Editore, musicista, autore teatrale. Ma anche opinionista e libertario. Leonardo Facco da anni ormai è il teorizzatore di un modello economico che prevede che lo Stato non ha diritto di entrare nella sfera privata economica del privato. Teorie messe nero su bianco all’interno del saggio Elogio dell’Evasore Fiscale edito da Aliberti e che porta avanti sul quotidiano Il Miglioverde di cui è vice-direttore. Per contrastare l’ingordigia fiscale centralizzata, il cittadino ha una sola via d’uscita: l’evasione fiscale. Il settore del fumo elettronico ha conosciuto sulla propria pelle i danni arrecati dalle vessazioni centrali in materia di fiscalità. Prima con l’introduzione di una tassa spropositata e ingiustificata, poi con l’inefficienza legislativa di fronte le sentenze amministrative e costituzionali.
Da tempo è sostenitore della liceità dell’evasione fiscale. Cosa la spinge ad essere un cattivo maestro?
Non mi reputo un “Cattivo maestro”, ma semplicemente un divulgatore ispirato dal buon senso e dagli insegnamenti di George Orwell, che da oltre 60 anni ci mette in guardia dal potere, dal bis-pensiero e dalla neolingua. Affermava l’autore di 1984: “Laddove la menzogna è universale, dire la verità diventa rivoluzionario”. Ecco, in merito all’evasione dico semplicemente la verità, ovvero che è l’ultimo strumento di autodifesa del contribuente nei confronti di uno Stato famelico, sprecone e ladro. O meglio, rispetto alle tasse non faccio che ribadire una banalità, esse sono semplicemente il frutto dell’aggressione del potere politico per espropriarci il frutto del nostro lavoro. Non ho mai visto nessuno andare a pagare volontariamente le cartelle esattoriali, colmo di gioia magari. Le gabelle si pagano perché se non lo si fa si viene messi in galera, non perché si crede lo Stato sia il buon samaritano che ci offre servizi in cambio dei nostri soldi. In sintesi: le tasse sono un furto, non pagarle è legittima difesa!
Però senza tasse come farebbe lo Stato a garantire i servizi?
Questa domanda è un classico. In primis, ricordiamo che i servizi offerti dallo Stato sono obbligatori, io non posso scegliere quei servizi, come accade normalmente nel libero mercato per tanti altri beni e servizi. Ergo, quella dello Stato non va considerata come un’offerta, ma è pura coercizione. Detto ciò, il premio Nobel Ronald Coase ci ha insegnato che “qualsiasi bene o servizio offerto dal libero mercato sarà tendenzialmente migliore e meno costoso dei pari beni e servizi offerti dal monopolista pubblico”. Sono i fatti a dimostrarlo e a darci ragione. Un esempio su tanti? Le linee aree: se oggi esistesse ancora il monopolio di Alitalia (che ha creato danni inenarrabili ed è costato ai contribuenti un botto) spenderemmo centinaia di euro per viaggiare in Europa. Un minimo di concorrenza – perché non esiste libero mercato nemmeno nel traffico aereo – permette ai nostri figli di andare e tornare da Londra o Praga con qualche decina di euro. I principi che valgono per un settore, valgono per tutti gli altri, sanità e scuola comprese.
Come giudica le politiche fiscali dell’Italia?
Criminali e demenziali al contempo. Criminali in quanto avere una pressione fiscale che si aggira intorno al 70% è oltre ogni limite di accettabilità. Roba da strozzini. Demenziale perché più le tasse sono alte e meno possibilità ci sono di investire e creare ricchezza e lavoro. Basta aver compreso la curva di Laffer per averne un’idea chiara. Più tasse uguale meno libertà. E ricordo che “non esiste libertà politica senza libertà economica”.
E perché allora ha bisogno di monopolizzare alcuni settori, come ad esempio i tabacchi?
Il monopolio dei tabacchi è anacronistico e ipocrita. Io vado a Tenerife e pago le sigarette da metà ad un terzo di quel che costano in Italia. Ma è l’ipocrisia dello Stato che fa ribrezzo. Mi spiego: i governi continuano ad emettere limitazioni contro il fumo, parlando di nocività e danni alla salute e poi vende in esclusiva le sigarette. Beh, siamo al ridicolo no? L’immoralità statale non ha limiti.
Sigaretta elettronica: non ha tabacco, non ha combustione, può non avere nicotina, eppure lo Stato se ne è impossessato…
Ecco, in questo settore abbiamo assistito a tutta la capacità distruttiva che ha lo Stato nei confronti di chi intraprende, inventa, crea. Il settore delle e-cig – che mi ricorda per certi aspetti Uber o Arbnb – è un esempio da manuale per il sottoscritto. Cerco di spiegarmi: senza norme, burocrazie assurde, tasse insopportabili gli imprenditori hanno intuito e scoperto l’esistenza di un mercato ed hanno lanciato un business, peraltro salutare – in cui hanno diffuso un ottimo prodotto. Hanno creato lavoro e ricchezza. I clienti loro erano soddisfatti, nessuno era obbligato a farne uso. E che fa lo Stato? Interviene e fa danni. Da Monti a Letta in particolare è iniziato il calvario, sostenuto dai soliti studi pseudo-scientifici, per dare addosso alla sigaretta elettronica. Risultato? Hanno tagliato le gambe ad un settore che la libera interazione fra individui, forte della libertà di scelta, aveva lanciato. Come scritto dal mio amico, il professor Infantino, “L’interventismo è una malattia pericolosa che aggredisce la nostra libertà.”
Cosa consiglierebbe ai produttori e ai distributori che da due anni a questa parte stanno vivendo nella incertezza assoluta e nell’impossibilità di pianificazione a lunga scadenza?
Qui non ci sono alternative, o alzano la testa e battono davvero i pugni, oppure emigrino altrove.
Quale è la politica fiscale ideale?
Il mio ideale – che non vuol dire utopistico, sia chiaro – è zero tasse, per dirla con le parole di un ex candidato alla presidenza degli Usa, Ron Paul. Se devo fare riferimento a qualcosa di sopportabile, il 10% di pressione fiscale massima.
E lo Stato ideale?
Anche qui: il mio ideale è una “società senza stato”, come dal titolo di un libro che ho pubblicato come editore. Sopportabile, invece, sarebbe uno Stato tipo il Liechtenstein.
Lo stato specula sull’ignoranza della gente.
Obbedienti lavoratori, privi di senso critico su sé stessi e sul mondo che li circuisce.