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Sinistra: non un pensiero politico, ma una patologia

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di LORIS ECCHELI

La sinistra ha da molto tempo smesso di essere una corrente di pensiero politico. Si è trasformata in una patologia. Il professor Vizioli (docente di Neuropsichiatria e Neurologia presso le Università di Cagliari, Napoli e Roma), ne traccia un quadro clinico.

Questo è un piacevolissimo estratto:

  • “Il pensiero del comunista è organizzato su uno schema esclusivamente emotivo, che nega qualsivoglia parametro di realtà e che agisce sugli strati pulsionali e primitivi del sistema rettile del cervello.
    Il meccanismo psicopatologico è facilmente comprensibile con alcuni esempi.
    “Il comunismo ha sempre combattuto per la democrazia, la libertà e il benessere dell’uomo”.
    Ora, c’è qualcuno che possa documentare questa affermazione in un qualunque Paese del mondo – dalla Rivoluzione di ottobre ad oggi? C’è qualche popolo che possa testimoniare sulla prosperità ottenuta e sui diritti individuali esercitati in un potere comunista?
    Nessuno.
    I disastrati apologeti ti risponderebbero che quello non era il “vero” comunismo, e che il vero comunismo è altro e altrove.
    “Il comunismo è il difensore delle minoranze e delle ragioni personali”. Dove?
    In Italia, dove il PCI espelleva l’omosessuale Pasolini per indegnità morale?
    In Spagna, paese europeo che ha conosciuto la più sanguinaria eliminazione degli anarchici alleati?
    All’Est? Dove in nome dell’ateismo di Stato vennero imprigionati e soppressi decine di migliaia di cristiani e le chiese trasformate in granai?
    “Il comunismo è per la pace tra i popoli”.
    È un po’ difficile da sostenere questa tesi da parte di una ideologia che ha procurato oltre cento milioni di morti, a meno che per pace non si consideri quella eterna cimiteriale di tutti gli oppositori attivi, e quella della censura poliziesca che ha riempito carceri e gulag di dissidenti di ogni tipo.
    Gli esempi potrebbero continuare, ma una domanda sorge spontanea: se questa è una malattia, quale potrebbe essere la cura? È qui che la questione si fa scottante.
    Il problema clinico è talmente grave che rientra in quei disturbi che vengono considerati non solo incurabili, ma addirittura intrattabili.
    L’ideal-tipo comunista è un narcisista talmente invischiato nella propria falsa identità che non può tollerare un confronto con la realtà.
    I suoi meccanismi difensivi sono quelli primitivi: la negazione, che allontana ogni responsabilità e presa di coscienza, e la proiezione, che rinvia ad altri ogni causa dei fallimenti e delle frustrazioni. Mentre da un lato c’è una percezione inconscia, e inammissibile razionalmente, del fallimento personale e politico, dall’altro subentra una compensazione patologica per affrontare il senso di impotenza e di delusione.
    La sua debolezza, la sua incompetenza e la sua disgrazia esistenziale scatenano delle reazioni eccessive che, alla fine, diventano un vero e proprio abito mentale ed una struttura caratteriale.
    Il comunista non accetta l’incertezza, quindi la dialettica ragionata, ma vive e si relaziona con l’altro e il mondo circostante solo attraverso il filtro del sospetto e della diffidenza, perché le sue difese psicotiche – fondamentali per sostenere una pur distorta immagine idealizzata di sé – gli impediscono di confrontarsi con punti di vista altrui, di accettare un livello di fiducia, di condividere ipotesi e prospettive.
    Il mondo comunista è una “pseudocomunità paranoide”, cioè un sistema immaginario dentro al quale c’è la verità e la giustezza, mentre fuori prevale un dispositivo persecutorio e cattivo.
    Tale stato psichico comporta necessariamente un unico sentimento: l’odio.
    In altre parole, se tutto è interpretato contro di lui, tutto è nemico, quindi da odiare e da distruggere.
    All’interno di questa logica perversa e regressiva, il contraddittorio non può essere tollerato e l’unica azione possibile è tacitare chiunque sia percepito come un pericolo per la propria identità contraffatta e malata”.

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4 COMMENTS

  1. Mi permetto solo di suggerire la sostituzione di “comunismo” con “collettivismo”, in modo da includere tutti gli psicotici del cosiddetto arco costituzionale, che siano di destra, centro o sinistra poco importa.

      • Una società anarco – capitalista è la cura per la riparazione dei danni compiuti dai collettivisti e dagli statalisti. Una cura individuale per questi ultimi non credo ci sia. La medicina preventiva per evitare che vi siano altri infatuati dallo statalismo è la cultura. E su questo abbiamo poche farmacie aperte. Se Elon Musk volesse aiutarci ad aprirne qualcun’altra nel pianeta… A meno anche lui non appartenga, sotto sotto, al sistema in tutto e per tutto. Come a volte temo.

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