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Scuola: arriva l’educazione finanziaria, ovvero la propaganda statalista

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di MATTEO CORSINI

Con l’anno scolastico che sta per iniziare, dovrebbe debuttare l’insegnamento dell’educazione finanziaria. Al momento è previsto che sia inserita nelle ore di educazione civica.
Considerando la scarsa alfabetizzazione finanziaria di molte persone, l’iniziativa parrebbe avere senso. I soldi sono pochi, però, e i primi a essere formati sono spesso gli insegnanti. Ovviamente la soluzione di fare progetti con la collaborazione di imprese del settore finanziario, che il personale in grado di insegnare ai ragazzi lo hanno in abbondanza, è vista come la kryptonite per Superman, sul presupposto che ne approfitterebbero per promuovere i propri servizi e prodotti.
Detto che il potenziale conflitto di interessi potrebbe essere gestito abbastanza semplicemente, si suppone che debba essere invece totalmente obiettivo il proposito di far comprendere ai bambini della scuola primaria, a proposito di reddito, che “è necessario disporre di un reddito e che lo Stato, con le imposte sui redditi, fornisce servizi utili a tutti“.
Che senza un reddito (inteso in senso lato, compresa per esempio l’autoproduzione di generi alimentari) si sia costretti a vivere totalmente a spese di altri è fuori discussione. Quello che segue, però, è ampiamente discutibile. In primo luogo, perché lo Stato non si limita a tassare i redditi. In secondo luogo, e soprattutto, perché i servizi finanziati dalle imposte non sono utili a tutti. Spesso neppure sono disponibili per tutti, a prescindere da considerazioni sull’utilità.
La quale è soggettiva, per cui, pur non essendo esattamente quantificabile, sarebbe per lo meno desumibile in base alle preferenze individuali rivelate nell’ambito di transazioni volontarie. Non certamente nel caso dei servizi che lo Stato fornisce, talvolta perfino in regime di monopolio legale, e che chi paga le imposte si trova costretto a finanziare, volente o nolente.
Non mi aspettavo nulla di diverso, a dire il vero. Nelle ore di educazione civica è già da tempo previsto che ai bambini sia insegnata la “bellezza” di imposte e tasse.
Probabilmente non impareranno granché dei concetti finanziari di base, ma assimileranno la propaganda statalista. Fino a quando iniziaranno a pagare imposte e tasse di tasca loro e, forse, vedranno le cose in modo diverso.

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2 COMMENTS

  1. Nel 1960 in prima elementare ricordo venne in classe un incaricato della locale cassa di risparmio.
    Si presentò e disse alla maestra che aveva un regalino per i bambini. Ad ognuno di noi fu regalato un salvadanaio in metallo con la sua chiavetta e venne consegnato anche un libretto di risparmio con 500 lire depositate in regalo dalla banca stessa.
    Si introduceva il concetto di risparmio, con tutto quello che ne consegue.
    Naturalmente l’incaricato disse alcune parole semplici, e la maestra completò il quadro.
    Ma le vere indicazioni , le vere informazioni, i veri suggerimenti, le storie di vita vissuta mi giunsero da mio padre e da mia zia. E tuttora non le dimentico. Ecco perchè io sono uno di quelli che capiscono perfettamente che un’economia sana è fondata sul risparmio. Una volta era ritenuta una nozione basilare , un atto di prudenza e intelligenza. Il risparmio era incentivato e premiato.
    Le cose sono molto cambiate, e se ne vedono i pessimi risultati. Dal risparmio al debito non è stato un buon affare.

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