Evidentemente, non c’è nessuna condanna morale per chi chiede l’indipendenza della propria terra, regione o provincia che sia, ma in Italia costituisce reato darsi da fare per realizzare una qualsiasi forma di secessione, come dimostrano le vicende giudiziarie occorse in due diverse ma similari occasioni ai «venetisti» che prima hanno eseguito l’attacco dimostrativo al campanile di San Marco, poi si sono accontentati di realizzare un «tanko» casalingo che arieggiava all’arnese con cui la prima volta erano sbarcati in piazza San Marco.
Più o meno la stessa cosa succede in Spagna, dove il referendum per l’indipendenza dalla Catalogna, dichiarato illegittimo dalla Corte costituzionale a livello nazionale, si è svolto per iniziativa del governo regionale, con i seggi regolati da 40 mila volontari, ovviamente indipendentisti, che hanno fatto da scrutatori, e alla presenza di «controllori»internazionali, a loro volta separatisti nei rispettivi paesi di provenienza.
Più che di un referendum, è stato sottolineato, nella Catalogna si è trattato di un sondaggio, ma la straordinaria affluenza di votanti anche ad una consultazione senza valore legale, ed un risultato che dimostra di essere più un plebiscito che l’espressione di un parere, segnala come, dopo il fallito referendum per l’indipendenza della Scozia dal Regno Unito di Gran Bretagna, in Europa stiano crescendo importanti fermenti separatisti. E questo nel momento in cui identità nazionali di antica origine, che hanno dato vita a piccoli Stati salvati più dalla geografia che dalla storia, come San Marino e Andorra, arroccati su montagne o dossi solitari, stanno vegetando con difficoltà mentre perdono il loro principale pregio, quello di essere piccoli paradisi fiscali.
Succede, invece, che i più famosi e potenti paradisi fiscali europei, come il Principato di Monaco, il Lussemburgo e la stessa Svizzera, stanno perdendo il privilegio unico che giustifica la loro esistenza e la loro prosperità: il segreto bancario. E quindi comincia ad impallidire vistosamente anche il sogno nutrito dalla parte nostalgica della Lega Veneta, che ripete il grido di «San Marco», il quale mosse i popolani veronesi nelle famose «Pasque» contro gli occupanti francesi per tentare di restaurare l’appena defunta repubblica veneta.
Essi non sapevano, come non ricordano gli attuali nostalgici, che quello veneto era uno degli Stati più illiberali e oppressivi del mondo, governato da patrizi in gran parte imbelli che mantenevano i loro palazzi con i proventi di un territorio veneto e friulano trattato come un possedimento coloniale, e nutrivano signorilmente una città con mille prostitute arruolate ufficialmente e migliaia di spie, tra cui il famoso Casanova, al soldo della polizia.
Giuseppe Brugnoli
“Nostalgici veneti dello Stato illiberale e oppressivo”
L’Arena
12 novembre 2014
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Ovviamente, attendiamo le repliche dei nostri lettori e non solo. (La Redazione)
Perchè l’Italia dei 150 anni è un meraviglioso esempio di democrazia, di buona gestione e di onestà?
Ci vuole un bel coraggio per difendere , sia pure surrettiziamente, questa unità d’Italia!
A meno che …………….
“ma in italia costituisce reato…”
Questa poteva risparmiarsela.
Tra l’altro: non so Monaco e Lussemburgo, ma la Svizzera non deve la sua prosperità *solo* al segreto bancario.
Spett.
REDAZIONE DE L’ARENA
Verona.
Premetto che sono Veneziano traseferito in Caldiero e che ho scritto diversi libri e saggi sulla Storia di Venezia e del Veneto.
Detto ciò, ho avuto la ventura di leggere su l’Arena un articolo del sign. Giuseppe Brugnoli, il quale – come altri denigratori della Repubblica di Venezia – afferma che il suo Governo fu “Illiberale ed oppressivo”.
Sono convinto che questo signore non conosca assolutamente nulla di Venezia e dei suoi millequattrocento anni di storia: unico Stato al mondo ad essere così longevo!
Vorrò, pertanto, solo accennare alcuni punti salienti, ad alcune date, per informarlo su quello che lui definisce un regime illiberale ed oppressivo.
Nel 1100 si ebbero varie leggi sull’ igiene pubblica; nel 1410 si organizzò l’ assistenza giudiziaria gratuita per i poveri; nel 1492 si emanò una legge sulla salvaguardia dei lavoratori e nel 1494 le leggi sul lavoro minorile.
