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Secessione, una rivoluzione libertaria dal basso verso l’alto

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di HANS HERMANN HOPPE

Sotto un regime monarchico, i fautori di una rivoluzione sociale anti-statalista e liberale o libertaria avevano una possibilità che oggi noi abbiamo perso. I liberali-libertari in quegli antichi giorni avrebbero potuto – e, spesso, poterono – convincere il re della bontà dei loro argomenti, iniziando così una rivoluzione dalla cima della piramide. Non c’era bisogno del sostegno della massa per questo – bastava l’intuizione di un principe illuminato. Per quanto realistica possa essere stata, oggi questa strategia di una rivoluzione sociale dall’alto verso il basso è impossibile.

Ai nostri giorni i leader politici vengono selezionati in virtù dei loro talenti demagogici e si rivelano abitualmente individui senza moralità: di conseguenza, le possibilità di convertirli a una posizione liberale-libertaria dev’essere considerata addirittura minore di quella di convertire un re che aveva semplicemente ereditato il suo trono. Inoltre, il monopolio della protezione dello Stato viene oggi considerato proprietà pubblica e non privata, e l’arbitrio del governo non è più legato a un individuo particolare, ma a funzioni specifiche esercitate da anonimi funzionari.

Insomma, una strategia che si basi sulla conversione di uno o più uomini non può più funzionare. Non funzionerebbe anche se qualcuno riuscisse a convertire un ristretto numero di politici che sono a capo del governo – il presidente e alcuni importanti giudici e senatori, per esempio – perché con le regole del gioco democratico nessun singolo individuo ha il potere di abdicare al monopolio statale della protezione. I re avevano questo potere, i presidenti no. Il presidente può dimettersi dalla sua posizione, certo, ma solo perché venga assunta da qualcun altro. Egli non può dissolvere il monopolio della protezione vantato dal governo perché secondo le regole della democrazia, “il popolo”, non i suoi rappresentanti eletti, è considerato il “proprietario” del governo.

Così, piuttosto che attraverso una riforma dall’alto verso il basso, nelle condizioni attuali la strategia dovrebbe essere quella di una rivoluzione dal basso. A prima vista, però, ciò sembrerebbe rendere impossibile la prospettiva di una rivoluzione sociale liberale-libertaria. Infatti, questo non implicherebbe forse il dover persuadere la maggioranza del pubblico a votare per l’abolizione della democrazia e l’eliminazione della tassazione e della legislazione? E non è questa una mera fantasia, visto che le masse sono sempre sorde e indolenti, e soprattutto visto che la democrazia promuove la degenerazione morale e intellettuale? In che modo possiamo aspettarci in questo mondo che la maggioranza di un popolo sempre più degenerato, assuefatto al “diritto” di voto, possa mai rinunciare volontariamente all’opportunità di saccheggiare la proprietà altrui?

Messa in questo modo, si deve onestamente ammettere che sembra non ci sia nessuna possibilità per una rivoluzione sociale libertaria. È solo rendendosi conto, a una seconda considerazione, che la secessione è parte integrante di una strategia dal basso verso l’alto, che l’obiettivo di una rivoluzione liberale-libertaria comincia a sembrare meno impossibile, anche se la difficoltà del percorso che vi ci può condurre ancora intimorisce.

Tratto da qui

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1 COMMENT

  1. E’ un’interessante punto di vista, che condivido.
    La politica è un altro mondo, su un piano diverso da quello della gente comune.
    E i politici sono tutti dei delinquenti amorali.
    C’è da dire che una secessione può essere innescata solo iniziando ad affamare il leviatano, tenendosi i soldi in tasca.
    Altrimenti , si parla di aria fritta.

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