David Sassoli, presidente del Parlamento europeo ed esponente del PD, appartiene al vasto gruppo di coloro che, a sud delle Alpi, individuano la soluzione a tutti i problemi nella formula “ci vuole più Europa”, il cui corollario sembra poi essere che l’Europa deve dare soldi al governo italiano, magari facendoli prima stampare dalla BCE.
Per di più, il debito pubblico contratto in tempo di pandemia andrebbe cancellato con un tratto di penna. E vissero tutti felici e contenti (forse). Secondo Sassoli, la situazione è delicata:
- “Ci sono disperazione e miseria, iniziano ad aprirsi crepe sociali: quanto deciso fin qui è di estrema importanza e caratterizzerà l’Europa nei prossimi anni. Adesso però dobbiamo avviare una grande riforma per dare più governo e più sovranità all’Unione.”
Sassoli non spiega perché, ma chi parla per mantra quasi mai lo fa. L’importante, comunque, è rimandare il più possibile la reintroduzione di un minimo di regole fiscali, perché, “ha ragione Paolo Gentiloni quando sostiene che è inutile pensare di riattivare il Patto di Stabilità prima del 2023. Non possiamo permetterci un ritorno brusco di quelle regole prima che i paesi abbiano recuperato la crescita persa durante il Covid. Distruggeremmo l’inizio della ripresa.”
Qui Sassoli sembra mandare a memoria la lezione appresa dal bignami di keynesismo peninsulare, in base alla quale il momento di mettere a posto i conti non arriva mai: oggi bisogna contrastare la crisi, domani non bisogna tarpare le ali alla ripresa. Suppongo che anche il 2023 tra non molto sembrerà un momento prematuro per cercare di contenere il deficit. E a chi gli fa notare che i debiti nazionali potrebbero diventare ingestibili, Sassoli risponde:
- “Abbiamo bisogno che tutti gli Stati membri s’impegnino in riforme fiscali coordinate a livello europeo, in modo da sviluppare politiche redistributive. Molti combattono con la povertà, ma altri hanno guadagnato dalla crisi. Il contributo dei privilegiati è importante per ridurre le diseguaglianze.”
Qualcosa mi dice che la redistribuzione ideale per Sassoli dovrebbe concretizzarsi con un flusso aggiuntivo di risorse che da nord attraversi le Alpi in direzione Roma. Il presidente dell’Europarlamento ce l’ha con i tax ruling e invoca non meglio precisate “riforme fiscali coordinate a livello europeo”, una formula che in me ha sempre generato il sospetto che si tratterebbe di rendere inferni fiscali all’italiana quelli che adesso sono considerati paradisi fiscali europei.
Arriva, poi, il tema del momento, ossia la cancellazione dei debiti contratti dai governi per rispondere al Covid.
- “È un’ipotesi di lavoro interessante, da conciliare con il principio cardine della sostenibilità del debito. Nella riforma del patto di stabilità dovremo concentrarci sull’evoluzione a medio termine di deficit e spesa pubblica in condizioni di crisi e non solo ossessivamente sul debito.”
Anche in questo caso la formula usata da Sassoli non è particolarmente chiara, ma direi che se il debito è cancellato o reiteratamente monetizzato diventa sostenibile per definizione. Il problema però si sposta sulla tenuta del sistema monetario.
Infine, preso atto che nessuno vuole chiedere prestiti al Mes nonostante la riduzione delle condizionalità associate alla linea di credito istituita per contrastare la pandemia, Sassoli indica la via:
- “Dobbiamo essere pragmatici, ma dobbiamo anche dire che di fronte alla sofferenza che vediamo in tutti i paesi lasciare nel congelatore 400 miliardi sarebbe intollerabile. Per rendere utile il Mes serve discontinuità: è necessario riformarlo e renderlo uno strumento comunitario, non più intergovernativo”.
In pratica, “sarebbe governato dalla Commissione europea in base a norme comuni e non più dalle logiche dei governi, in cui prevalgono quelle dei più forti. Dobbiamo ragionare con una mentalità nuova. Non solo sul Mes, ma più in generale sulla governance dell’Unione, che va riformata.”
E come andrebbe riformata l’Europa? Con un evergreen dei progressisti: “eliminare il diritto di veto in capo ai singoli governi, uno strumento anacronistico in quanto al giorno d’oggi servono decisioni rapide, anche a beneficio dei cittadini e degli stessi governi. Servono nuovi trasferimenti di competenze, ovvero di poteri, dagli Stati nazionali all’Unione.”
In pratica Sassoli vorrebbe che la Commissione diventasse un vero e proprio governo europeo, con nuovi trasferimenti di poteri verso Bruxelles. Supporre che in quel caso non prevarrebbero gli interessi dei governi più forti a me pare del tutto irrealistico, così come sono convinto che allontanare il potere decisionale dalla periferia al centro vada nella direzione contraria a quella che dovrebbe essere intrapresa se si avesse a cuore la libertà degli individui.
Ma il punto è proprio questo: non è la libertà degli individui la cosa che sta più a cuore agli europeisti senza se e con pochi ma.
Che ce frega, “Après moi le déluge”. Tanto, si sa, “nel lungo periodo saremo tutti morti”: eurocalcio al barattolo