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Se quello della circolazione stradale fosse un “mercato libero” per davvero

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di FRANCO MONTANARI

Il divide et impera nei bar della penisola sta funzionando alla grande. Come da copione, sento infatti discutere animatamente entrambe le fazioni sulla riforma della normativa in materia di circolazione stradale.

Da una parte, i responsabili, quelli de “la sicurezza prima di tutto” che limitando le libertà di tutti pensano di ridurre gli incidenti stradali; dall’altra, i libertini, quelli del “è giusto ridurre gli incidenti ma se ho dato due tiri ad una canna due giorni prima del controllo mi tolgono la patente”.

Come sempre, i due lati della stessa medaglia che si scontrano: sudditi che chiedono al monarca (oggi, lo stato) di regolamentare la loro vita. È il trionfo del dirigismo sulle forze del libero mercato.

Ma, come funzionerebbe la materia, in assenza del monarca e dei sui mandarini, se fosse lasciata totalmente al mercato libero?

Semplice: le imprese assicuratrici, totalmente in libera concorrenza, si contenderebbero il mercato rilasciando permessi di circolazione e assicurando i vari clienti e i loro veicoli. Il leggendario Mario Rossi, diciottenne, quindi si recherebbe nell’agenzia più vicina a casa sua  per chiedere di il permesso di circolare prima e la copertura da danni derivanti da responsabilità civile poi. L’agenzia, dal canto suo, si occuperebbe prima di insegnargli a guidare per poi assicurarlo.

Se il povero Mario si dimostrasse un po’ negato al volante, ad esempio, nessuna agenzia privata avrebbe il dubbio se accaparrarselo come cliente, almeno fino a quando il ragazzo non dimostri di saper guidare dando certezze agli esaminatori. Perché per un privato (impresa assicuratrice) sei un cliente, mentre per lo stato sei un giovanotto a cui va garantito un diritto che ormai ha del costituzionale: quello di avere garantita la licenza di guida.

Ipotizzando, le imprese assicuratrici potrebbero sempre verificare discrezionalmente i requisiti del loro assicurato, togliendo, in mancanza, il permesso di guida e lasciando libero l’ormai ex cliente di rivolgersi alle compagnie concorrenti per tornare ad ottenere il permesso. Con un sistema del genere, improntato alla prevenzione, gli incidenti calerebbero drasticamente e i rischi sarebbero interamente a carico delle imprese assicuratrici che avrebbero libertà totale di assicurare, o negare la polizza, a Mario Rossi, Carlo Verdi, Mohamed Esposito o all’avventore con un mitra tatuato in faccia.

In questo modo quello della guida sarebbe un diritto correlato da doveri e non un diritto erga omnes che, alla lunga, limiterebbe le libertà di tutti, come avviene da decenni col sistema che tutti noi stiamo subendo, anche economicamente. Le spese per il contribuente ammonterebbero a zero: niente motorizzazioni civili (le imprese assicuratrici potrebbero anche verificare i mezzi che decidono di assicurare), niente burocrati o gabellieri dello stato, niente marche da bollo o versamenti illogici a qualche ente pubblico.

Chi non fosse in grado di fornire dei requisiti minimi, poi, rimarrebbe fuori dal mercato assicurativo e non avrebbe quindi un permesso di guida, così come le imprese assicuratrici potrebbero rispondere all’avventore con un mitra tatuato in faccia “provi qui di fianco alla Unipol”.

Ma forse (e ha pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca!), il fine dei vari governi non è quello di licenziare testi di legge sempre più liberticidi agitando uno spauracchio (gli incidenti stradali, in questo caso) per tentare di risolvere un problema, ma creare appositamente un’emergenza per abituarci a vedere limitate le nostre libertà; anche perché, in prospettiva, le automobili del futuro potrebbero avere tutte la guida autonoma e quindi non si capisce questo accanimento nei confronti di chiunque possegga un mezzo atto alla circolazione stradale.

C’è da chiedersi quindi se non sia  proprio la proprietà in generale, e di quel mezzo in particolare, che debba essere perseguitata riservando il mercato della circolazione stradale a pochi eletti, come da copione dirigista di stampo sovietico imposto forzatamente contro il libero mercato.

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