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Smettiamola di parlare dell’italia “una e indivisibile”

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federazione-italianadi GIAN LUIGI LOMBARDI CERRI

Hoppe ha lanciato l’ennesimo sasso in piccionaia! E uno dei suoi recenti scritti è comparso sul Miglio Verde. Ma Hoppe è un teorico (con il massimo rispetto per i teorici ogni campo) , ma se alla teoria non seguono gli applicativi fatti da persone che hanno esperienze di gestione, il tutto rimane lettera morta. Sarebbe quindi opportuno che sul Miglio Verde si aprisse un dibattito sul “come fare” per schiodarsi dalla strada senza sbocchi in cui ci siamo cacciati.

Anzitutto (e direi FONDAMENTALE) la struttura generale dello Stato. Pensare che uno Stato, costituito da blocchi di popolazioni con filosofie, culture e storie abissalmente diverse (messe insieme con una unione forzata, e tuttora mantenuto attraverso truffe inenarrabili ) possa essere gestito da un potere centrale è pura follia. Lasciamo da parte, per un momento il dibattito tra nordisti e sudisti, ma una cosa è certa, aldilà (come si suol dire) di ogni ragionevole dubbio, che tra Nord e Sud c’è un incolmabile abisso culturale.

C’è maggior distanza tra un Lombardo ed un Calabrese che tra un Veneto ed un Austriaco. Ed è inutile cercare di indorare la pillola con uno stupido patriottismo. La realtà è quella che è. E’ pure inutile invocare lo slogan “grande è bello” grazie alla disponibilità (per ora fuori d’Italia) di meravigliosi mezzi gestionali. Se vogliamo che i problemi invece di acuirsi (perché alla fin fine, dopo un mare di chiacchiere la gente si incazza) tendano almeno ad attutirsi, se non a risolversi totalmente occorre che tutti si convincano che le “regole di gestione “ chiamate Leggi siano redatte e gestite da comunità abbastanza omogenee. Chiamatele Regioni, chiamatele Cantoni, chiamatele come volete ma le comunità devono essere relativamente piccole e snelle.

Il centro, ridotto a dimensioni microscopiche perché più grande è e  più danni fa, deve solo fungere da Ufficio di collegamento intercomunitario. Senza potere decisionale. Per i problemi comuni saranno le singole unità gestionali a mettersi d’accordo e stabilire regole condivise su problemi specifici. Per cui potrebbe accadere che su alcuni problemi Lombardia, Veneto e Toscana sentissero la necessità di regole comuni, mentre per altri problemi Veneto, Austria e Slovenia ritenessero opportuna una comunanza legislativa.

Se guardiamo “l’armonia” delle Leggi italiane e, sopratutto le loro modalità applicative, rimaniamo basiti. Smettiamola quindi di parlare di “Italia una e indivisibile” perché salvo i sogni  di qualche cittadino non c’è niente in comune.  Tutta questa menata costa soldi, sacrifici e tempo senza alcun risultato che quello di peggiorare sistematicamente la situazione. E veniamo ora ai politici.

E’ indispensabile capovolgere la funzione del politico. Il politico deve smettere di fare la guida, mestiere per il quale la stragrande maggioranza degli attuali politici è assolutamente negata. Negata culturalmente e caratterialmente. Il politico deve trasformarsi nel portavoce (portavoce e non interprete) dei desideri di una collettività. Deve quindi possedere alcune caratteristiche di base, di cui la prima è avere in mano un mestiere con il quale campa. Diversamente se non ha mestiere quello del politico lo diventa.

E pertanto, nella paura di perdere la poltrona lo difende con le unghie e coi denti a qualunque prezzo. Il candidato deve quindi essere convinto che dopo una tornata se ne torna a casa , senza se e senza ma e riprende a fare il proprio mestiere. Se ce l’ha, bene, e se no salta i pasti. Quando uno si candida ad un posto pubblico, domandatevi sempre come faceva a mangiare cinque minuti prima di candidarsi. E non mi si venga a dire che il mestiere del politico si deve imparare. Se per mestiere del politico è quello di fottere elettori e avversari, certamente è necessaria una pluriennale esperienza , se invece il mestiere del politico e quello di dare una mano alla baracca , allora è più che sufficiente una buona esperienza acquisita nella vita di lavoro.

