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Schlein, hanno scelto lei. Se questo è il rinnovamento…

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di MATTEO CORSINI

Alla vigilia delle primarie per eleggere il nuovo segretario del PD, il Sole 24 Ore ha intervistato i due candidati, Stefano Bonaccini ed Elly Schlein. Da quest’ultima, che poi ha vinto e dovrebbe rappresentare una svolta all’insegna del rinnovamento, a me pare giungano soprattutto proposte molto in linea con il conformismo di quella parte di sinistra, non solo italiana, composta da persone mediamente benestanti e dalle posizioni relativamente sicure, che ritengono se stessi migliori degli altri, aspirando quindi a decidere cosa sia bene per tutti, imponendolo anche a chi la pensa diversamente.

Il tutto, peraltro, in termini abbastanza vaghi. Per esempio, in merito al mantra dello “sviluppo sostenibile”, Schlein dice:

  • “Parlare di sviluppo sostenibile vuol dire che la vera sfida è costruire un’economia più giusta e sostenibile, che migliori il benessere delle persone, che sconfigga la povertà e preservi il futuro del pianeta. Le imprese devono essere protagoniste di questa sfida. E noi vogliamo essere al fianco delle imprese che investono e innovano, che creano lavoro stabile e di qualità, che rispettano l’ambiente e scommettono sull’economia circolare. Con politiche industriali e politiche attive del lavoro che ci permettano di cogliere le opportunità della doppia conversione ecologica e digitale e sostengano le imprese che dovranno riconvertirsi. Con una riforma fiscale che alleggerisca il carico su chi fa impresa e semplifichi procedure e adempimenti.”

In pratica, un passaggio a un Eden in cui gli uccellini cinguettano e tutta l’economia è circolare. MI pare che sia più semplice da dire che da fare, a prescindere da come uno la pensi. Ovviamente il richiamo al Pnrr non può mancare:

  • “Abbiamo bisogno di una legge sulla rappresentanza per valorizzare la buona contrattazione e spazzare via i contratti pirata, e di leggi sul salario minimo e sull’equo compenso per i professionisti. E servono politiche attive più efficaci, attuando il programma finanziato dal Pnrr. Quanto al reddito di cittadinanza, il governo Meloni sta facendo la guerra ai poveri anziché combattere la povertà: è uno strumento essenziale, non va abolito ma piuttosto migliorato.”

In pratica, meno flessibilità e mantenimento del reddito di cittadinanza, ovviamente “migliorato”. Come, non si sa. Quanto al fisco:

  • “Il fisco che vogliamo aiuta chi lavora e chi fa impresa, contribuisce alla transizione ecologica e redistribuisce il reddito e la ricchezza per ridurre le disuguaglianze. In una riforma fiscale complessiva anche il tema dei grandi patrimoni deve essere affrontato in un’ottica redistributiva, a partire dall’allineamento della tassa sulle successioni e donazioni al livello degli altri grandi Paesi europei.”

Come da tradizione piddina, il confronto con gli “altri grandi Paesi europei” va fatto solo quando gli altri hanno aliquote superiori. Nei tanti casi in cui sono inferiori, o in cui certi balzelli neppure esistono, guai a guardare a cosa accade oltre le Alpi. Viene poi un argomento che a me sta particolarmente a cuore, e che rappresenta il peggio dell’approccio ideologico e paternalistico dell’ambientalismo sisnistrorso europeo. Dice Schlein:

  • “Dai trasporti viene un quarto delle emissioni di Co2 e de-carbonizzare il sistema della mobilità è essenziale per raggiungere gli obiettivi che l’Europa ha stabilito per il 2030 e il 2050. È per questo motivo che noi abbiamo votato a favore dello stop al 2035. Non ci sfuggono le complessità e le ricadute di questa scelta, ma pensare di affrontare questi nodi rivendicando deroghe o un po’ di tempo in più è un’illusione. Abbiamo dodici anni di tempo: dobbiamo utilizzarli mettendo in campo qui e ora un grande piano industriale verde, che aiuti le imprese e i lavoratori della parte dell’automotive più legata alla tecnologia tradizionale a riconvertirsi. Servono risorse, competenze, innovazione e visione.”

Il problema è che il parco auto non è responsabile se non in minima parte delle emissioni (meno del 2% in Europa), quindi si sta sfasciando un intero settore con un approccio ideologico e dirigista, che non si limita a fissare obiettivi, bensì anche a imporre il modo di raggiungerli. Il tutto senza tenere in minima considerazione non solo la effettiva domanda di mercato (che, evidentemente, per un paternalista deve essere corretta quando ritiene sia sbagliata), ma anche delle persone competenti in materia, che segnalano da tempo i grossi danni collaterali di questo talebanesimo ecologista.

Schlein crede probabilmente che dodici anni siano tanti e, leninisticamente, immagina che sia sufficiente parlare di “grande piano industriale verde” e fare un po’ di formazione per convertire chi lavora nel settore, omettendo per di più di dire che, anche a parità di volumi prodotti, servirebbero meno persone di quelle necessarie a costruire un’auto con motore endotermico. Ma il fatto è che, dati i costi attuali, se non cambiano le cose l’auto sarà un bene inaccessibile a molti degli attuali proprietari.

Dice che “servono risorse, competenze, innovazione e visione”. Per le prime, suppongo che un mix di debito e randellate fiscali ai ricchi (che per la sinistra italiana storicamente sono tali a partire da 35-40mila euro di reddito lordo annuo) siano considerate la soluzione.  Le competenze sono sempre necessarie, ma nel decidere di calare dall’alto i tempi e le modalità di questa transizione non mi pare si sia dato grande ascolto alle persone competenti. L’innovazione non può essere fatta per legge.

Quanto alla visione, credo ci sia sempre sa preoccuparsi quando qualcuno vuole imporre la propria mediante mezzi politici e non cercare di conquistare i consensi mediante i mezzi economici del mercato.

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