Con le elezioni locali gli spagnoli hanno iniziato un processo che potrebbe portare progressivamente ad archiviare il bipartitismo dell’alternanza tra Pp e Psoe, protagonisti assoluti della vita politica iberica da metà degli anni ’70 alla fine della dittatura franchista. Soprattutto il voto più frammentato obbligherà la Spagna a sperimentare quella che nel resto d’Europa non sono una novità: gli accordi di coalizione che vedranno protagonisti a sinistra, con i socialisti del Psoe (nel nuovo ruolo di comprimari), i vincenti di ‘Podemos’, e a destra, ‘Ciudadanos’, centristi liberali, possibili alleati con il Pp.
Male l’estrema sinistra di Izquerda Unida, rimasta fuori da molte assemblee e frenata a Barcellona per gli indipendentisti catalani del Ciu (che ottengono il 22,69% dei voti, perdendo un solo consigliere rispetto al passato), sorpassati, seppur di un solo seggio (11 a 10) dalla candidata di Podemos, Ada Colau, a capo della coalizione “Barcelon en Comu”. In pratica, il primo partito a Barcellona è CiU, sorpassato solo da una coalizione della sinistra populista e demagoga.
Risveglio, comunque, amaro per il premier spagnolo Mariano Rajoy: il suo Partito Popolare, coinvolto in scandali ma anche artefice delle misure impopolari che, però, stanno risollevando il Paese, è ancora il primo con il 27,02%, ma ha perso oltre 10 punti rispetto alle precedenti elezioni. Il Pp perde molte città, a partire dalla capitale Madrid (dove anche qui è primo per un soffio), ed in molte regioni (restano il primo partito ma perdendo la maggioranza assoluta in 6 su 13 e la conservano in 4), dove se vorrà continuare a governare dovrà aprire a intese con altre formazioni, a partire dai liberali di Ciudadanos.
Nella capitale la protagonista sarà l’ex magistrato Manuela Carmena, a capo della coalizione sponsorizzata da Podemos (un po’ come in Italia, la magistratura è molto ammanicata coi partiti di sinistra) “Ahora Madrid”, che ha preso 20 seggi su 57, contro i 21 della rivale del Pp (che guidava la capitale dal 1991) Esperanza Aguirre. Carmena dovrà, eventualmente, chiedere l’appoggio del Psoe, terzo con 10 seggi per governare. Quarti i Ciudadanos di Alberto Rivera, con 6 seggi.
Exploit per Podemos dunque, la formazione “anti-austerità” nata dal movimento degli Indignados (VEDI QUI), che è il primo partito a Barcellona (in coalizione), anche se sarà complicato per loro guidare la città. Tornando all’indipendentismo, a Barcellona frena anche l’ERC (Esquerra Repubblicana) che si attesta al 10% circa. Bene il gruppo CUP che aumenta i voti superando il 7% dei consensi. In sintesi, le forze indipendentiste (nonostante si sia trattato di elezioni amministrative), viaggiano tra il 40 ed il 45% dei voti. Test decisamente più importante, sarà quello di settembre alle elezioni nazionali catalane.
Pablo Iglesias, leader di Podemos, ha definito l’esito del voto come “il segno del cambiamento politico” e “l’inizio della fine del partitismo” in Spagna dove si sta vivendo “un cambiamento irreversibile” e preannuncia la sfida al Partito Popolare del premier Rajoy alle politiche di novembre. Arretrano, ma senza sprofondare, i socialisti del Psoe al 25,02, quasi 3 punti in meno rispetto al 2011, che in molti comuni potranno essere co-protagonisti per formare coalizioni con Podemos. Conservano la maggioranza nella regione delle Asturie. A Siviglia governeranno i socialisti, a discapito del Pp, mentre a Valencia, i popolari, dove erano al potere da soli, dovranno aprire ad altre formazioni.