Qualunque mestiere uno abbia fatto sino al momento della sua elezione. Supporto dei politici. Abbiamo dianzi detto che i politici devono essere dei portavoce. Questo significa che, dietro  ad ognuno di loro ci deve essere un team che ( almeno per la stragrande maggioranza dei componenti) lavora GRATIS in base al criterio che se  il mio vicino mi chiede di dargli una mano per arginare il fiume che passa da casa sua, ci vado e non gli mando la parcella. Perché siamo sulla stessa barca!

Diversamente? Una, cento, mille Tor Vergata peggiorata. Chi ha orecchie da intendere, intenda. Scriveva Hemingway: “Quando senti suonare una campana, non domandarti per chi suona: essa suona anche per te”.  

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11 COMMENTS

  1. http://tinyurl.com/pquwkr6

    L’incompatibilità tra i popoli del Nord e quelli del Sud potrebbe avere a che fare con la diversa prevalenza della consanguineità. La famiglia estesa è un’istituzione più meridionale che settentrionale, ed è possibile che questo sia la causa delle differenze di temperamento e di intelligenza (si vedano gli studi di Lynn) tra le popolazioni.

    • Non ho parlato di intelligenza , ma di capacità organizzative e di cultura diversa.
      Se qualcuno vuole inoltrarsi in studi di “razza” cominci a spiegarsi come mai gli africani dell’est Africa sono percentualmente migliori fondisti degli altri.
      Il giochetto di buttare tutto nella solita caciara del “fascismo” o del “razzismo”, con me non funziona.

      • Non capisco, la razza non esiste, è questa l’idea? Credo invece che sia la cultura che le capacità organizzative sono condizionate da fattori fisiologici e che a sua volta la cultura e le pratiche eugenetiche vigenti incidono sull’evoluzione di un popolo. Una combinazione di caratteri ereditati e acquisiti, insomma.

        Preferisco non confondere ciò che considero una scienza naturale con un’ideologia politica.

      • L’esempio dei maratoneta etiope è un classico ma le differenze tra popoli di diverse storie evolutive non sono limitate a quelle fisiche, ma anche quelle di intelletto e, ipotizzo, anche di temperamento.

        Ho sollevato il punto non per negare le importanti differenze culturali tra Nord e Sud ma perché non credo che la cultura o l’istruzione da sola possa plasmare le persone.

    • L’incompatibilità è una cosa ovvia, sarebbe da stupirsi sul contrario.
      Geneticamente i padani appartengono ad un aplogruppo comune con svizzeri, francesi, spagnoli, irlandesi. Gli italiani hanno un aplogruppo comune con i greci ed i turchi orientali.
      La Padania culturalmente è la parte più meridionale dell’Europa settentrionale, da i celti (gallia cisalpina), agli ostrogoti e longobardi (scandinavi), all’Impero germanico (vedi le lotte con il Barbarossa) all’Impero austroungarico. Perfino il nostro cattolicesimo è diverso, impregnato come è di calvinismo. La chiesa cattolica dovette inventarsi il giansenismo, la provvidenza divina, per avere un qualcosa di simile alla predestinazione calvinista.
      Gli italiani invece sono profondamente mediterranei.
      Praticamente è come se qualcuno avesse messo dei montanari svizzeri tedeschi e dei berberi tunisini a vivere nel medesimo Stato, solo un folle lo farebbe, non dimentichiamoci che il delitto d’onore, la “fuitina” sono cose sparite solo da poco in Sicilia, la mafia, la camorra invece esistono ancora adesso.
      Ecco perché ci sono più differenze tra un Lombardo ed un calabrese che tra un Veneto ed un Austriaco, per non parlare di piemontesi e valdostani che di fatto sono la quarta area francofona (dopo svizzera romanda, Belgio vallone e Quebec) esistente al mondo.
      E’ genetica, è storia, è cultura….

