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Rothbard: lo Stato è ladro, gli intellettuali sono i suoi servi

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di GUY SORMAN*

Se pensate che l’antistatalismo dei liberali sia eccessivo, evidentemente non conoscete la dottrina libertaria e Murray N. Rothbard, la sua guida intellettuale. In confronto a Rothbard, i liberali sono dei moderati. Secondo Rothbard lo Stato non esiste in quanto tale: parole come “Stato” e “società” sono illusioni verbali, semplici metafore, non entità reali. Lo Stato è soltanto un’associazione di individui che hanno concordato tra loro di farsi chiamare in tal modo.

Costoro si sono posti l’obiettivo di esercitare il monopolio legale della violenza e dell’estorsione. Murray Rothbard afferma tutto ciò con pacatezza, come se si trattasse di ovvietà ben note, logicamente concatenate fra loro. Rothbard ha insegnato economia all’università di Las Vegas. Ma che chi è un libertario? Non è un membro di una setta religiosa americana, anche se si riscontra in Rothbard un dogmatismo intellettuale e dei discepoli.

I libertari hanno un padre fondatore: l’economista austriaco Ludwig von Mises, intransigente assertore del laissez−faire, che annovera tra i suoi allievi sia Hayek sia Rothbard. In Europa, Rothbard sarebbe considerato un ultraliberale, ma veramente molto ultra! Per i libertari lo Stato è infatti il male assoluto; tutto può essere privatizzato, comprese la Giustizia e la Difesa! Ogni uomo, secondo Rothbard, nasce con il diritto naturale alla proprietà, e ogni attacco alla proprietà viola tale diritto.

I libertari sono quindi anarchici (no allo Stato!) e capitalisti. Ecco perché Rothbard ha scelto di vivere nel Nevada, lo Stato più libero d’America, seppure “non ancora abbastanza, secondo me”, ebbe a dire. In ogni caso lo spirito d’iniziativa vi ha libero sfogo… Se ci sforziamo di comprendere le idee di Rothbard, scopriamo che è coerente.

Prenda le tasse, mi dice: si tratta di un puro e semplice furto, perché non sono volontarie. I padroni dello Stato sono gli unici individui della nostra società che ottengono le loro entrate per costrizione. I teorici della democrazia spiegano che le tasse sono volontarie: un contratto stipulato tra lo Stato e il popolo. Falso! Esclama Rothbard. Basterebbe eliminare l’intimidazione legale per far sì che i contribuenti smettano immediatamente di pagare. Perché lo Stato è generalmente ritenuto legittimo e non illecito? «In ciò interviene il ruolo dell’ideologia e degli ideologi», risponde Rothbard. In ogni tempo lo Stato ha mantenuto cortigiani la cui funzione consisteva nel legittimarlo.

Gli ideologi hanno il compito di spiegare che un delitto commesso da un individuo è condannabile, mentre quello di massa a opera dello Stato è giusto. Senza ideologia non vi sarebbe Stato. Gli uomini politici lo sanno sin dalle epoche più antiche. Il contenuto delle ideologie è sempre lo stesso: convincere l’opinione pubblica che l’esistenza e le malefatte dello Stato sono necessarie e devono essere perdonate.

Nessuno Stato, insiste Rothbard, sia nella forma di monarchia, che di democrazia o di dittatura, può sopravvivere a lungo senza l’appoggio dell’opinione pubblica. Il sostegno non ha bisogno di essere attivo: basta la rassegnazione. Etienne de la Boétie, nel Discorso sulla servitù volontaria, già quattro secoli fa aveva definito lo Stato come il potere tirannico di una minoranza accettato da una massa consenziente. Da ciò nasce l’importanza per lo Stato di reclutare quei fabbricanti di ideologie che sono gli intellettuali. Per un lungo periodo di tempo, gli ideologi sono stati i membri della classe sacerdotale. In epoca moderna sono stati sostituiti dai discorsi, apparentemente più scientifici, degli economisti, degli scienziati e di altri docenti universitari.