Venezia fu la prima Nazione al mondo ad abolire la tortura e a sancire il principio che fosse lo Stato a dover provare la colpevolezza dell ‘imputato e non quest’ ultimo a dimostrare la sua innocenza. Tutto ciò quando altrove esisteva ancora “il giudizio di Dio”.
Un solo inciso. Nel 1494 vennero a Venezia gli Ambasciatori del re d’ Inghilterra (vi è da considerare che gli Inglesi, fin da quei tempi, ebbero sempre un’ occhio di riguardo per i Veneziani), e nel 1496 quelli del re di Svezia. Essi vennero ad apprendere e a copiare le leggi della Serenissima.
E’ ben noto in tutto il mondo che nella seconda metà del ‘700, gli allora appena nati Stati Uniti d’ America inviarono in Europa Beniamino Franklin sia come Ambasciatore che per apprendere le leggi di quegli Stati. Ma è altrettanto noto che egli rimase talmente ben colpito da quelle dello Stato Veneto, che le propose in blocco nel suo Paese.
Ebbene: quelle norme servirono quali basi per le loro leggi, e sono attualmente ancora in vigore nei loro Stati: sia in Inghilterra, che in Svezia ma anche negli Stati Uniti!!!
Inoltre, esclamerà, scandalizzato, il Saint Didier nel XVII secolo, giunto in visita a Venezia: “Gli inferiori sono completamente esenti da qualsiasi riguardo verso i loro superiori”; gli farà eco Payen in quello successivo, e non meno stupefatto: “in qualsiasi parte della Repubblica un padrone non ha il diritto di bastonare il suo servitore!”
Riprende il Saint-Didier: “Non esistono divertimenti che il Popolo non divida con la Nobiltà… Esso può unirsi a loro in qualsiasi luogo, alle feste e nelle baldorie pubbliche, senza nessun obbligo, e questi stessi Nobili non esigono dai sudditi a ogni ritrovo alcun rispetto esteriore che li metta in soggezione!”
Quale migliore prova di successo fa mai data da un regime? “E difficile, nota Montesquieu, trovare in qualunque altro luogo tanto rispetto e obbedienza verso le Autorità come a Venezia”.
Più ancora dell’ obbedienza, tuttavia, era l’ affetto che il Governo aveva saputo ispirare. E nulla può meglio descrivere il vero clima politico che regnava a Venezia di questo grido, sfuggito al Granduca Paolo di Russia nel secolo XVIII – Italiani, non ispiratevi! – “MA… QUESTO POPOLO E’ UNA FAMIGLIA!”
A tal proposito voglio solo ricordare una lettera che Francesco Petrarca inviò ad un suo amico Bolognese per descrivere la Serenissima:
“… quale Città unico albergo ai giorni nostri di libertà, di giustizia, di pace, unico rifugio dei buoni e solo porto a cui, sbattute per ogni dove dalla tirannia e dalla guerra, possono riparare a salvezza la navi degli uomini che cercano di condurre tranquilla la vita: Città ricca d’ oro ma più di virtù, sopra saldi marmi fondata ma sopra più solide basi di civile concordia ferma ed immobile e, meglio dal mare ond’ è cinta, dalla prudente sapienza dè figli suoi munita e fatta sicura.”
Un’ ultima “perlina”: può benissimo ancor oggi entrare in Palazzo Ducale, e nella visita accedere nella sala dell’ Avogaria e leggere la targa apposta nel XVII secolo quale raccomandazione ai Giudici. Eccola:
PRIMUM SEMPER ANTE OMNIA
DILIGENTER INQUIRITE: UT CUM JUSTITIA,
ET CHARITATE DIFFINIATIS: NEMINEM,
CONDEMNETIS ANTE VERUM, ET JUSTU
JUDICIUM; NULLUM JUDIDETIS SUSPITIO=
NIS ARBITRIO: SED PRIMUM PROBATE, ET
POSTEA’ CHARITATIVAM SENTENTIAM
PROFERTE: ET QUOD VOBIS NO VULTUIS
FIERI: ALTERI FACERE NOLITE.
Sempre a vostra disposizione per quanto riguarda la nostra Storia, spero che quanto sopra possa essere di utilità al sign. Brugnoli.
Cordialità,
Gigio Zanon
Grazie Gigio per questa testimonianza.
E’ una pena continuare a leggere caterve di luoghi comuni sullo Stato Veneto. Solo l’ignoranza e spero non la malafede puo’ giustificare la vuota superficialità di interventi come quello di Brugnoli.Invito tutti a confrontare lo scritto di Brugnoli con quello di Zanon per capire di cosa stiamo parlando.
Salve professor Zanon.
