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Scozia, inchiesta sul referendum che gli indipendentisti vorrebbero

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di REDAZIONE

Il governo britannico è stato avvisato che un referendum sull’indipendenza della Scozia dal Regno Unito è una “questione di quando e non di se”.

Il primo ministro scozzese Nicola Sturgeon lo ha detto al primo ministro britannico Boris Johnson in una telefonata dopo che il suo Partito Nazionale Scozzese (SNP) ha vinto la sua quarta elezione consecutiva.

La leader dell’SNP ha detto che un secondo referendum sull’indipendenza dal Regno Unito sarà inevitabile non appena la Scozia sarà sulla via del recupero dalla pandemia.

Perché ora?

La promessa di indire un nuovo referendum sull’indipendenza della Scozia in caso di vittoria alle elezioni era uno dei punti del programma elettorale dell’SNP. Il partito si è assicurato 64 seggi su 129 nel parlamento scozzese, uno in più che nelle elezioni precedenti, ma uno in meno di quello che sarebbe stato necessario per ottenere la maggioranza. I Verdi hanno ottenuto 8 seggi, garantendo comunque agli indipendentisti la maggioranza in parlamento.

Sturgeon ha sostenuto che l’attenzione del suo governo è attualmente concentrata sulla lotta contro la pandemia, ma allo stesso tempo ha garantito che la promessa di indire un nuovo referendum diventerà realtà nei prossimi anni.

Stando agli esperti la premier scozzese è ora vincolata a quella promessa. “Non c’è modo che Nicola Sturgeon possa sfuggirle – ha detto il politologo John Curtice a Euronews -. Le elezioni hanno creato una maggioranza schiacciante a favore dell’indipendenza e le persone che sono a favore dell’indipendenza sono in modo schiacciante a favore di un referendum. Quindi non c’è modo che lei possa evitare di portare avanti la questione”.

Perché gli scozzesi sono divisi sull’indipendenza?

Ci sono una serie di argomenti pro e contro l’indipendenza scozzese. Negli ultimi anni la Brexit ha contribuito ad infiammare il dibattito. Per anni gli indipendentisti hanno sostenuto che lasciare l’Unione europea avrebbe garantito alla Scozia più potere decisionale. Ma più del 62% degli scozzesi ha votato contro l’uscita dall’UE.

Ora la spinta a rientrare nell’UE come paese indipendente è diventata un grido di battaglia per il movimento pro-indipendenza. Altri argomenti a favore sono che l’indipendenza darebbe alla Scozia un maggiore controllo sull’economia e la spesa del paese, così come sulle risorse nazionali, in particolare il petrolio. Ma l’indipendenza economica può essere un’arma a doppio taglio.

“Le argomentazioni degli anti-indipendenza sono state articolate molto male – ha detto il politologo Michael Keating -. Sono motivi quasi interamente economici, ovvero che la Scozia dipende dal Regno Unito e il Regno Unito fornisce un mercato più grande per i beni scozzesi. Fondamentalmente è tutto qui”.

Ci sono anche preoccupazioni su come la Scozia potrebbe sostenere il suo livello di spesa pubblica senza aumentare le tasse, e anche su quale sarebbe la valuta da utilizzare. I Remainers sottolineano anche i legami storici della Scozia con il resto della Gran Bretagna.

Quando avrà luogo il referendum?

Sturgeon ha chiarito che la tempistica di qualsiasi futuro referendum dipenderà in gran parte da come si evolverà la pandemia. Il processo potrebbe essere avviato già all’inizio del prossimo anno, se la situazione sarà sotto controllo.

Per andare avanti con un secondo referendum, la Scozia avrebbe bisogno prima del via libera del governo britannico. Per farlo, la Scozia dovrebbe richiedere formalmente un ordine della Sezione 30 ai sensi dello Scotland Act.

La Sezione 30, lo stesso meccanismo usato per lanciare il referendum sull’indipendenza scozzese del 2014, permette al governo britannico di trasferire temporaneamente il potere di legiferare su un referendum al parlamento scozzese. Se la richiesta verrà rifiutata, Sturgeon ha già dichiarato che porterà avanti in ogni caso il disegno di legge ed è pronta a sfidare in tribunale il governo britannico.

Il governo scozzese ha già introdotto un progetto di legge sul referendum a marzo. Se fosse fosse approvato in parlamento, il referendum diverrebbe obbligatorio. Sturgeon non esclude la possibilità che il testo arrivi sui banchi del parlamento scozzese all’inizio del prossimo anno.

