio, i ragazzi andavano per i paesi gridando “fora Febraro, che Marzo xè qua”, e facendo una musica indiavolata; oppure accendevano in gran falò o si fermavano davanti a una casa, intrecciando, con la lode del Marzo, allusioni a giovani che volevano indicare come fidanzati: come, per esempio. Ad Arcole, nel Veronese:
- Intra Marzo su questa tera.
- Marzo, marzo sia!
- Le pegore e ‘l monton va a l’ombria,
- El pastore va in montagna
- A tor la calzina,
- Per fabricar ‘na bela palazzina,
- Per meterghe drento la sposa novela,
- Ci ela, ci no ela ?
- e qui facevano un nome
- Ci gh’enti da dar ?
- Bati Marzo, Brusa Marzo riti arcaici che si perdono nella notte dei tempi…
- Riti che nel Veneto assumono un significato particolare visto che il primo marzo è sempre stato considerato nella storia della Repubblica Veneta il capodanno veneto; nei documenti e nei libri di storia si trovano le date relative ai mesi di gennaio e febbraio seguite da “more veneto” per sottolineare questa peculiarità veneta: incominciando l’anno veneto il primo di marzo, gennaio e febbraio erano gli ultimi mesi dell’anno passato (si veda, come esempio, la data del comunicato).
- Il capodanno veneto originariamente era stato fissato al 25 marzo, giorno della fondazione di Venezia (421), per i credenti giorno dell’annunciazione del Signore, e, secondo una leggenda greca, giorno della creazione del mondo; in un secondo tempo fu anticipato al primo marzo per comodità di calcolo.
- Emblematico quanto successe il 9 marzo 1510 nel luogo ove adesso sorge il Santuario della Madonna dei Miracoli a Motta di Livenza (Tv), la Madonna apparve a un contadino del posto e gli disse “Bon dì e bon ano!”
- Un altro tassello della nostra storia e della nostra identità che va valorizzato, anche per onorare il Serenissimo Bepin Segato che più di ogni altro si era impegnato per riproporre questa festa.
- Recentemente è stato festeggiato in diverse città venete il capodanno cinese (è l’anno del Maiale) ; così come il 5 febbraio gli amici tibetani hanno festeggiato il loro capodanno (Losar) e per tutti noi è stato un momento per ribadire la nostra solidarietà alla nazione del Tibet vergognosamente calpestata dalla Cina; non parliamo poi delle ricorrenze e delle celebrazioni di altri popoli, di altre religioni (si pensi solo al Ramadan): ma nel Veneto del futuro ci sarà spazio anche per i Veneti ?
- E allora … “Viva San Marco!” per ricordare e festeggiare l’arrivo del nuovo anno veneto.
Ettore Beggiato