di MATTEO CORSINI
Da quando Achille Occhetto pose fine alla denominazione del partito di cui era all’epoca segretario, che da Partito Comunista Italiano divenne Partito Democratico della Sinistra, quella parte politica ha sperimentato diverse scissioni e rimescolamenti, con altrettanti cambi di denominazione.
Alcuni, infatti, non volevano smettere di chiamarsi comunisti, anche se all’epoca, essendo da poco crollato il muro di Berlino e implosa l’URSS, c’era quanto meno un problema di marketing a mantenere quella denominazione. Costoro probabilmente erano solo meno ipocriti di tanti altri, che fondamentalmente mantenevano le stesse idee di prima, pur sotto un altro nome.
In tre decenni sono poi nati e morti tanti partiti in quell’area, sempre e comunque socialisteggianti. Un fenomeno non esclusivo dell’Italia, peraltro. In Spagna, ad esempio, da uno dei tanti esperimenti sinistrorsi degli ultimi anni, Podemos, si sta verificando uno spin-off sotto la guida della attuale ministra del Lavoro Yolanda Díaz.
Interessante il nome del nuovo movimento: “Sumar”, che in spagnolo significa “sommare”, “mettere insieme”, ma dalle mie parti è l’equivalente dialettale di “somaro”. Il che rischia di risultare offensivo per l’equino, dato che Sumar mette assieme, per l’appunto, parole d’ordine che vanno da “regolare il prezzo degli affitti” o “ridurre la giornata lavorativa“. Il tutto perché “bisogna occuparsi dei problemi comuni della gente“, guardando “alla profondità della maggioranza sociale“. Suppongo che intendano farlo con i soldi degli altri, come sempre in questi casi.
Pare quindi di capire che per Díaz e compagni Podemos non fosse abbastanza capace di “Sumar”. O di essere tale, tornando al dialetto delle mie parti.
Modificano solo il bome, ad uso dei gonzi.