Se la Scozia seguisse questa strada, tuttavia, il governo britannico potrebbe portare la questione alla Corte Suprema, che potrebbe bloccare il disegno di legge.

Il governo britannico interverrà?

Il premier britannico Boris Johnson ha già messo in chiaro la sua posizione, bollando come “irresponsabile e sconsiderato” qualsiasi discorso di “spaccare il nostro paese” durante la pandemia. Johnson ha invitato Sturgeon ad un incontro dopo la sua vittoria elettorale, ribandendo che “lavorare insieme” resta la migliore opzione per gli scozzesi.

Il premier non ha detto se il governo britannico andrebbe in tribunale, ma in caso di muro contro muro il governo britannico avrebbe anche altre carte da giocare. La dottoressa Kirsty Hughes, direttrice del Centro scozzese per le relazioni europee (SCER), ha detto a Euronews che il governo potrebbe semplicemente cambiare la legge a Westminster in modo da rendere chiaramente illegale il referendum.

Hughes, tuttavia, ha notato che in recenti interviste il ministro del Gabinetto Michael Gove ha chiarito che il Regno Unito è un’unione volontaria, lasciando intendere che la Scozia potrebbe uscirne se lo volesse.

“Ha detto così perché non vuole che la stampa scozzese scriva in prima pagina che questa è un’unione forzata – ha detto Hughes – ma se dici che è volontaria e non permetti un referendum, allora devi mettere in conto critiche e reazioni avverse”.

Sturgeon ha già messo in guardia il Regno Unito dal bloccare il referendum in tribunale, sostenendo che sarebbe “oltraggioso” per Downing Street intervenire contro la volontà del popolo scozzese. Per il politologo John Curtice chiedere alla Scozia di abbandonare i piani per un secondo referendum sarebbe “l’equivalente di chiedere a Boris Johnson di abbandonare la Brexit. Non si può”.

“La cosa cruciale a questo punto per un governo non è quello che pensa la società nel suo complesso – sottolinea Curtice -. È ciò che le persone che ti hanno votato si aspettano che tu faccia”.

Gli scozzesi potrebbero tenere un referendum in stile catalano?

La spinta della Scozia per l’indipendenza ha spinto molti a fare paragoni con la lotta della Catalogna per l’indipendenza dalla Spagna. Nell’ottobre 2017, in occasione del referendum indipendentista catalano organizzato senza l’autorizzazione di Madrid, ci furono violenti scontri con la polizia. In seguito l governo spagnolo sciolse il governo regionale della Catalogna.

Da allora ci sono state proteste annuali per il contrastato referendum sull’indipendenza, con la disputa che rappresenta la più grande crisi politica del paese da decenni. Ma anche se il governo britannico dovesse bloccare un secondo referendum in Scozia, l’SNP non ha lasciato intendere che seguirebbe la via catalana.

Sturgeon ha sostenuto che intende seguire il processo legale per il riconoscimento internazionale dell’indipendenza scozzese, che richiederebbe l’accordo del Regno Unito. Se il disegno di legge scozzese fosse bloccato da un tribunale, il governo scozzese potrebbe tenere un referendum “consultivo”.

Alla fine, sottolinea Hughes, se la Scozia vuole il riconoscimento internazionale come stato indipendente, ha bisogno di un accordo con la Gran Bretagna. “Non credo che andrà nello stesso modo della Catalogna con Nicola Sturgeon come primo ministro”.

Allo stesso tempo la direttrice del SCER non pensa che il governo britannico risponderebbe con la stessa mano pesante della Spagna se la Scozia tenesse un referendum illegale: “Non credo che in Scozia vedremmo la polizia interrompere le manifestazioni o prigionieri politici”.

Keating è d’accordo. Se la Scozia andasse avanti a prescindere, il Regno Unito probabilmente ignorerebbe il risultato. Per il governo scozzese, questo equivarrebbe a un “cul-de-sac” politico.

Cosa succederebbe se venisse dato il via libera al referendum?

In caso di via libera a un secondo referendum, il Referendums (Scotland) Act 2020 stabilirebbe le regole per il voto, secondo l’Institute for Government. La Commissione Elettorale avrebbe un ruolo statutario, avrebbe il compito di monitorare lo svolgimento dello scrutinio e testare il quesito referendario.

Il governo scozzese ha già proposto di utilizzare lo stesso quesito referendario posto nel 2014: “La Scozia dovrebbe essere un paese indipendente?”, con “Sì” e “No” come possibili risposte. Secondo lo Scottish Elections (Franchise and Representation) Act 2020, chiunque abbia più di 16 anni e sia legalmente residente in Scozia, indipendentemente dalla sua nazionalità, e che sia nel registro elettorale del governo locale scozzese, avrebbe il diritto di votare. Questo include anche i prigionieri che scontano pene inferiori a 12 mesi, secondo i cambiamenti introdotti dalla legislazione del 2020.

