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Sinistrorsi della silicon valley: i falsi amici del mercato

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di MATTEO CORSINI

Se c’è una cosa che mi infastidisce, ma che già Adam Smith nel suo “Indagine sulla natura e le cause della ricchezza delle nazioni” aveva evidenziato, è la tendenza da parte delle imprese che hanno avuto successo sul mercato a ritenere che lo stesso non funzioni bene e debba essere in qualche modo corretto, magari formando dei cartelli e cercando la protezione dello Stato.

Prendete, per esempio, l’amministratore delegato di Apple, Tim Cook:

  • Il mercato non sta funzionando, l’auto-regolazione è un fallimento, dobbiamo accettare un maggiore intervento dello Stato”.

Ogni nuova regolamentazione comporta generalmente oneri proporzionalmente superiori per le piccole imprese e tende anche a rappresentare barriere all’entrata. Non stupisce affatto che chi ha raggiunto una quota di mercato significativa, proprio quando la concorrenza inizia a mordere, si dica convinto che sia necessario “un maggiore intervento dello Stato”.

Ma non si tratta di rimediare a fallimenti di mercato, bensì di proteggere se stessi dal fallimento (o dalla perdita di quote di mercato) per via della concorrenza da parte di altre imprese.

Il fatto che ciò non stupisca non significa che non rappresenti una manifestazione di grande ipocrisia. Come spesso capita nelle posizioni dei tanto sinistrorsi quanto miliardari (proprio grazie al mercato) signori della Silicon Valley.

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