di GIANLUCA MARCHI
Mentre scrivo queste note non è ancora mattina e dalla Scozia giunge chiaro il segnale che il No ha vinto sul Si nel referendum per l’Indipendenza (e diamo atto ai nostri Leonardo Facco e Luca Fusari di avere fatto un lavoro straordinario in questi giorni e in queste ore: sono stati fondamentali per accreditare questo piccolo sito come punto di riferimento nei confronti di chi vuol parlare seriamente di indipendentismo). [qui tutta la giornata] [qui tutti i dati a urne chiuse]
Dunque la maggioranza degli scozzesi dice No all’indipendenza dal Regno Unito, anche in maniera più netta rispetto alle indicazioni dei sondaggi degli ultimi giorni prima del voto. E ciò avviene dopo una straordinaria prova di democrazia da parte di tutti i protagonisti in scena, con una affluenza record fra gli aventi diritto al voto e nessun tipo d incidente o di isterismo particolare, con i sostenitori dell’uno e dell’altro fronte che si sono ritrovati a bere e mangiare insieme dopo aver deposto le schede nell’urna. Una prova di democrazia, bisogna sottolinearlo, anche da parte di Londra e del suo governo centrale, che circa due anni fa hanno deciso (con il patto di Edimburgo del 15 ottobre 2012) di dare via libera allo svolgimento del referendum, assumendosene tutti i rischi e le conseguenze. Poi, certo, in sede di campagna elettorale gli unionisti hanno usato tutte le armi possibili della propaganda, cercando di “terrorizzare” gli scozzesi sulle conseguenze catastrofiche in cui sarebbero incorsi se avessero deciso di staccarsi definitivamente. Ma questo fa parte del gioco, un gioco anche duro, ma che è stato consentito fino in fondo.
Diciamo pure, a noi indipendentisti resta l’amaro in bocca di vedere mancata non per molto la nascita di un nuovo stato per decisione autonoma e democratica dei cittadini. E tuttavia, come avevo già scritto in un precedente editoriale, non bisogna abbattersi perché questa è la vittoria del “NI”, in quanto la Scozia che esce dalle urne avrà un tale grado di autonomia e di devoluzione come mai in precedenza. Infatti gli impegni e le promesse di devoluzione assunte da Cameron e dagli altri leader dei partiti unionisti in cado di vittoria del NO sono tali e tanti, anche in materia di fisco, che a Londra rimarranno solo competenze in materia di moneta e di difesa o poco più. Impegni ai quali il premier Cameron non potrà sottrarsi facendo finta di nulla, perché fra pochi mesi ci sono le lezioni politiche nel Regno Unito e verrebbe pesantemente punito dagli scozzesi. E poi il caso Scozia apre la strada a concrete rivendicazioni di autonomia da parte del Galles e dell’Irlanda del Nord. Checché se ne dica, anche se ciò verrà minimizzato nel resto d’Europa e soprattutto in Italia, il Regno Unito che esce da questo voto sarà assai diverso da quello conosciuto finora.
Gli gnomi e i burocrati di Bruxelles tireranno un sospiro di sollievo per non ritrovarsi oggi travolti dalla nascita della Scozia indipendente, ma è una soddisfazione che non li lascia affatto tranquilli, perché il voto scozzese apre la porta a una serie di rivendicazioni, in diverse aree del Vecchio Continente, che certo sarebbero state più pressanti se avessero prevalso i “SI”, ma che non possono essere soffocate per molto. Se hanno votato gli scozzesi, perché non debbono poter votare i catalani il prossimo 9 novembre o comunque la data che verrà decisa? Per il semplice fatto che, come ha detto il presidente Artur Mas dopo la straordinaria prova di popolo della Diada dell’11 settembre scorso, “Madrid non può sopprimere all’infinito il diritto di voto dei catalani appellandosi all’architettura legale”, cioè al fatto che la costituzione spagnola non prevede il referendum per l’indipendenza di una parte del paese.
E arrivando alla sgangherata Italia, non ci potranno essere all’infinito ministre Lanzetta di turno che impugnano davanti alla Consulta la legge votata dal Consiglio regionale del Veneto per lo svolgimento del referendum sull’indipendenza, appellandosi al fatto che la Costituzione lo vieta, ma soprattutto dimostrando il terrore dell’establishment romano verso ogni prova di democrazia reale. E nemmeno, va detto, ci sarà all’infinito un Tosi di turno che “ridicolizzerà” (pur avallandolo) quel referendum considerandolo poco più di un sondaggio.
Gli scozzesi sono stati liberi di esprimersi.
Penso che queste consultazioni non siano state truccate o addomesticate.
Per il momento, quindi, è un argomento accantonato.
Ma sono sicuro che , col tempo e in seguito a ulteriori disastri che si materializzeranno, se ne riparlerà.
Non c’è dubbio che, intanto, il governo centrale inglese dovrà mollare molto le briglie al cavallo scozzese.
Questo è già un risultato.
I catalani saranno liberi di esprimersi?
Lo saranno i veneti?
Siccome in spagna e in italia c’è troppa democrazia e poca libertà, certamente meno libertà che in Inghilterra, temo proprio che non sarà facile tenere queste consultazioni.
Se ci saranno, in italia saranno una farsa.
In spagna, poco meno.