Se gli scozzesi votassero “Sì” in un referendum ritenuto legittimo da entrambe le parti, seguirebbero i negoziati tra il governo britannico e quello scozzese. I due governi dovrebbero trovare un’intesa sui termini del divorzio e sulle future relazioni tra i due paesi.

La storia si ripeterà?

Nel referendum del 2014, all’indomani delle elezioni che avevano consegnato la maggioranza in parlamento all’SNP, il 55% degli scozzesi aveva votato a favore di una permanenza nel Regno Unito. Ma a partire dal 2016, dopo il referenduma sulla Brexit, c’è stato un aumento del sostegno ad secondo referendum per lasciare il Regno Unito.

Negli ultimi anni, i sondaggi d’opinione hanno mostrato che la Scozia è più o meno equamente divisa tra il sostegno per rimanere con il Regno Unito e diventare indipendente. In un sondaggio prima delle ultime elezioni indipendentisti e sostenitori del “remain” erano divisi al 50%. Tuttavia, solo il 42% delle persone intervistate nel sondaggio di opinione per Sky News ha detto di credere che il referendum dovrebbe essere tenuto entro i prossimi cinque anni, rispetto al 50% che pensa di no.

Curtice ritiene che anche se Sturgeon ha poca scelta se non quella di portare avanti il referendum, per l’SNP si tratta comunque di una scommessa, dati gli stretti margini tra unionisti e sostenitori dell’indipendenza: “È chiaro che il paese è assolutamente diviso a metà”.

Hughes pensa che i partiti pro-indipendenza vorrebbero idealmente arrivare ad un sostegno del 60% nei sondaggi prima di tenere un voto. Per Curtice la pandemia potrebbe dare all’SNP il tempo per riuscirci, ed è per questo che Sturgeon è stata così ansiosa di sottolineare che un referendum non può essere tenuto fino a quando la crisi non sarà risolta.

“Perché gli unionisti sono così disperati nel ritardare il referendum? Perché sanno che rischiano di perdere”, sottolinea il politologo

Quale sarebbe l’impatto economico?

Anche se Sturgeon va avanti con i piani per un referendum, ci sono ancora molte incognite su come potrebbe essere una Scozia indipendente. L’SNP dovrà iniziare a fornire risposte sull’impatto che l’uscita dal Regno Unito avrebbe sugli scozzesi, specialmente sul piano economico.

“Bisogna vedere quali saranno gli argomenti dell’SNP in materia economica in caso di indipendenza – dice Hughes -. In che direzione andrebbe l’economia e come sarebbe gestita dall’SNP?”. In questo momento, aggiunge la professoressa, “la mancanza di sostanza è un problema. Hanno bisogno di fare qualcosa al riguardo”.

Stando ad un rapporto della London School of Economics e della City University di Hong Kong dello scorso febbraio l’economia della Scozia potrebbe ridursi di almeno 11 miliardi di sterline all’anno se lasciasse il Regno Unito.

Guardando solo all’impatto generato dall’aumento dei costi commerciali, i ricercatori hanno avvertito che separarsi dall’economia del Regno Unito potrebbe colpire l’economia scozzese da due a tre volte più duramente di quanto successo al Regno Unito con la Brexit.

Nel rapporto, il Centre for Economic Performance della LSE ha avvertito che gli effetti peggiori dell’impatto economico dell’indipendenza potrebbero manifestarsi dopo decenni. Nel complesso, tuttavia, sia il Regno Unito che l’UE ridurrebbero l’economia della Scozia di una percentuale compresa tra il 6,3% e l’8,7%.

Il resto del Regno Unito è attualmente il più grande partner commerciale della Scozia – rappresenta il 61% delle sue esportazioni e il 67% delle sue importazioni – e i ricercatori hanno detto che è improbabile che questo cambi dopo l’indipendenza.

“I cambiamenti nei modelli commerciali scozzesi dopo l’indipendenza si verificheranno probabilmente gradualmente, nel corso di una generazione o più – scrivono i ricercatori -. Di conseguenza, nei primi decenni dopo l’indipendenza, il resto del Regno Unito rimarrà il più grande partner commerciale della Scozia”.

In un’intervista con Euronews, il professor David Bell ha detto che crede che sia rematuro fare previsioni sugli effetti che potrebbero esserci, perché non si conoscono ancora le condizioni economiche in cui potrebbe avvenire l’indipendenza.