Non è un caso che questi propagandisti siano più o meno tutti impiegati statali e che lo Stato controlli più o meno direttamente tutti i mezzi d’espressione e di comunicazione. È il modo di impedire una rivoluzione libertaria. Se è comprensibile che lo Stato voglia controllare gli intellettuali, perché gli intellettuali hanno bisogno dello Stato? «Ogni intellettuale condivide, nel suo profondo, l’ideale platonico del filosofo−re», mi risponde Rothbard. Inoltre, sul mercato dei consumi, i servigi offerti dagli intellettuali sono scarsamente richiesti. Lo Stato garantisce quindi un minimo di mercato!». Se le tasse sono un furto, la guerra è un crimine e il servizio militare una schiavitù.

Un furto è sempre un furto, un crimine è sempre un crimine: «Che l’uno o l’altro siano perpetrati da un uomo solo o da un gruppo di uomini non ne modifica affatto la natura delittuosa».

E anche in questo caso la democrazia non scusa niente: un’azione criminale non smette di essere tale solo perché una maggioranza l’approva o la condanna! In definitiva, secondo Rothbard, «lo Stato è la più vasta e più importante organizzazione criminale di tutti i tempi, più efficiente di qualsiasi mafia della storia».

Gli intellettuali sono ideologi pagati dallo Stato

Perché lo Stato è generalmente ritenuto legittimo e non illecito? «In ciò interviene il ruolo dell’ideologia e degli ideologi», risponde Rothbard. In ogni tempo lo Stato ha mantenuto cortigiani la cui funzione consisteva nel legittimarlo. Gli ideologi hanno il compito di spiegare che un delitto commesso da un individuo è condannabile, mentre quello di massa a opera dello Stato è giusto.

Senza ideologia non vi sarebbe Stato. Gli uomini politici lo sanno sin dalle epoche più antiche. Il contenuto delle ideologie di cambiare, ma lo scopo è sempre lo stesso: convincere l’opinione pubblica che l’esistenza e le malefatte dello Stato sono necessarie e devono essere perdonate. Nessuno Stato, insiste Rothbard, nella forma di monarchia, di democrazia o di dittatura, può sopravvivere a lungo senza l’appoggio dell’opinione pubblica.

Il sostegno non ha bisogno di essere attivo: basta la rassegnazione. Etienne de la Boétie, nel Discorso sulla servitù volontaria, già quattro secoli fa aveva definito lo Stato come il potere tirannico di una minoranza accettato da una massa consenziente. Da ciò nasce l’importanza per lo Stato di reclutare quei fabbricanti di ideologie che sono gli intellettuali.

Per un lungo periodo di tempo, gli ideologi sono stati i membri della classe sacerdotale. Nell’epoca più moderna sono stati sostituiti dai discorsi, apparentemente più scientifici, degli economisti, degli scienziati e di altri docenti universitari. Non è un caso che questi propagandisti siano più o meno tutti impiegati statali e che lo Stato controlli più o meno direttamente tutti i mezzi d’espressione e di comunicazione.

E’ il modo di impedire una rivoluzione libertaria. Se è comprensibile che lo Stato voglia controllare gli intellettuali, perché gli intellettuali hanno bisogno dello Stato? “Ogni intellettuale condivide, nel suo profondo, l’ideale platonico del filosofo−re”, mi risponde Rothbard. “Inoltre, sul mercato dei consumi, i servigi offerti dagli intellettuali sono scarsamente richiesti. Lo Stato garantisce quindi un minimo di mercato!“.

