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Si dicono “liberali” e poi tifano per il comunista ellenico

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BRUNETTAdi MATTEO CORSINI

“Forza Italia voterà contro l’articolo 8 della legge di delegazione europea 2014, oggi in Aula a Montecitorio, che prevede il cosiddetto ‘bail in’, ovvero il salvataggio delle banche attingendo a risorse interne, con prelievi anche dai correntisti, e non più facendo ricorso al ‘bail out’, il salvataggio dall’esterno tramite le casse pubbliche. In estrema sintesi: dall’1 gennaio 2016 se le banche saranno in default potranno attingere dai conti correnti sopra i 100 mila euro, dalle azioni e dalle obbligazioni dei propri clienti-risparmiatori. Una misura inaccettabile per Forza Italia, un vero e proprio prelievo forzoso contro le famiglie, contro le imprese, e solo nell’interesse delle grandi banche. Ci opporremo con ogni mezzo a chi vuol metter le mani nelle tasche degli italiani”. Quando uno sente parlare Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia alla Camera dei deputati, si rende conto che le parole “liberalismo” e “libertà”, tanto care a chi milita in quel partito, sono continuamente abusate da oltre vent’anni.

In fin dei conti Brunetta, come tanti di quelli che hanno ricoperto posizioni di rilievo in Forza Italia (nelle sue diverse fasi e denominazioni) prima della “discesa in campo” di Berlusconi era un socialista. E tale è rimasto.

Tra le tante iniziative tecno-burocratiche dell’Unione europea, una delle meno peggio è quella della disciplina che entrerà in vigore dal 2016 per la gestione delle crisi bancarie. Mentre finora ha prevalso il cosiddetto “bail out”, ossia il salvataggio dall’esterno, dal 2016 si passerà al “bail in”, ossia il salvataggio dall’interno. Non so se e come funzionerà, ma il principio non dovrebbe essere osteggiato da uno che si dice liberale, soprattutto non dovrebbe essergli preferito il “bail out”.

In pratica, con il “bail out” le banche, anche se non vi era alcun obbligo al riguardo, finivano per essere salvate mediante l’intervento dello Stato; i costi erano quindi interamente a carico dei pagatori di tasse. Il modello ha favorito l’azzardo morale da parte dei banchieri, dato che i profitti erano privati e le perdite, se tali da portare alla bancarotta, erano socializzate.

Con il “bail in”, al contrario, i costi del salvataggio ricadranno in primo luogo sugli azionisti, poi sugli obbligazionisti subordinati, poi sugli obbligazionisti non subordinati, quindi sui depositi oltre la soglia di 100mila euro. Qualora il costo del salvataggio superi l’8 per cento delle passività totali, allora ci sarà l’intervento pubblico. In pratica, un rischio per i contribuenti rimane, ancorché attutito. A questo, semmai, si dovrebbe opporre chi non vuole che siano coinvolti i pagatori di tasse.

Non vedo per quale motivo chi è azionista o creditore di una società non dovrebbe sopportare i rischi di un fallimento di quella società. In linea di massima, quando una società è insolvente, o si trovano nuovi capitali, oppure andrebbero azzerate le azioni e convertiti i debiti in capitale. In alternativa rimane la liquidazione, e in quel caso gli azionisti comunque perderebbero tutto e i creditori perderebbero una parte più o meno consistente dei loro crediti.

Secondo Brunetta, invece, il “bail in” sarebbe “un vero e proprio prelievo forzoso contro le famiglie, contro le imprese, e solo nell’interesse delle grandi banche”. Il che lo porta ad annunciare un’opposizione “con ogni mezzo a chi vuol metter le mani nelle tasche degli italiani”.

Ora, il fatto è che le mani nelle tasche degli italiani le si mettono molto di più con il “bail out”, dato che in quel caso il salvataggio è totalmente a carico dello Stato, ossia dei pagatori di tasse. Nel caso del “bail in”, al contrario, si fanno sopportare gli oneri prima ad azionisti e creditori. Semmai si dovrebbe pretendere che non vi fosse nessun intervento dello Stato neppure nell’ambito del “bail in”. E se davvero si avesse a cuore la sorte dei depositanti, si dovrebbe fare opposizione alla riserva frazionaria. Perché non c’è sistema di garanzia dei depositi che tenga in modo assoluto, se non un coefficiente di riserva pari al 100 per cento.

