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Scozia, indipendentisti fanno campagna per il sì “porta a porta”

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VOTEYESdi REDAZIONE

Si fa scorta di spillette, volantini e palloncini azzurri con la scritta bianca ‘Yes’. Sara’ di sicuro necessario un altro viaggio, ma intanto si va nel west-end di Glasgow, la più grande città della Scozia, quella che forse più di altre – si dice da queste parti – racchiude in se’ lo spirito di questo grande momento di dibattito e di confronto, sicuramente ”di speranza” per i volontari della campagna del ‘si” che ci credono fino in fondo.

E dove c’è il quartier generale della campagna indipendentista.

”Qual e’ la sensazione? Molto positiva. Più che positiva!”. In sei, hanno tra i 19 e i 38 anni, sono settimane che i pomeriggi li passano cosi’, per strada, distribuendo volantini, parlando, rispondendo a domande. ”Nessuno di noi fa politica di professione, siamo volontari. Abbiamo deciso di essere coinvolti e abbiamo offerto il nostro aiuto. In questi giorni alcuni di noi hanno preso delle ferie per poter continuare la campagna che si e’ intensificata”. Andrew e’ il più ‘anziano’, ha 38 anni e fa il manager in una multinazionale americana. C’e’ poi un fisico ricercatore all’Università di Glasgow, un educatore che si occupa di minori in difficoltà, un assistente sociale, un insegnante. In comune quel grande ‘Yes’ che hanno stampato sulle magliette e sulla fiancata del pullmino, con cui arrivano al luogo dell’appuntamento. Il tempo di allestire un nuovo banchetto e poi si riparte, verso un’altra zona della città.

Ce ne sono diversi di punti cosi’ in ognuna delle nove circoscrizioni in cui Glasgow e’ divisa. Sono organizzati in maniera capillare a partire dai quartieri, con un battage informativo che nel corso dei mesi e’ passato per le scuole, i centri di aggregazione, e’ andato porta a porta, per una campagna per lo più costruita dalla base.

”Ci ho pensato molto prima di aderire alla campagna – spiega Kayleigh Waugh, avvocato di 26 anni, mentre da’ indicazioni logistiche ai ‘colleghi’ che continuano ad arrivare – la molla e’ scattata quando ho capito che la gente non ne sapeva molto e che voleva informazioni, spiegazioni, risposte. Allora mi sono messa a disposizione: prima due sere a settimana, poi sempre di più. Adesso ho preso due settimane di ferie dal lavoro. E i rischi dell’indipendenza? Certo che ci sono rischi, ma le incertezze ci saranno sempre, meglio pero’ se le si affronta con nostri poteri, con decisioni prese da noi, no?”.

Cosi’ Kayleigh e gli altri rassicurano chi si avvicina per chiedere cosa accadrà: se una Scozia indipendente possa avere la sterlina. Cosa ne sarà del servizio sanitario o di quello pensionistico. Se separati da Londra vuol dire anche fuori dall’Ue. Quest’ultimo un tema particolarmente caro a Declan, 24 anni, laureato in italiano e tedesco, traduttore e interprete, che sta per partire alla volta di Bruxelles con un lavoro proprio nelle istituzioni europee. Declan non vede perche’ la Scozia non possa avere il suo posto in Europa. ”Non e’ un’ulteriore divisione, e’ una divisione che esiste già – spiega – ma cosi’ si crea un’entità che può avere una sua voce propria e un suo ruolo nelle organizzazioni internazionali”.

Intanto sul ciglio della strada davanti al banchetto del ‘Si” si ferma un taxi e si apre al volo lo sportello: ”Solo per prendere una spilletta per mia figlia – dice il conducente sicuro di trovare comprensione – ha 17 anni (al referendum giovedì per la prima volta si potrà votare dai 16 anni in su, ndr) non trova più la sua, mi ha chiesto di prenderne una alla prima occasione”. (ANSA)

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