“Ci sono molte incognite – ha detto Bell -. Alcune di esse sono problematiche, mi sembra. Ma quale sarebbe il loro effetto complessivo è al momento incerto”. Tuttavia Bell ha convenuto che, essendo il Regno Unito il più grande partner commerciale della Scozia, il paese potrebbe affrontare difficoltà in futuro, in particolare se tentasse di entrare nell’UE.

“Se la Scozia dovesse entrare nell’UE, il confine tra la Scozia e l’Inghilterra sarebbe anche un confine tra l’UE e un paese terzo. E se così fosse, ci dovrebbero essere controlli normativi, controlli doganali e tutti questi tipi di regolamenti dovrebbero essere introdotti. Questo potrebbe essere problematico perché potrebbe rendere difficile il commercio tra la Scozia e l’Inghilterra”.

Un altro problema per la Scozia, sottolinea Bell, è rappresentato dalla spesa pubblica, dato che la Scozia spende più di quanto raccolga in tasse: “Ovviamente questo è un problema che potrebbe essere risolto cambiando le politiche su cui al momento la Scozia non ha il controllo”.

“Ma questo – aggiunge Bell – non sarebbe ancora abbastanza per influenzare il deficit della spesa pubblica. Inoltre resta da vedere se, e a quali condizioni, la nuova Scozia indipendente potrebbe prendere in prestito soldi dal mercato”.

La terza questione per la Scozia è quale valuta utilizzerebbe se i residenti votassero a favore dell’indipendenza. Recentemente, Sturgeon ha detto che il paese probabilmente continuerebbe ad usare la sterlina britannica per qualche tempo prima di passare alla propria valuta nazionale. Bell ritiene che sarebbe un passo necessario se dovesse entrare nell’UE. “La Scozia dovrebbe avere la propria valuta durante il periodo di transizione tra l’uscita dal Regno Unito e l’ingresso nell’UE”.

In quanto tempo la Scozia potrebbe rientrare nell’UE?

L’SNP ha promesso di cercare di rientrare nell’UE “il più presto possibile”. Nel suo manifesto, il partito sostiene che “il modo migliore per costruire una Scozia più prospera e uguale è di essere un membro pienamente indipendente dell’UE”.

“L’SNP – si legge – crede che l’appartenenza all’UE offra molti benefici sociali, economici e culturali per gli individui, le imprese e le comunità in tutta la Scozia”. L’SNP riconosce che “la Brexit cambia senza dubbio il modo in cui la Scozia si impegna con l’UE”, ma allo stesso tempo sostiene che “non cambierà l’importanza dell’UE per la Scozia, né il nostro impegno a ricongiungerci all’UE il più presto possibile”.

“Rientrando nell’UE – si legge ancora nel manifesto – creeremo posti di lavoro e riguadagneremo il pieno accesso al mercato unico europeo, che è sette volte più grande del Regno Unito”. Keating crede che una Scozia indipendente potrebbe entrare nell’UE con facilità, affermando che il processo “potrebbe essere abbastanza veloce perché la Scozia ha lasciato il mercato unico solo pochi mesi fa e soddisfa tutti i criteri per la successione nell’UE”.

Notando l’estenuante processo che alcuni paesi candidati all’UE hanno affrontato, tra cui la Serbia, che ha faticato a portare avanti la sua domanda a causa dei rapporti tesi con il Kosovo, Keating ha detto che il caso della Scozia “non è come quello di paesi che non sono mai stati nell’UE e stanno cercando di entrare”.

“Devono passare attraverso tutta una serie di capitoli per soddisfare i criteri. La Scozia soddisfa già quei criteri, quindi potrebbe essere un processo abbastanza rapido”. Naturalmente, Keating ha riconosciuto che ci sarebbero ancora alcune domande, come ad esempio se la Scozia si impegnerà ad usare l’euro e come negozierà il suo rapporto con il Regno Unito.

E data l’incertezza su quando un referendum potrebbe avere luogo, Hughes ritiene che anche se un voto si tenesse, per esempio, nel 2023, e gli scozzesi votassero “sì” all’indipendenza, l’adesione all’UE potrebbe essere ancora lontana alcuni anni.

“Sturgeon ha parlato di indipendenza nel 2026. Dall’analisi che ho fatto, penso che la Scozia potrebbe tornare nell’UE entro il 2030 – è la previsione della direttrice del SCER -. Niente di tutto questo sta accadendo da un giorno all’altro. Le ruote non gireranno così velocemente come alcuni vorrebbero”. (Fonte: Euronews)

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