Su l’Espresso dell’11 Ottobre 1959, Eugenio Scalfari scriveva: “Il cavallo sovietico si trova ormai a poche incollature di distacco dal cavallo americano e l’esito della corsa è diventato quantomai incerto. Chi vincerà? (…) Se il nuovo piano settennale verrà attuato (e non c’è ragione che non lo sia, visto che esso prevede dei tassi di sviluppo inferiori a quellli fin qui effettivamente realizzati), nel 1965 le distanze tra i due massimi contendenti saranno ridotte al minimo e in alcuni settori essenziali saranno addirittura scomparse. Nel 1972 l’Urss sarà addirittura passata in testa non soltanto come potenza industriale, ma anche come livello di vita medio della sua popolazione (…) Tutti i vecchi luoghi comuni della maggiore efficienza dell’iniziativa privata e dell’enorme sperpero di ricchezza che inevitabilmente s’accompagna al collettivismo, cadono come castelli di carta di fronte ai risultati raggiunti in quarant’anni dall’economia sovietica”. Figuratevi se poteva azzeccarci, ma uno che scriveva certe cose, in Italia non poteva che fare una grande carriera.
Ventitré anni dopo, correva il 1982, il giornalista, e socialista, Eugenio Scalfari venne chiamato a scrivere, sempre per l’Espresso, un saggio che raccontasse un pezzo di “Storia della Repubblica”, un saggio in punta di penna, da inserire niente po’ po’ di meno che nella “Enciclopedia politica dell’Italia”. Roba pesante, a futura memoria. Gli chiesero di raccontare il “miracolo economico”, quello che cominciò nel primissimo dopoguerra e che caratterizzò – successivamente, i mitici Anni Sessanta, fatti di tanto lavoro, ma anche di “Bella vita” e utilitarie di massa, di elettrodomestici e rock ‘ roll, due decenni di fabbrichette che spuntavano un po’ dovunque tra il nord-est ed il nord-ovest padano, fin giù nella grassa Emilia. 1982, l’anno in cui l’Italia vinse i mondiali. C’era euforia… lo stivale aveva davanti un decennio a tutto gas, nel segno un po’ di Ronald Reagan e un po’ di Margareth Thatcher. Finalmente, il “Belpaese” aveva buttato dietro le spalle quei pesantissimi Anni Settanta, fatti di piombo, contestazioni e “conquiste sociali”.
Il “Barbapapà” dei profeti de noantri intitolò il suo scritto “La lira vince l’Oscar della moneta”.
Perché riprendo questa? Intanto, perché lo conosce quasi nessuno, dopodiché perché rileggerlo diventa di estrema attualità in questi tempi di recessione, tempi bui in cui lo stesso Scalfari che trent’anni fa prendeva atto che il boom economico andava ascritto alle poche leggi, alla poca burocrazia e al poco interventismo statale, ebbene oggi – con i suoi sermoni domenicali su “la Repubblica” – ci trita le gonadi per ricordare che l’evasore è un ladro, che l’evasore va combattuto, che l’evasore è un parassita, che il contante è un male, che viva i raid di Cortina (facendo compagnia ai liberisti del Fare).
Perdinci, ma di quali perle omaggiava i lettori di allora il fondatore di “Repubblica”? Riportiamo:
“Le caratteristiche del neocapitalismo, come si realizzò da noi in quei dieci anni a cavallo tra i Cinquanta e i Sessanta furono in breve i seguenti”. Scalfari ne cita 5 (vi invito a leggere gli altri quattro nei 3 documenti che vi allego sotto, ovvero l’articolo originale), ma quello che interessa di più a me è terzo: “Il sistema fiscale offriva larghissime possibilità di evasione. Le imposte personali sul reddito e quelle sugli utili d’impresa incidevano assai poco sulla materia imponibile. Del resto lo stesso volume della pubblica spesa, in percentuale rispetto al prodotto nazionale lordo, era ancora ristretto entro livelli tollerabili. La pompa aspirante del tesoro faceva ben modesta concorrenza alla domanda di capitali da parte dei privati, se confrontato con quanto avvenne poi ed avviene tuttora”.
Letto bene? Scalfari – che lungo tutte e tre le pagine pubblicate a sua firma plaude alla ritrovata ricchezza dell’Italia – ci ricorda che l’evasione fiscale fu uno dei fattori della crescita, del benessere, dello sviluppo!
Sfrucugliando fra le sue articolesse, vi riporto una citazione tra le tante di questo “profeta dei radical-chic” della Repubblica italiana: “La lotta all’evasione può dare risorse e può far diminuire la pressione fiscale”. Non l’ho mai amato come personaggio, ma lo preferivo quando elogiava l’evasore.
Grazie Leo per averci ricordato in questo tuo puntuale articolo su Scalfari una verità indiscutibile: fu grazie a questi due fattori – tasse basse, evasione alta – che gli italiani realizzarono il miracolo economico e si arricchirono, passando in pochi anni dalla miseria nera al benessere.
Di recente addirittura un vicepresidente della Corte Costituzionale, Luigi Mazzella, in un libro edito da Mondadori (Di debole costituzione) ha scritto che il boom economico del dopoguerra si ebbe essenzialmente grazie all’elevata evasione fiscale.
Oggi che le tasse sono altissime e l’evasione impossibile, gli italiani stanno finendo in miseria. Lo Stato, o meglio la casta politico-burocratica, gli sta divorando le case e i risparmi che avevano accumulato nei decenni passati.
Grazie a te Guglielmo, per l’ennesima informazione aggiunta a questo articolo.