      • Condivido al cento per cento. La ricca biodiversità umana all’interno della Repubblica comincia a essere riconosciuta anche dalla scienza.
        http://tinyurl.com/jvu9d6q

        Credo che la cultura deriva principalmente da tratti caratteriali innati anche se riconosco che la cultura a lungo andare può anche essa privilegiare/punire certi tratti.

      • La cosa che dovrebbe capire chi ci governa e sfrutta : bisogna prendere atto della realtà senza arrampicarsi sui vetri usando un patriottismo da strapazzo.
        Nella storia dell’umanità chi ha tenuto questo atteggiamento ( vedi a puro esempio Luigi XVI) è finito molto male.
        Purtroppo è sempre più vero che “quello che gli dei vogliono perdere , prima lo fanno impazzire”.

    • Molto interessante questa correlazione. Penso tuttavia che sia solo un riflesso delle diverse origini etniche dei popoli dell’attuale Italia. In altre parole, il QI nelle diverse regioni è correlato inversamente al loro grado di “meridionalità”. Il cosiddetto nord-ovest risulta (lievemente) meno “intelligente” del cosiddetto nord-est, secondo me, perché l’immigrazione meridionale si è concentrata prevalentemente al “nord-ovest”. La consanguineità è probabilmente uno dei diversi indicatori della “meridionalità”. Non è poi nemmeno detto che le differenze di QI debbano essere solo o prevalentemente genetiche. La differenza di mentalità potrebbe essere sufficiente. In questo caso, lo stesso grado di “meridionalità” sarebbe un indicatore della (profonda) differenza di mentalità. Preciso che non lo dico per correttezza politica ma per rispetto dell’evidenza scientifica. Sono (molto) etnista ma oggettivamente riconosco che, quando si parla di razze ed etnie, le differenze di storia e mentalità possono creare oggettive differenze, e anche superiorità e inferiorità, anche indipendentemente da fattori genetici. I quali, secondo il mio modesto avviso, interagiscono in maniera complessa con i fattori culturali. La questione potrebbe essere chiarita, per quanto possibile, qualora la correttezza politica non impedisse indagini che, invece, si potevano tranquillamente condurre, prima del secondo dopoguerra, anche nell’ambito delle società liberali. Aggiungo infine che se anche se differenze fossero prevalentemente culturali, cambiare la cultura di un’etnia è altrettanto difficile che alterarne il dna.

  2. Direi proprio di smettere di parlare dell’Italia, visto che è un invenzione come la Jugoslavia o la Cecoslovacchia.
    Faccio un esempio per assurdo: l’Italia nel fare la Costituzione nel 1947 mette dentro nell’art. 131 che ne fanno parte anche la Nuova Zelanda ed il Madagascar. Ovviamente i neozelandesi ed i malgasci alla richiesta di pagare le tasse all’Italia o di accettarne i Prefetti rispondono con pernacchie.
    Ebbene la medesima situazione c’è con noi, senza andare tanto lontano. La liguria non ha mai avuto la possibilità di fare un plebiscito, dopo il Congresso di Vienna doveva essere ricostituito lo status ante Napoleone, invece la Repubblica ligure venne inglobata nel Regno di Sardegna. A Nizza ed in Savoia vennero fatti plebisciti “truffa” per staccarli dal Piemonte, il Piemonte non venne mai interpellato su tale distacco o il suo ingresso forzato nel Regno d’Italia. I plebisciti di Veneto, Lombardia ed Emilia erano anch’essi plebisciti “truffa” ed andrebbero come minimo rifatti, taccio per la rinuncia ad Istria e Dalmazia per una guerra persa dall’Italia e non dalla Padania occupata.
    In poche parole che la Costituzione italiana metta nell’articolo 131 che ne fanno parte anche Pimonte, Valle d’Aosta, Lombardia, Emilia-Romagna, Trentino Alto Adige, Veneto, Friuli Venezia Giulia è pura fantasia, più o meno come con l’esempio di Nuova Zelanda e Madagascar, non ha valore e quindi che l’Italia sia una ed indivisibile ci fa piacere, ma la cosa non ci riguarda perché noi non facciamo parte dell’Italia, siamo solo occupati illegalmente.

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