Invece ci tocca di sentire invocare un giorno sì e l’altro pure il quantitative easing della Bce e fare il tifo per il comunista in salsa ellenica Tsipras, da parte di chi continua senza pudore a usare del tutto a sproposito parole come libertà e liberalismo.

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3 COMMENTS

  1. L’articolo di Matteo Corsini è condivisibile in alcuni punti, ma mi sembra errato in altri. Condivisibile l’opinione che le banche siano aziende che possono fallire e che, le eventuali manovre di salvataggio, non devono essere a carico dei contribuenti, cioè della fiscalità generale.
    Il salvataggio deve senz’altro coinvolgere gli azionisti, proprietari pro quota della banca e investitori di capitale a rischio. Meno corretto è coinvolgere i clienti, sia prelevando soldi dai conti correnti, sia soprattutto prelevandoli dai titoli in deposito. I correntisti solo forzatamente possono ritenersi creditori della banca, e quindi, come i creditori di qualunque azienda in fallimento, coinvolti nel fallimento stesso. I titolari di deposito di credito, poi, non possono in nessun modo ritenersi creditori della banca, a cui sono costretti a rivolgersi per un semplice servizio di intermediazione e custodia. In particolare gli obbligazionisti sono creditori nei confronti di chi ha emesso le obbligazioni, non della banca che semplicemente le custodisce. Quindi, al massimo, ci si potrebbe rifare anche sugli obbligazionisti solo limitatamente alle obbligazioni emesse dalla banca in fallimento, non per quel che concerne altri tipi di titoli e di obbligazioni, emessi da altri enti economici.
    Altrimenti sarebbe cose se, nel caso del fallimento di un garagista, si sequestrassero le auto lasciate in custodia nel garage per utilizzarle a salvamento dell’azienda. Sarebbe un furto al 100% contro ogni logica di qualunque tipo, e tanto più contro una logica liberale.
    Matteo Corsini non mi sembra che distingua i vari tipi di coinvolgimento dei clienti delle banche e finisce per affermare, mi sembra di capire, che per evitare un coinvolgimento della fiscalità generale è meglio un prelievo ingiustificato, di tipo rivoluzionario comunista, dalle tasche di chi ha fondi in custodia presso le banche.
    Così Brunetta e la destra che rappresenta compie lo stesso errore, di segno rovesciato, difendendo i clienti delle banche (la famiglie, dice) in ogni caso, anche quando sono effettivamente azionisti e creditori-investitori, e non si limitano a usare la banca per il servizio di custodia, visto che ormai l’organizzazione finanziaria è organizzata in modo tale da rendere impossibile ogni tipo di operazione senza l’intermediazione delle banche.

  2. L’abominio è i bail-out, e non il bail-in.

    Per me le banche, per quanto grandi, possono e devono fallire se il mercato lo decreta.
    Lo stato ne deve stare fuori, la Banca centrale idem.
    E i risparmiatori devono premurarsi di controllare attentamente a chi danno i loro soldi.
    E’ semplice.

  3. Forza Italia non è mai stata liberale, ma dubito che anche i suoi militanti e soprattutto i suoi elettori lo siano. Se Forza Italia non è mai stata liberale è anche perchè non esiste un elettorato liberale in Italia. La destra in Italia sta coi tassisti contro Uber, vuole l’impignorabilità della prima casa e la messa al bando degli Ogm.. in Italia c’è la destra sociale che vuole più case popolari, ma solo agli italiani, e quella nazionalista, cè la destra guerrafondaia, sorta di neocon, e quela proibizionista, che sta con Giovanardi per mettere in galera chi si fa le canne, c’è la destra ciellina e quella “cattolico fondamentalista” che mette in discussione aborto, contraccezione, ricerca, etc.., c’è la destra che fa le battaglie contro il kebab e quella che rimpiange il duce.. c’è la destra che vuole mettere dazi e tariffe contro la Cina e quella che vuole tassare di più il gioco d’azzardo.. ma la destra liberale quella proprio non esiste. Un partito che prenda i voti degli elettori liberali in Italia prende lo 0,2% a dire tanto.

    I più liberali pensano che si debbano abbassare un po le tasse e semplificare un po la burocrazia.. stop e fine del liberalismo italiota.

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