Lo Stato può essere privatizzato completamente

I filosofi sono pressoché concordi nel ritenere che il fondamento della natura umana sia la libertà, afferma Rothbard; ma solo i libertari ne traggono conclusioni coerenti. In concreto, cos’è la libertà? “Il diritto naturale, per ogni individuo, di disporre di se stesso e di ciò che ha acquisito con lo scambio o con il dono. La proprietà e la libertà sono quindi indissolubili: ogni attacco alla proprietà è un attacco alla libertà. Le società che separano libertà e diritto di proprietà privano l’uomo delle condizioni necessarie ad esercitare realmente i suoi diritti. Non esiste quindi alcun diritto reale che possa essere distinto dalla proprietà“.

E il diritto di parola?. «Il diritto di parola si può esercitare solo usando ciò di cui si è proprietari, oppure chiedendo il permesso al proprietario. Ad esempio, occorre disporre di un giornale o di una sala, oppure prenderli in affitto dal legittimo proprietario». Una società può realmente funzionare senza lo Stato? Tutta l’opera di Murray Rothbard è una risposta affermativa e concreta a questa domanda.

Facciamo alcuni esempi, tra i più estremi. Le strade devono essere privatizzate? «Sì, se alcune società private fossero proprietarie delle strade farebbero pagare l’accesso e avrebbero interesse a garantirne la manutenzione. Se tutte le strade pubbliche delle grandi città fossero privatizzate, la sicurezza sarebbe meglio garantita».

L’economia di mercato come potrebbe sostituirsi allo Stato per assicurare i servizi oggi forniti dalla polizia e dalla giustizia? Murray Rothbard obietta sul modo in cui è stata posta la domanda: “Polizia e giustizia non sono concetti astratti, ma sono formate da una serie di precisi servizi che lo Stato fornisce più o meno bene. I vari compiti di un servizio di polizia potrebbero benissimo essere affidati a imprese private, che avrebbero interesse a soddisfare e a rispettare i clienti. In una società libertaria si tratterebbe molto probabilmente di compagnie di assicurazione, che trarrebbero vantaggio nel limitare il crimine e il furto più di quanto ne tragga la polizia attuale, e includerebbero il relativo costo nel premio da pagare. La concorrenza tra le compagnie di assicurazione e di polizia contribuirebbe a un generale miglioramento della sicurezza!“.

Non sorgerebbero conflitti tra le polizie private?. «Sì, ma sarebbero meno violenti dei conflitti tra Stati. La società libertaria sarebbe un po’ disordinata, ma meno pericolosa del mondo attuale, regolato dai governi. Per di più, in una società libertaria le compagnie private avrebbero interesse a limitare i conflitti, dannosi agli affari, mentre gli Stati hanno interesse a prolungare le guerre, che ne rafforzano il potere e il prestigio».

Anche la giustizia si presta alla privatizzazione?. «Ricordo nuovamente che l’attuale sistema di monopolio statale funziona male e non soddisfa nessuno. Lo sviluppo spontaneo dell’arbitrato privato dimostra che le forze del mercato hanno cominciato a ridurre il campo d’azione della giustizia statale». Ammettiamolo! Ma una società libertaria come si difenderebbe in caso d’invasione?.

«Innanzitutto una società libertaria non minaccerebbe nessuno, e ciò ridurrebbe i rischi di conflitto. Se nonostante ciò scoppiasse una guerra, spetterebbe ai consumatori il compito di finanziare la protezione. Anche in questo caso la concorrenza tra i sistemi privati di difesa migliorerebbe la qualità della prestazione. E una nazione formata da proprietari si impegnerebbe in una guerriglia senza pietà contro l’invasore».

In definitiva, conclude Murray N. Rothbard, nella società attuale funziona male ciò che è pubblico e che non appartiene a qualcuno. Esempio: l’inquinamento. Proprio perché l’aria e l’acqua non appartengono a nessuno, ognuno può inquinare senza conseguenze. Se l’atmosfera, i mari, i laghi e i fiumi venissero privatizzati, i proprietari preserverebbero la purezza dell’aria e dell’acqua!.