Io non son veneto ma vivo a Vicenza da quasi 10 anni. E questo lungo periodo di tempo ha contribuito a far sorgere in me l’interesse per i costumi e tutto ciò che riguarda il posto. In particolare la storia prima dell’Italia, e quindi scendendo nel particolare del Veneto, viste le molteplici manifestazioni di indipendentismo.
Quello che lei ha scritto sopra è innegabile. Ma quello che contesta il signor Brugnoli, oltre ad altre analisi che io non condivido, è il fatto che Venezia marciasse in un certo senso sulle altre città del territorio della Repubblica, cioè che le trattasse come colonie (come dice il sign.Brugnoli) e non le sentisse proprie.
Ora, quello che vorrei sapere è se le leggi che lei ha citato nell’intervento precedente, i commenti dei vari ambasciatori e uomini di cultura riguardassero tutto il territorio veneto, o solamente quello relativo alla città di Venezia.
La ringrazio in anticipo. Saluti.
Deve sapere che OGNI CITTA’ della Repubblica Veneta aveva i propri statuti, le proprie leggi che avevano ancore prima di darsi spontaneamente a Venezia . Famosa resta la frase che le Regole Ampezzane diedero all’imperatore di Germani quando dovettero scegliere con chi andare. All’unanimià sentenziarono: “Eamus ad bonos Venetos”: A Venezia erano demandate solo le cause criminali contro lo Stato, per spionaggio, ecc. e in quella che oggi sarebbe l’ attuale Corte di Cassazione. Per quanto riguarda la tassazione, essa era unica per tutti e gravava per un decimo del guadagno. A tal proposito c’era una apposita Magistratura detta “Savi sopra le decime” ed aveva gli uffici nel palazzo del Camerlenghi. O attuale ministero delle finanze. La consilgio, pertanto, a lei e a quanti vogliono saperne di più e con cognizione di causa, o di acquistare i vari volumi che interessano presso la casa editrrice Franco Filippi, in calle Cassellerie a Castello, oppure di accedere presso l’archivio dei Frari in Venezia, dove c’è una vasta documentazione sui 14 secoli di vita della Repubblica di Venezia.
Faccio notare che furono per prime le città della terraferma Veneziana a ribellarsi contro il boia Napoleone, in quanto non ne volavano sapere di egalitè fraternitè ecc. ma solo e soltanto rimanere con la Repubblica di Venezia.
In generale, tutte le volte che vedo un Piemonte/Lombardia/Toscana/Veneto Stato mi vien da metter mano alla pistola…
Né mi sembra buona idea riesumare i leviatani dei tempi andati.
La libertà non passa per stati, vecchi o nuovi, né tanto meno per padanie varie.
Il progetto dei liberi comuni d’italia mi sembra interessante.
Certo, quel “d’italia” non mi piace, però il succo è quanto di più libertario ci sia in giro.
Per carità: è una causa persa!
Però, causa persa per causa persa, preferisco dare il mio sostegno a qualcosa che sia in linea con i miei ideali libertari.
I progettini di nuovi staterellini con banchine centraline, annesse stampantine di monetine, e immancabili bondini governativini mi danno il voltastomaco…
Per il voltastomaco le consiglio una bella limonata calda: così ottiene due effetti: passar la nausea e liberare l’intestino.
La sua opinione non tange minimamente la desiderata della maggioranza dei Venezia. E se lei fosse un democratico, come cerca di far capira ma invano, dovrebbe rispettare le idee altrui così come io stesso rispetto le sue. Non voglio polemizzare, perchè non so la figura che le farei fare, ma solo le accludo quanto ebbe a scrivere lo scrittore PIer Luigi Mozzetti: …Quale parte d’Italia può vantare ne’ suoi fasti la gloriosa ed immacolata Storia delle Repubblica Serenissima di S. Marco? E’ risalendo a quelle invidiate, ma giammai emulate, memorie che si fortifica, si consolida, il pensiero moderno; per cui fonte di ammaestramento e argomento di imitazione ai pubblici amministratori, nel limite delle mutate contingenti.essere il ricordo del passato. Siamo desiderosi che le conquiste della modernità abbiano a compiersi nel solco delle tradizioni, sull’esempio dei Nostri Grandissimi Antenati. Abbiamo avuto una storia, una civiltà, una legislazione saggia e previdente, che fù ed è citata ad esempio. Rinvangando nei secoli troveremo pertratte le questioni che oggi ci agitano, troveremo difesi gli stessi interessi regionali che oggi vediamo trascurati e minacciati. Rifacciamoci dunque per amore, per pietà, per tronaconto, ai Nostri Padri, guardiamo in faccia, forti del Loro ausilio, con coraggio e quindi più onestà e operosità, il nostro avvenire.
Cordialità
gigio zanon