E sia! Ma che ne sarebbe dei poveri in una società in cui ogni libertà è basata sulla proprietà, in cui tutto ha un prezzo?. In una società libertaria la crescita economica sarebbe rapida, perché lo Stato non la frenerebbe più con i suoi prelevamenti e le sue regolamentazioni: i poveri sarebbero quindi molto meno numerosi. E la carità verrebbe riabilitata. Nell’attuale sistema, la nostra reazione davanti alla miseria è: ‘Che se ne occupi lo Stato!’. Nella società libertaria rinascerebbero i sentimenti di solidarietà e di aiuto reciproco”.

L’utopia di Rothbard sembra un po’ troppo estremista. Ma non sottovalutiamo la sua influenza: nelle società liberali e socialiste, dove lo Stato è incontestabilmente in crisi, la dottrina del laissez−faire ha fatto di recenti enormi progressi. In Francia e negli Stati Uniti si medita sul concetto di prigioni private! Una proposta inaudita sino a poco tempo fa, giunta direttamente da von Mises e da Rothbard.

Tutte le rivoluzioni sono inizialmente libertarie

L’inflessibilità e la coerenza hanno procurato a Rothbard il soprannome di ‘Karl Marx dell’anarco−capitalismo’. Il mio interlocutore non è dispiaciuto dell’accostamento, benché precisi che a suo parere Marx è stato «troppo amante della violenza» e «senza dubbio un po’ matto»! Ma Rothbard è un rivoluzionario? «Non preconizzo la rivoluzione in sé, però le rivoluzioni non danno necessariamente cattivi risultati: ad esempio, quella americana del 1776 o quella francese del 1848 hanno fatto progredire la libertà».

Rothbard constata anche che tutte le rivoluzioni del XX secolo sono state inizialmente di ispirazione libertaria: contro lo Stato e a favore della proprietà privata. I russi del 1917 e i cinesi del 1949 erano contadini ribelli che rivendicavano la proprietà privata; non chiedevano né l’uguaglianza né il socialismo. Il risultato finale di queste rivoluzioni non deve far dimenticare quale fu la rivendicazione iniziale, tanto rivelatrice della natura umana.

In tempi più recenti le “rivolte fiscali” degli Stati Uniti vanno, secondo Rothbard, per il verso giusto: indeboliscono lo Stato, lo privano di risorse. «Sintomo eccellente» quanto lo scandalo del Watergate, che ha screditato il potere! Più che sulla rivoluzione, «impossibile nelle democrazie occidentali», Rothbard punta però sulle «contraddizioni interne» del sistema statale: è Marx alla rovescia…

Lo Stato sta per scomparire a causa delle sue contraddizioni

L’umanità ha rotto definitivamente, sul finire del XVIII secolo, con il “vecchio ordine” della penuria e della schiavitù, afferma Rothbard. Da allora lotta per la sua illimitata aspirazione a una maggiore libertà individuale e a un maggior benessere materiale.

E ormai solo lo Stato ostacola l’avanzata. Ciò è evidente nel mondo socialista, dove si assiste a una «quasi abdicazione» dei governi di fronte all’economia e alle forze del mercato. Ciò risulta lampante anche nel mondo capitalista, dove il dirigismo è in rotta. Ovunque le forze del mercato vincono e portano in piena luce il conflitto tra lo Stato e l’aspirazione al benessere.

Gli occhi di Rothbard brillano di gioia nell’evocare questa ineluttabile Grande Sera. Ma il processo (non lasciamoci trarre in inganno) sarà lungo e difficile. Lo Stato è abile nel difendere i propri interessi; la “mafia” sa cambiare strategia e discorso, se necessario. Negli anni ’50 «i burocrati cercavano di rubare il più possibile in nome della pianificazione centralizzata dell’economia».

Poiché nessuno vi crede più, hanno trovato un argomento di ricambio: “la redistribuzione e la giustizia sociale“. Un altro cambiamento della strategia dello Stato: «L’imposta sul reddito viene contestata? Non importa, lo Stato l’abbassa e la sostituisce con un’altra imposta, più discreta e molto più produttiva: l’Iva». Secondo Rothbard il crollo del sistema statale lascerà il posto a una società libertaria solo «in proporzione a quanto i libertari si saranno organizzati per denunciare la flessibile strategia statale, e per sostituirsi allo Stato dopo la sua caduta».

Bolscevichi del laissez−faire, unitevi!

Ogni compromesso sull’esistenza stessa dello Stato è un’incoerenza, secondo Rothbard: si deve rifiutare persino l’idea che uno “Stato minimo” possa rivelarsi benefico. L’interesse pubblico non esiste: tutto, per natura, è privato, mentre nulla è pubblico. Appare inutile e contraddittorio rivendicare una diminuzione delle tasse se queste ultime vanno totalmente eliminate. Nelle migliore delle ipotesi, la strategia libertaria consisterà nell’accontentarsi di una riduzione provvisoria, continuando però a esigere la totale soppressione. In questa battaglia la destra conservatrice è particolarmente incoerente, a parere di Rothbard: conta sullo «Stato−ladro» per una spontanea cessazione del furto.

Quanto ai liberali classici, sia dell’Europa sia degli Stati Uniti, «sono dei traditori». Risultato del tradimento è il reaganismo: un discorso antistatale che in realtà ha portato a un aumento delle spese dello Stato. Il vero pensiero libertario deve dunque incarnarsi in un partito puro e duro, che non esiti davanti alle purghe e all’esclusione dei “molli”.

Questo partito esiste negli Stati Uniti e Rothbard ne è il teorico. I risultati elettorali sono modesti: un deputato in Alaska e un altro nel Texas. Ma l’importante è partecipare alle elezioni e farsi sentire. I candidati libertari beneficiano dell’appoggio di determinati settori del mondo degli affari, spesso dei “milionari self−made man”. Il partito si presenta infatti come l’unico autentico difensore del capitalismo assoluto. I libertari idealizzano i capitani d’azienda. L’autore preferito, persino venerato, è Ayn Rand: una scrittrice i cui personaggi sono imprenditori “nietzschiani” che si confrontano con le forze burocratiche del Male.

Ma il partito libertario non è solo capitalista, è anche anarchico. Murray Rothbard raccoglie intorno a sé tutti gli amanti della libertà assoluta: i fautori della liberalizzazione della droga, gli obiettori di coscienza e gli emarginati di ogni tipo.

Nella società libertaria, egli ricorda, ognuno è padrone di sé stesso e vive come vuole: la droga, il gioco e la prostituzione sono dunque problemi squisitamente personali. Naturalmente, aggiunge Rothbard, niente può opporsi all’immigrazione: la libertà di movimento deve essere assoluta e l’immigrazione va regolata dal mercato, non dalla polizia. Sono l’alleato obiettivo di certi esponenti della sinistra, dei pacifisti e degli ecologisti nella lotta contro la repressione poliziesca e contro la grande industria subordinata agli ordini dello Stato“. Las Vegas è un’anticipazione della società libertaria?. Le macchine a gettone sono onnipresenti e ricordano che ogni cosa è regolata dal denaro.

Nelle cappelle per i matrimoni, dove la cerimonia viene sbrigata in cinque minuti, tutto si può prendere a nolo: il pastore, l’abito da sposa, i fiori in plastica, il sermone e la musica registrata. «Las Vegas non è il simbolo del buon gusto», ammette Rothbard, “ma è molto meglio di Hiroshima. La filosofia del laissez−faire non ha mai ucciso nessuno e nessuno uccide in suo nome“.

* Intervista realizzata per Figaro Magazine, il 24 Giugno 1989, tratta da www.libreriadelponte.com

Qui il libro di Guy Sorman

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